LA CACCIA (16)

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La prua del ‘Pequod’ fu puntata e rompendo il cerchio incantato, separò

davvero la Balena Bianca dalla sua vittima. Mentre essa si allontanava

cupamente, le lance volarono in soccorso.

Tirato su Achab nella lancia di Stubb, con gli occhi accecati, iniettati di sangue,

il bianco salmastro rappreso nelle rughe, la lunga tensione della sua forza fisica

si spezzò, ed egli cedette disfatto all’accasciamento del corpo, giacendo per un

po’ tutto pesto sul fondo della lancia di Stubb, come uno schiacciato sotto i

piedi di mandrie di elefanti.

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Dal suo io più profondo uscivano lamenti senza nome, come suoni desolati

da burroni. Ma questa intensità della sua prostrazione fisica non fece che

abbreviargliela. Nello spazio di un istante, i grandi cuori talvolta concentrano

in un’angoscia abissale la somma totale di quelle sofferenze superficiali più

fortunatamente disperse sull’arco di tutta la vita a uomini più deboli. E così

simili cuori, quantunque assommino tanta sofferenza ogni volta, se gli dei

lo decretano, accumulano nella loro vita un secolo intero di dolore, tutto

fatto delle intensità di istanti, poiché proprio nel loro centro senza punto

queste nobili nature contengono l’intera circonferenza delle anime inferiori.

Il rampone, disse Achab alzandosi a mezzo, e appoggiandosi a fatica su un

braccio piegato ‘è salvo?’

– Sì signore, perché non è stato lanciato; eccolo, disse Stubb mostrandolo.

Allungalo davanti a me: marinai perduti?

– Uno, due, tre, quattro, cinque, c’erano cinque remi, signore, e qui ci sono cinque

marinai.

– Bene. Aiutami, marinaio. Voglio mettermi in piedi. Così, così, la vedo! Laggiù!

Laggiù! Va ancora a sottovento. Che getto scattante! Giù le mani da me! La linfa

eterna scorre di nuovo nelle ossa di Achab! Mettete la vela, fuori i remi, il timone!

Accade spesso che quando una lancia viene sfondata, il suo equipaggio,

raccolto da un’altra imbarcazione, aiuta il lavoro di questa seconda, e la

caccia viene così continuata con quelli che sono chiamati remi a doppio

banco. Ora fu così. Ma la forza accresciuta della lancia non uguagliò la

forza accresciuta della balena, poiché pareva che essa avesse triplicata

la forza di ogni sua pinna, nuotando a una velocità che chiaramente

mostrava come la caccia, se proseguita in queste circostanze, si sarebbe

prolungata indefinitivamente, se non disperatamente, e nessun equipaggio

avrebbe potuto reggere per un periodo così lungo a uno sforzo ai remi

tanto intenso e continuato, cosa appena tollerabile in qualche breve

momento. La nave stessa, allora, come talvolta accade, affriva il mezzo

mediato più favorevole per ricominciare la caccia. Di conseguenza, le

lance ora le si fecero incontro e presto furono issate alle gru, essendo

già state precedentemente assicurate dalla nave le due parti della

lancia distrutta; poi, issando ogni cosa ai suoi lati, levando le vele e

ampliandole di fianco con vele di caccia, come le ali doppiamente

articolate dell’albatro, il ‘Pequod’ si gettò a sottovento, nella scia di

Moby Dick.

A intervalli ben noti, metodici, la sfiatata scintillante della balena fu

regolarmente annunciata dalle teste d’albero guarnite di uomini, e

quando riferivano che era appena sparita, Achab prendeva il tempo,

poi, passeggiando sul ponte, con l’orologio della chiesuola in mano,

non appena scoccava l’ultimo secondo dell’ora prevista, faceva udire

la sua voce:‘Di chi è, adesso, il doblone? La vedete?’, e se la risposta era:

No signore!’, immediatamente dava l’ordine di issarlo al suo posatoio.

In questo modo il giorno trascorse, con Achab ora arriva e immobile,

ora inquieto, misurando coi passi le tavole.

(Melville, Moby Dick)

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LA CACCIA (16)ultima modifica: 2010-12-23T12:00:00+01:00da giuliano106
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