PANE E CASTAGNE

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Eraclio ha di nuovo sentenziato nell’apparente perplessità di una

domanda il normale disappunto.

Perché in quelle poche parole, vi è il sottile inganno, e la più grande

bestemmia. La quale come tale deve rimanere nell’arcana lingua di

colui che l’ha udita.

Il poco ascoltato diviene molto.

Forse troppo.

Quel troppo appare ora nel mezzo dell’abbazia.

Da quella boscaglia, che Pietro non ha mai smesso di guardare negli occhi.

Il troppo diviene monolitico, cui discutere, o ritrattare nell’immediatezza e

urgenza che il Tempo pretende.

Il negare non è nella ragione del suo debito.

L’abito che indossa al pari degli altri suoi confratelli, ma in misura doppia.

Come doppia l’essenza di quelle parole, spiegate, neppure raccontate, nel

segreto di qualche luogo dove alla fame dello spirito ha coniugato la fame

del corpo.

In uno di quei scellerati posti, dove quando si parla, e non si prega, la

parola diviene più pesante della preghiera, più spessa del pane che si

taglia, con il quale ci si sazia tutti assieme.

Ed il sapore più forte del vino che si beve.

L’appetito più loquace di ogni domanda senza risposta, di ogni portata

dove al pane si accompagna il pane e poi un poco di vino.

Dove il sapore di ogni frutto del bosco è una poesia della natura.

Così spesso si accompagnava la silenziosa poesia di chi  al pane assieme

alle castagne, nutre il suo spirito.

Nella taverna dei nostri sentimenti.

Ma taluni non hanno apprezzato né le castagne né la poesia.

In quelle cantine spesso smettevamo di contarci, ed il tavolo si apriva a

tanti forse troppi.

Ed al poco, accompagnavamo il tanto delle nostre divagazioni filosofiche.

I nostri patimenti.

Le nostre umiliazioni.

I nostri dolori.

I nostri incubi.

I nostri supplizi.

( Giuliano Lazzari, Dialoghi con Pietro Autier, Andmybook)

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PANE E CASTAGNEultima modifica: 2011-07-01T05:00:00+02:00da giuliano106
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