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Da una regione cosmica all’altra…
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Da una regione cosmica all’altra (1) & (2)
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Nell’autunno del 1989, Weibull attraversò in tutta fretta il cam-
pus di Princeton per incontrare Nash per la prima volta.
Dopo settimane di difficili trattative, con il presidente del dipar-
timento di matematica che fungeva da intermediario, lo schivo
matematico aveva accettato finalmente di pranzare con l’inviato
svedese.
Weibull era arrivato a Princeton con un preciso intento.
Lindbeck lo aveva preso in disparte prima della sua partenza
dalla Svezia e gli aveva chiesto di riferirgli sullo stato mentale
di Nash. Correva voce che Nash stesse un po’ meglio e si com-
portasse in modo del tutto assennato.
Era vero?
Weibull avrebbe dovuto accettarlo.
Lo svedese capì subito che l’uomo dinoccolato dall’aspetto fra-
gile e dai capelli bianchi in piedi nel vialetto davanti alla Pro-
spect House, il club della facoltà gotico-vittoriano di Princeton,
era Nash.
Appariva piuttosto goffo, fumava tenendo lo sguardo chino,
ed era chiaro che si era vestito per l’occasione. Portava scarpe
bianche da tennis, ma anche una camicia immacolata dalle ma-
niche lunghe e pantaloni di una misura di troppo.
Mentre si avvicinava, Weibull si accorse che Nash era terribil-
mente nervoso. Quando gli tese la mano con il suo sorriso fran-
co e schietto, Nash non lo guardò negli occhi e, dopo una fugge-
vole stretta, rimise immediatamente la mano in tasca.
Non pranzarono nel ristorante principale, troppo formale, ma
al piano di sotto, in una piccola tavola calda. Weibull, un uomo
gentile e dalla voce pacata, gli fece domande sul lavoro.
Di tanto in tanto la conversazione prendeva svolte inattese.
Quando Weibull gli chiese di perfezionare il suo concetto di e-
quilibrio magari tenendo conto di mosse irrazionali da parte dei
giocatori, Nash gli rispose parlando non d’irrazionalità ma dell’-
immortalità.
….Ma in seguito, quello che rimase più impresso in Weibull di
tutto l’incontro e che quel giorno lo trasformò da osservatore
imparziale e informatore obiettivo in ardente sostenitore, fu u-
na cosa che Nash disse prima che entrassero al club:
– Posso entrare anch’io?
aveva chiesto Nash esitando.
– Non sono della facoltà.
Che quest’uomo immenso non pensasse di avere il diritto di
mangiare nel club esclusivo della facoltà parve a Weibull un’-
ingiustizia che esigeva una profonda riflessione…….
(S. Nasar, Il genio dei numeri)