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La commissione tentò di rispondere un po’ più diretta-
mente alla ‘ipotesi’ successiva: il fatto… che sul fucile
erano incisi il paese d’origine e il calibro dell’arma, la
quale tuttavia era stata ‘in un primo tempo identifica-
ta’ erroneamente da più di un agente.
Ma nella sua spiegazione la Commissione trascurò di
ricordare le iscrizioni che c’erano sull’arma, e cercò in-
vece, come vedremo, di attribuire l’intera colpa a un
solo poliziotto reo di aver azzardato un’identificazio-
ne troppo frettolosa.
Un membro della Commissione cercò persino di attri-
buire una parte della responsabilità a un giornalista.
Il Rappresentante Ford, in un articolo pubblicato da
‘Life’ il 2 ottobre 1964, tentò di risolvere alcuni dei
dubbi che temeva fossero rimasti anche dopo la pub-
blicazione del Rapporto Warren.
Sul fatto che l’arma era stata in un primo tempo de-
scritta in modo sbagliato, Ford scrisse:
‘Un cronista che doveva trasmettere immediatamente
la notizia, chiese a un poliziotto che si trovava accanto
a lui quale potesse essere la marca del fucile. Il poliziot-
to rispose che secondo lui poteva essere un Mauser. Il
cronista trasmise l’informazione, parlando del fucile
come di un Mauser e questa descrizione fu diffusa in
tutto il mondo. L’errore, benché ben presto rettificato,
suscitò molti sospetti’.
Questa può essere una spiegazione persuasiva, ma è
una spiegazione sbagliata. Persino il Rapporto Warren,
che è firmato da Ford, afferma che il fucile fu in un pri-
mo tempo identificato come un Mauser 7.65 perché il
vice-commissario Weitzman ‘ritenne che assomigliasse
a un Mauser’.
Poiché lo stesso Weitzman firmò il giorno dopo il delitto
una dichiarazione nella quale definiva l’arma un Mauser
7.65, la tesi del cronista impaziente di telefonare il 22 no-
vembre non può essere valida.
Inoltre il procuratore distrettuale Wade insistette nel de-
scivere l’arma come un Mauser a una conferenza stampa
teletrasmessa il 23 novembre.
La Commissione spiega che Weitzman ‘non esaminò il
fucile da vicino’ e ‘gli diede poco più di un’occhiata’.
Il Rapporto afferma:
‘Il vice-commissario Weitzman, che diede soltanto un’oc-
chiata al fucile e non lo prese in mano, pensò che fosse un
Mauser a ripetizione calibro 7.65′.
Più avanti si afferma che ‘il fucile trovato al quinto piano
del Deposito dei libri scolastici fu in un primo tempo iden-
tificato come un Mauser 7.65 anziché come un Mannlicher-
Carcano 6.5 perché un agente, che fu uno dei primi a veder-
lo, pensò che assomigliasse a un Mauser.
Egli però non aveva preso in mano l’arma e non aveva avu-
to modo di guardarla da vicino’.
E’ tutto qui ciò che ha da dire il Rapporto Warren su questo
problema essenziale.
La Commissione nel Rapporto non pubblica la dichiarazio-
ne di Weitzman e neanche la commenta; se lo avesse fatto
avrebbe dovuto spiegare in che modo Weitzman, dopo a-
ver dato al fucile una rapida occhiata, e neanche da vicino,
fosse riuscito a descrivere con precisione il mirino telesco-
pico nonché il materiale e il colore della cinghia, e perché
avesse fatto una dichiarazione giurata quando, secondo
la teoria insistentemente sostenuta dalla Commissione, non
poteva conoscere i particolari sui quali depose (quindi ap-
pare evidente che l’arma fosse già dedotta… o meglio già
identificata attraverso…).
Potremmo pensare che Weitzam, un poliziotto di Dallas,
fosse uomo di limitate conoscenze e di modesta istruzione,
forse addirittura poco abituato a maneggiare armi e… ine-
sperto nel loro uso.
Ma mettete un momento da parte il Rapporto e esaminate il
volume VII che contiene la sua testimonianza. Vi si legge che
Weitzman è un laureato, e per di più un laureato in ingegne-
ria.
Ha posseduto e diretto una fabbrica di confezioni per signo-
ra e più tardi è stato direttore generale di una società che ge-
stiva negozi in diversi stati.
Prima ancora era stato per quindici anni supervisore di 26
negozi. Si può di conseguenza presumere che egli conosca
il significato della responsabilità individuale e dei documen-
ti legali.
S’intende anche di fucili e ha avuto modo, come egli stesso
ha detto, ‘di familiarizzarmi abbastanza con le armi’ perché
‘per qualche tempo mi sono anche occupato di articoli spor-
tivi’.
L’avvocato della Commissione avrebbe dovuto mostrargli
il Mannlicher-Carcano e chiedergli se era quella l’arma da
lui scoperta al quinto piano, ma Weitzman non fu autoriz-
zato a esaminare il presunto fucile dell’omicida.
Uno dei fatti più strani di questa indagine è che la Commis-
sione abbia permesso a me di prendere in mano il Carcano
e abbia impedito a Weitzman di dargli anche soltanto un’-
occhiata.
L’avvocato gli mostrò tre fotografie, che però ritraevano il
luogo dove era stata trovata l’arma e non l’arma stessa (in
pratica e a tutti gli effetti, Weitzman vedeva il luogo, ma
non doveva riconoscere…).
Weitzman testimoniò di essere rimasto accanto al fucile
finché il capitano Fritz non ne ebbe estratto il proiettile ine-
sploso. Oltre a quella inclusa nella dichiarazione alla poli-
zia, egli fornì una seconda descrizione del fucile agli agen-
ti dell’FBI e disse alla Commissione di aver loro descritto l’-
arma come ‘un fucile color blu metallico… la parte posterio-
re dell’otturatore era evidentemente consunta….. quercia
marrone scuro…. legno ruvido’.
Si può forse, dopo aver dato un’occhiata a un fucile, deter-
minare il colore, nonché il tipo e la qualità del legno del
calcio, ma non accorgersi che ‘la parte posteriore dell’ottu-
ratore era evidentemente consunta’ occorre qualcosa di più
di un’occhiata.
Inoltre, nella sua dichiarazione Weitzman giurò che il fuci-
le aveva un mirino telescopico di 4/18.
Il Rapporto afferma che Weitzman, dopo ‘poco più che un’-
occhiata’ pensò che il fucile ‘potesse essere un Mauser 7.65’
ma non rivela che aveva fatto una dichiarazione giurata nel-
la quale lo descriveva nei minuti particolari all’interno del…..
………..
(M. Lane, L’America ricorre in appello)