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L’autista del tassì indossava un cappotto di pelle nera,
e aveva la nuca tonda e rosea.
‘Una testa tedesca’ pensavo.
Chiacchierava volentieri, rideva con facilità.
– Per me Hitler è vivo…spiegava.
– Ogni volta che arrestano qualche pezzo grosso del partito,
gli trovano in tasca una decina di passaporti.
Il furbacchione ne avrà avuti almeno quaranta.
Passavamo davanti a case dai tetti rossi, a silenziose
villette nascoste dagli abeti.
– Niente male, è vero?…diceva
– Appartenevano a camerati di Himmler e di Gobbels; adesso ci stanno gli americani.
Il Waldfriedhof, il cimitero del bosco, è vicino allo stadio Olimpia.
– Ricordate?
Qui il negro Jesse Owens corse, provocando l’ira del Fuhrer,
i cento metri in poco più di dieci secondi; qui Leni Riefenstahl
esaltò, con la macchina da presa, il culto della bellezza pagana.
Non cercavo parenti, no. Ecco, forse un amico.
– Vorrei vedere, dissi, la tomba di George Grosz.
Il cimitero era invaso dal sole; fischiava qualche merlo
sui rami spogli dei faggi, fra le siepi di sempreverde.
I becchini fumavano seduti su un sarcofago che raccoglieva
le ossa di un compianto ingegnere Mayer.
– Come si chiamava il ragazzo? domandò l’autista.
– Grosz, George Grosz.
Andò a chiedere informazioni.
Una sera, in un caffè dalle parti della Kurfurstendamm,
vidi una signorina che sfoggiava un abito di seta gialla,
dall’ampia scollatura, beveva cognac, e faceva ridere un grosso
signore dall’impermeabile sporco, molto occupato ad accarezzarle
una mano.
– Piacerebbero a Grosz, pensavo.
Sarebbe piaciuto a Grosz il gentiluomo che, al vagone ristorante,
sul rapido che mi portava ad Amburgo, ordinava un bicchierone di
birra riscaldata, aveva i capelli tagliati molto corti, doveva essere un
principe o un generale, gli mancava solo il monocolo.
Sarebbe piaciuto al vecchio George anche il conducente del tassì, quella nuca tonda,
quella pelle rosea.
Ricordava le teste degli affaristi di Grosz, di quella folla che Henry Miller ‘da mendicanti,
trafficanti al mercato nero, prostitute, ruffiani, ubriachi, ghiottoni, vagabondi, morti
di fame, seduttori e sedotti, TUTTI INDAFFARATI AD UCCIDERE, BERE, GODERE,
FORNICARE, IN UNA NAUSEA PERENNE’.
(Enzo Biagi, Germania)