IL RICCO E IL POVERO

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Dialoghi con Pietro Autier 2


 

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Cominciamo dai padroni.

Il carattere generale della moderna classe dei proprietari di schiavi

derivò da due diverse fonti: da una comune origine nell’espansione

europea, che storicamente significò l’espansione del mercato mon-

diale e, conseguentemente, stabilì una pronunciata tendenza verso

lo sfruttamento commerciale e la massimizzazione del profitto; e dai

rapporti tra padrone e schiavo, che dettero vita a qualità antitetiche

alle precedenti. 

 

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Non importa quanto variassero le circostanze; il rapporto padrone-

schiavo, che era profondamente diverso da quello tra il capitalista

e il salariato o tra il rentier e il contadino, lasciò il suo marchio su

entrambi i partecipanti. Più precisamente, esso generò una speciale

psicologia, costumi, vantaggi e svantaggi economici, e problemi so-

ciali che si manifestarono in tutte le società a schiavi, anche se solo

come deboli tendenze.

Per comprendere la schiavitù, dobbiamo disegnare il destino di que-

ste tendenze immanenti in specifici regimi a schavi, perché le loro

particolari combinazioni generano tutte le differenze riscontrabili

in una analisi comparativa.

Tutte le classi di proprietari di schiavi manifestarono questi due

gruppi antitetici di tendenze, ma ciascuna le combinò in una ma-

niera unica, e le caratteristiche particolari di ogni combinazione

derivano pure da due distinte fonti.

In primo luogo, ciascuna classe di proprietari di schiavi, con le sue

origini europee, si era sviluppata da un passato nazionale distinto,

in qualche caso fondamentalmente borghese e in altri signorile; in

alcuni protestante ed in altri cattolico; in alcuni liberale ed in altri

autoritario. All’interno di queste dicotomie, tracciate a grandi linee,

esistevano grandi varietà; solo dei non-Iberici, per esempio, possono

commettere l’errore di credere che l’origine portoghese o spagnola

facesse poca differenza. In secondo luogo, l’immediato contesto

sociale ed economico – residenza o assenza dei piantatori, grado di

acculturazione dei negri, tipo della monocultura, livello tecnologico,

particolarità del meccanismo di mercato, e sede del potere politico

– fornivano qualità specifiche in ciascuno caso. 

 

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Ogni classe di proprietari di schiavi portava una specifica eredità

europea nel suo presente americano, ma l’estensione e la natura

di quanto era stato trasferito dipendeva dal contesto immediato.

Le relazioni razziali, si può sostenere, non determinarono i caratteri

della schiavitù nel Nuovo Mondo; furono i caratteri della schiavitù

in quanto condizionata dal passato e dal presente, dalla storia e 

dall’economia, e manifestantisi in particolari forme di dominio di

classe, che determinarono le relazioni razziali.

 

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Il più importante problema inerente lo studio delle società a schiavi

afro-americane può essere risolto solo dall’analisi dei tipi di classi 

che lo costituirono, cominciando dalle classi dominanti; conseguen-

temente la schiavitù deve essere intesa prima di tutto come un pro-

blema di classe e solo secondariamente come una questione razziale

o angustamente economica.

Per dimostrare l’utilità di questo punto di vista bisognerà conside-

rare  i rapporti tra le società a schiavi americane e i loro tutori europei;

le specifiche classi di proprietari di schiavi dell’emisfero; e tentare, sia

pure in modo sommario, di esporre i vari tipi di rapporti razziali. 

 

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Se il metodo risulterà giusto, ogni problema importante, dagli attri-

buti generali e particolari della struttura della piantagione sino alla

natura ed alle dimensioni delle tendenze fondamentali delle econo-

mie a schiavi, dovrà esser considerato da tale punto di vista; ma sa-

rà bene limitarsi al problema dell’abolizione come caso probante.

Una osservazione sulla questione del trattamento degli schiavi sa-

rà consentita ad illustrare le diverse direzioni in cui una analisi di

classe ci può condurre.

Come problema di storia comparata, la questione del trattamento

in se stesso si presenta estremamente complessa e pone gravi diffi-

coltà metodologiche. Ma come problema di storia delle classi socia-

li essa, anche se più complessa, diventa immensamente più fertile.

Si è scritto molto sul modo brutale con cui gli africani venivano sti-

vati nelle navi negriere per traversare l’Atlantico, ma tali dati signi-

ficano poco se non vengono connessi a quelli relativi alle navi che

trasportavano servi o emigranti europei o alle condizioni di vita dei

marinai bianchi che lavoravano sulle navi negriere o mercantili.

Egualmente, se il vanto dei proprietari di schiavi sudisti era corret-

to – ed in parte lo era -, e i loro schiavi vivevano altrettanto bene ed

erano trattati altrettanto umanamente quanto molti contadini e ope-

rai, allora ne consegue che l’aperto sfruttamento e la brutalità erano

meno questioni di razza che di classe e che gli africani non avrebbero

potuto esser trattati così non in base al modo con cui erano trattate

le stesse classi inferiori bianche. 

 

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Questo argomento ed altri simili non implicano che gli africani non

abbiano sofferto più dei bianchi né assolvono gli europei per il

barbaro trattamento a danno degli africani; essi suggeriscono che

tale barbarie scaturiva assai più dall’atteggiamento del ricco verso

il povero, del signore verso il contadino, del borghese verso la

merce-lavoro che non da quello del bianco verso il non-bianco.

Con ciò e per concludere, vanno esaminati dettagliatamente i due

sistemi sociali, signoriale e capitalista, in lotta per la supremazia

all’alba dell’età moderna.

(Eugene D. Genovese)




 

 

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IL RICCO E IL POVEROultima modifica: 2012-10-05T00:00:00+02:00da giuliano106
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