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L’interrogativo di Simon non si riferisce alla riconciliazione
bensì al perdono.
Ma non ci può essere perdono senza riconciliazione e non
si può avere riconciliazione senza almeno un briciolo di per-
dono. Non si tratta di un perdono destinato a chi ha ucciso o
ha orchestrato massacri e che sul letto di morte cerca di mette-
re a posto la coscienza, ma a chi si sente veramente partecipe
di una colpa collettiva commessa dai propri ‘fratelli’ etnici-
politici-religiosi nel nome di quella ‘fratellanza’.
Come ha detto Simon alla madre della SS morente, anche se
un membro di una società non ha partecipato personalmente
ai delitti, deve per lo meno condivederne la vergogna.
Respingo energicamente l’idea di colpa collettiva, ma credo
fermamente che esista una responsabilità nazionale o statale
del genocidio, dell’assassinio di massa, o della creazione di
quel genocidio (o di singoli omicidi).
Non si ripeterà mai abbastanza che la punizione del colpevole
e alcune misure di giustizia sono assulutamente indispensa-
bili per poter prendere in considerazione il pericolo o la ricon-
ciliazione.
L’eventuale impunità del genocidio costituirà un precedente
per un genocidio futuro. Senza giustizia, non potrà mai esser-
ci riconciliazione né vera pace.
Ma quando si parla di delitti contro le convenzioni di Ginevra
e la Convenzione sul genocidio – gli strumenti del diritto inter-
nazionale basati sull’Olocausto e costruiti sulle ceneri di ques-
to, dobbiamo ricordare che ogni delitto commesso contro il di-
ritto internazionale è un – delitto perpetrato contro l’umanità –
e non solo contro la persona o la società alla cui estinzione
si mira.
Questo è il punto fondamentale del diritto internazionale.
E dobbiamo anche ricordare che ogni vittima fa parte del ‘noi’
collettivo, sia che si tratti degli ebrei dell’Europa degli anni
Quaranta, o dei mussulmani dell’Europa degli anni Novanta.
Quanto al quesito originale, io stesso e gli altri lettori dovremo
rispondere individualmente.
Posso dire tuttavia che si può propendere verso il perdono se
esiste un sincero riconoscimento di colpa. Ma non posso fare
a meno di sottolineare che, invece, dimenticare è impensabile,
sia che si discuta di Olocausto che di Bosnia.
Alla fine, la riconciliazione deve essere la mèta finale per tor-
nare ad apprezzare la bellezza della vita.
Così, alla soglia del XXI secolo, che cosa abbiamo guadagnato
dalle nostre esperienze dell’inumanità dimostrata dall’uomo
nei confronti dell’uomo?
Ben poco, a quanto pare…..
(Sven Alkalaj, Primo Ambasciatore della Repubblica di
Bosnia ed Erzegovina & Simon Wiesenthal, Il girasole)