UN EREMITA VOLLI DIVENTARE (l’orto, Eremiti nella taiga) (15)

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Da casa dei Lykov portai a Mosca un pezzo di pane.

Lo mostravo agli amici chiedendo cosa fosse, e solo una volta

udii una risposta incerta, ma vicina alla verità: sembrerebbe

pane.

Sì, era il pane dei Lykov.


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Lo facevano con patate triturate al mortaio e ci aggiungevano

due o tre pugni di segale battuta col pestello e alcuni chicchi

sminuzzati di canapa.

Questa mistura, diluita con acqua e senza lievito o fermenti

di alcun genere, viene cotta in padella e ha l’aspetto di una

spessa crepe nera.

‘Questo pane fa senso anche solo a guardarlo, figuriamoci a 

mangiarlo’ disse Erofej.

Eppure lo mangiavano.

Lo mangiano anche adesso – il pane vero non l’hanno assag-

giato nemmeno una volta.


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In tutti questi anni la famiglia è stata nutrita dall’orto – un dolce

declivio sulla montagna ritagliato dalla taiga.  Per assicurarsi

contro gli imprevisti dell’estate montana avevano ricavato un

altro appezzamento più in basso sul fianco della montagna, e

un altro ancora presso il fiume:

– Se di sopra il raccolto va male, raccogliamo qualcosa più in

basso.

Nell’orto coltivavano patate, cipolle, rape, piselli, canapa, se-

gale.


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Quarantasei anni prima, lasciando l’insediamento adesso inghiot-

tito dalla taiga, i semi erano stati portati come un tesoro insieme

al ferro e ai libri liturgici.

Queste colture non li avevano traditi nemmeno una volta nel mez-

zo secolo trascorso da allora – senza mai degenarare avevano forni-

to cibo e materiale per la vita quotidiana. E’ inutile dire che custo-

divano questi semi come la pupilla degli occhi.

La patata, ‘una pianta peccaminosa e diabolica’ che era stata impor-

tata da Pietro il Grande dall’Europa e insieme al ‘tè e tabacco’ era

stata rifiutata dai Vecchi Credenti, per un’ironia della sorte in segui-

to divenne per molti il nutrimento fondamentale. Anche per i Lykov

la patata rappresentava il nutrimento principale.

Laggiù cresceva bene.

Conservavano i tuberi in uno scantinato, ricoperti di ceppi e di cor-

teccia.

Ma ‘di raccolto in raccolto’ le scorte non erano mai sufficienti, come

mostrava la vita. Le nevicate di giugno sulle montagne potevano

avere un effetto devastante e persino catastrofico sull’orto.

Era indispensabile tenere una scorta ‘strategica’ di due anni.


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Senonché anche in una buona cantina le patate non possono

conservarsi per più di due anni.

Impararono a farsi una scorta di patate secche. Le tagliava-

no a rondelline e, nelle giornate calde, le seccavano su gran-

di pezzi di scorza, oppure direttamente sulle tegole del tetto.

In caso di necessità finivano di seccarle al fuoco e sulla stufa.

Anche adesso tutto lo spazio libero nella capanna era occupato

da scatole di scorza con dentro le patate secche.

Le scatole di patate venivano messe anche nei guardavivande –

su alte pertiche. Naturalmente tutto veniva accuratamente nas-

costo e avviluppato in pezzi di corteccia.

Per tutti questi anni i Lykov avevano sempre mangiato le pata-

te con la buccia: spiegavano questo con la necessità di fare eco-

nomia.

Ma ho l’impressione che debbano avere indovinato istintivamen-

te che le patate sono più nutrienti con la buccia.

La rapa, i piselli e la segale servivano da integrazione alimentare,

ma non erano il nutrimento principale. C’erano così pochi cereali

che i giovani Lykov non avevano nessuna idea del pane vero e

proprio. I grani seccati venivano sminuzzati nel mortaio, ne face-

vano una polenta di segale per ‘le sante feste’.


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Un tempo nell’orto cresceva la carota, ma una volta i semi erano

andati perduti a causa di un’incursione di topi. E gli uomini re-

starono così privi di un prodotto tanto indispensabile alla dieta.

Il colorito pallido e malato della pelle dei Lykov, probabilmente,

non si spiega col fatto che stanno al buio, quanto con l’insufficien-

za nel cibo di una sostanza chiamata carotene, e che abbonda nelle

carote, nelle arance e nei pomodori….

Quell’anno i geologi avevano rifornito i Lykov di semi di carato,

Agaf’ja come ghiottoneria ci aveva portato al fuoco due radichet-

te arancio pallido, dicendo con un sorriso:

‘Pata-a-ata’.

(V. Peskov, Eremiti nella Taiga)





 

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UN EREMITA VOLLI DIVENTARE (l’orto, Eremiti nella taiga) (15)ultima modifica: 2012-01-29T10:30:00+01:00da giuliano106
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