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1841 in:
In questa impresa….
‘Non una parola, siamo tutti finiti!
Fai che gli americani e inglesi scoprano che in queste montagne c’è l’oro
e siamo rovinati: si riverseranno a migliaia su di noi e ci metteranno al
muro; alla morte’.
Così parlò nel 1804, a Sitka, il vecchio governatore russo Baranov,
rivolgendosi a uno dei suoi cacciatori della Slovenia che aveva tirato
fuori dalla bisaccia una manciata di pepite d’oro.
Baranov era un commerciante di pellicce che aveva capito anche troppo
bene la situazione, e per questo temeva l’arrivo degli indomabili e robusti
cercatori d’oro di razza anglosassone.
Decise di sopprimere la notizia e lo stesso fecero i governatori dopo di lui,
al punto che gli Stati Uniti acquistarono l’Alaska nel 1867 per le pelli e
le pescherie, senza immaginare quali tesori giacevano sotto la sua
superficie. Ma non appena l’Alaska divenne suolo americano, migliaia
dei nostri avventurieri si incamminarono e navigarono verso nord.
Furono gli uomini dei ‘giorni dell’oro’, uomini della California, di
Fraser, Cassiar e Caribou. Erano tutti posseduti dalla misteriosa fede
senza limiti del cercatore d’oro, e credevano nella vena dorata che
si estendeva attraverso le Americhe, da Capo Horn alla California:
in qualche modo sapevano che non si esauriva in British Columbia
e che al contrario si estendeva molto più a nord.
‘Più a nord!’ divenne dunque il loro motto.
Non persero molto tempo, e già nei primi anni settanta del XIX
secolo, lasciando i bacini di Treadwell e di Silver Bow a quelli che
sarebbero venuti dopo, si lanciarono verso il grande e ignoto bianco.
Nord, più a nord, si dannarono sinché i loro picconi finalmente
risuonarono sulle spiagge gelate dell’Oceano artico mentre davanti a
fuochi di legno alla deriva sulle sabbie color rubino di Nome tremavano
per il freddo.
Ma per comprendere appieno l’enormità di questa avventura, occorre
avere in mente quanto fosse remota e di recentissima acquisizione
l’Alaska.
L’interno della regione e il confinante territorio canadese erano un’area
selvaggia: centinaia di migliaia di chilometri quadrati ignoti e inesplorati
come l’Africa più nera. Nel 1847, quando i primi agenti della Hudson’s
Bay Company superarono le Montagne Rocciose dal Mackenzie per
praticare il bracconaggio a dispetto dell’Impero Russo erano convinti
che il fiume Yucon scorresse a Nord per sfociare nell’Oceano artico.
Centinaia di chilometri più in giù si trovovano gli avamposti dei
commercianti, che invece non avevano idea di dove fossero le sorgenti
dello Yukon. Ci volle molto tempo prima che i russi e anglosassoni
scoprissero che stavano occupando lo stesso potente corso d’acqua.
Poco più di dieci anni dopo, Frederick Whymper compì un viaggio
risalendo la grande ansa sino a Fort Yucon, sotto il Circolo Polare
Artico.
Da forte a forte, dalla stazione di York Factory, sulla Baia di Hudson,
a Fort Yucon, in Alaska, i commercianti inglesi trasportavano le merci
con un viaggio che, tra andata e ritorno, richiedeva da un anno a un anno
e mezzo. Nel 1867 un disertore fuggì lungo lo Yukon e scese sino al mare
di Bering: divenne così il primo uomo bianco a percorrere il passaggio
di Nordovest via terra, dall’Atlantico al Pacifico. Grazie a questo viaggio
il Dr. W.H. Bell della Smithsonian Institution poté fornire una descrizione
piuttosto accurata del fiume Yucon, ma anche lui non era riuscito a vedere
la sorgente e questo non gli permise di apprezzare la meraviglia di questa
grande via naturale d’acqua.
In questo senso non esiste al mondo un fiume più eccezionale.
Lo Yucon parte da Crater Lake, a meno di 50 chilometri dall’Oceano, e
scorre per quasi 4000 chilometri attraverso il cuore del continente finendo
per svuotarsi in mare. Basta una marcia di 45 chilometri per accedere a
una via di comunicazione lunga un decimo di tutto il perimetro terrestre.
Frederic Whymper, socio della Royal Geographical Society, dichiarò di
aver sentito dire che gli indiani chilkat sino al 1869 ogni tanto attraversano
la catena costiera partendo dal mare per giungere alle sorgenti dello Yukon.
Ma fu un cercatore d’oro che puntava a nord, sempre a nord, il primo uomo
bianco ad attraversare il terribile passo Chilkoot per arrivare alle sorgenti
dello Yukon. E’ una cosa di ieri, ma quell’uomo è un eroe leggendario
ormai quasi dimenticato di nome Holt, e le nebbie del tempo hanno avvolto
la data esatta del suo passaggio: a seconda delle fonti che avvenne nel
1872, nel 1874 o nel 1878.
La matassa non verrà mai sbrogliata.
Holt arrivò sino all’Hootalinqua, e al suo ritorno sulla costa raccontò di
aver trovato oro grezzo. Il primo avventuriero dopo Holt di cui sia rimasta
traccia è un certo Edward Bean. Costui nel 1880 condusse un gruppo di 25
minatori da Sitka verso l’interno di questa terra non mappata, lo stesso anno,
altri gruppi superarono il passo, costruirono imbarcazioni utilizzando il
legname locale e discesero lungo lo Yukon verso nord.
Da qui in poi, per un quarto di secolo gli eroi sconosciuti e mai celebrati
brancolarono alla ricerca di oro in lotta con il gelo: loro lo sapevano quel
metallo li aspettava da qualche parte all’ombra del Polo.
Yukon fiume pescoso ed inesauribile risorsa……
(Jack London, I cercatori d’oro del Nord)