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Aveva il mio devoto padrone finito appena di pronunciare
la sua orazione, quando lo sciagurato bargello si piega di
schianto e va a dare un tale stramazzone in terra, che la chie-
sa ne risonò tutta; e lì cominciò a mugliare e a schiumar dal-
la bocca e a storcela e far visacci, smanacciando e scalciando,
voltandosi sul pavimento di qua e di là.
Il subbuglio e il clamore della gente erano così grandi che
non si udivano gli uni con gli altri. Alcuni spaventati e sgo-
menti; chi diceva: “Il Signore lo soccorra e lo protegga!”, e chi:
“Se l’è meritato con la sua falsa testimonianza!”.
Finalmente alcuni e, ritengo, non senza parecchio timore, gli
si avvicinarono e gli afferrarono ben strette le braccia, con le
quali affibbiava energici pugni a quanti gli stavano accosto;
altri lo tiravano per le gambe, e dovevano farlo assai vigoro-
samente perché non c’era al mondo mula bisbetica che vibras-
se calci così gagliardi.
E in quel modo lo tennero un bel pezzo: ché c’erano sopra di
lui più di quindici uomini e a tutti riusciva a dar cazzotti, ed
anche nel muso, se non stavano attenti.
In questo mentre, il mio signor padrone se ne stava in ginoc-
chio nel pulpito (e da qual pulpito….), le mani e gli occhi le-
vati al cielo, astratto in sovrumana estasi, talché il pianto e il
trambusto e lo strepitio che c’erano nella chiesa non bastava-
no a sviarlo dalla sua divina contemplazione.
Quelle brave persone salirono sul pulpito e a forza di grida
lo destarono dal suo sonno mistico, supplicandolo di voler
soccorrere quel poveretto che stava morendo, senza badare a
quel ch’era accaduto e alle cose malvagie che aveva detto, ché
ormai ne aveva ben pagato il fio; ma, se in qualcosa poteva
giovare per liberarlo dal pericolo e dalle sofferenze che pati-
va, lo facesse per amor di Dio, ché loro erano ben convinti del-
la colpa dell’altro e dell’innocenza e bontà sua, giacché il Signo-
re, accogliendo la sua richiesta e facendo le sue vendette, non
aveva tardato a mandare il castigo.
(Prosegue…..)