Prosegue in:
Lo gnostico invece si rifiuta al mondo fin da principio.
La sua prima reazione è quella di non aver fiducia, di
diffidare di un mondo che gli ripugna e gli sembra cat-
tivo.
Egli non cerca, come lo stoico, di situarsi in esso e ri-
spetto a esso, ma fuori di esso e differenziandosene.
Gli rifiuta il proprio accordo; rifiuta qualsiasi accordo
con esso. In una parola, fin dal momento in cui prende
coscienza di se stesso, sia che questo rifiuto si limiti dap-
prima o semplicemente a una negazione, sia che arrivi
ad avere gradualmente e in qualcuno il carattere posi-
tivo di una rivolta, lo gnostico si rifiuta di accettare il
mondo, così come si rifiuta, e perché si rifiuta, di accet-
tare la propria situazione, la propria condizione perso-
nale, la propria esistenza nel mondo.
Per forza di cose e suo malgrado, egli si trova immerso
nel mondo, ma non vi si impegna, non si impegna con
esso.
Il suo comportamento spirituale consiste innanzitutto
in un disimpegno, non in un impegno.
Di fatto, nella forma in cui la progetta lo gnostico, l’e-
vasione fuori dell’influenza e del dominio del mondo, e
quindi del male, si compirà in tre tappe principali, cor-
relative a una progressiva disgiunzione tra ‘io’ e ‘mondo’,
tappe che abbiamo sommariamente delineato: si tratterà
di ‘rendersi’ o di ‘farsi’ ‘estranei al mondo’, di ‘separarsi’,
di ‘isolarsi’ da esso; infine, di ‘uscire’ dal Kosmos, ‘uscita’
che praticamente è sinonimo di ‘trapasso’, di ‘morte’.
Tuttavia vi è qui l’accenno, o la prima manifestazione,
di un sentimento che si preciserà e si svilupperà nella
coscienza dello gnostico fino a costituirne uno degli e-
lementi fondamentali, una constatazione ancora rudi-
mentale e confusa che si espliciterà e si giutificherà in
una serie di ragionamenti fino ad esprimersi in forma
di affermazione sistematicamente fondata e di porta-
ta ontologica.
Se, come si potrebbe dire sostituendosi allo gnostico,
mi sembra di vivere in qualcosa d”altro’, se la mia esi-
stenza mi appare ‘altra’ da ciò che dovrebbe o potreb-
be essere, l’impressione di disparità si trasformerà o
si rafforzerà in quella stranezza e alla fine incoeren-
za, di sostanziale inadeguadezza.
Di qui, sul piano intellettuale, queste successive ri-
flessioni: ciò in cui vivo è qualcosa d’altro.
Dunque, altro rispetto a me, altro da me.
E se di conseguenza giungo a concepire il mondo co-
me altro da me, mi sarà facile concludere che, recipro-
camente, io stesso sono altro dal mondo.
La sua presenza, percepita come strana, mi apparirà
estranea.
Avvertito dapprima come diverso da me, o da quel
che avrei desiderato che fosse, il mondo mi diventerà
‘estraneo’ e tale sarà da me considerato.
Giungerò alla convinzione che esso mi è ‘estraneo’ al-
lo stesso modo in cui sono ‘estraneo’ a esso.
(Avvertenza per alcuni lettori, o valenti inquisitori, e
novelli ed affermati ‘Gui’ ad uso del potere mafioso
della casta:
da non confondere RIFIUTO con IMMONDIZIA.
Neppure FUGA con LATITANZA.
Di tali equivoci si sazia l’infame ed ingordo pasto di
taluni, che con l’eretica ‘IMMONDIZIA e LATITAN-
ZA’…hanno accesso i roghi dell’intollerenza.
….E fanno affari da ‘maestranza’.)
( H. C. Puech)