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L’arte della menzogna politica
Da:
Guardi, signore, – mi pare di sentirmi dire -, di non fare
il ridicolo mettendosi a perseguitare figurine di teatrino;
siamo tutti gente navigata, e questo è un giochetto di com-
pari che non inganna nessuno; guardi che qua non si tratta
d’altro che di passare il tempo e di far qualcosa, poiché né
Carlomagno è Carlomagno, né Orlando è Orlando, né don
Gaiferos è l’autentico don Gaiferos; e qui non si fanno im-
brogli, ma si diletta e si rallegra la galleria che, se anche fin-
ge di credere alla commedia, neanche lei ci crede sul serio;
ascolti noi, signore: non sciupi le sue energie nel combattere
con pupi di cartapesta!
Ebbene, proprio perché le figurine son di cartapesta e lo
sappiamo tutti – rispondo io -, bisogna decapitarle e farle a
pezzi, poiché nulla v’è di più pernicioso che la menzogna
accettata da tutti.
Siamo tutti a conoscenza del segreto, che è poi un segreto di
Pulcinella; sappiamo tutti e ce lo andiamo dicendo l’un l’altro
all’orecchio, che don Gaiferos non è il vero don Gaiferos, e che
è tutta una favola la storia della liberazione di Melisenda; ma,
se è così, perché dà fastidio e irrita il fatto che uno s’arrampichi
sulla guglia della torre più alta del paese e si metta a gridare a
gran voce di lassù, facendosi banditore della sincerità, ciò che
tutti si sussurrano all’orecchio, abbattendo, scapezzando e
stroppiando così la menzogna?
Bisogna far piazza pulita, nel mondo, di commedie e teatri-
ni.
E’ un po’ strano che si lamentino di chi piglia sul serio la
commedia proprio coloro che la rappresentano nel modo
più serio di questo mondo, e pongono ogni cura nel far sì
che non si venga meno alle regole dell’arte comica, fosse
pure in una virgola.
Giacché avrete osservato, miei buoni lettori, che non v’è nul-
la di più insopportabile di questa esigenza che siano stretta-
mente osservati i riti, l’etichetta e le consuetudini nelle cose
di pura rappresentazione, e che si dian l’aria di maestri di
cerimonie coloro che meno rispettano l’autentica serietà del-
la vita.
C’è una caterva di buffoncelli in libertà che portano incarta-
pecorito sulle labbra un credo ereditato dai loro bisavoli, al-
lo stesso modo che portano lo stemma di famiglia inciso nel-
l’anello o sull’impugnatura del bastone, e rispettano le vene-
rate tradizioni dei nostri avi come rispettano tante altre anti-
caglie: per far bella figura e farsi passare per persone distin-
te.
E’ chic e dà un certo che d’eleganza quel modo di comportar-
si che si definisce ‘conservatore’.
E quella stessa masnada di commedianti ha definito ‘volgari-
tà’ tutto quel che è passione e slancio e impeto, e cose di pes-
simo gusto le botte e i fendenti dati alle baracche di burattini
e ai teatrini che han messo sù.
E quando questi pagliacci, sugheri secchi e vuoti, andranno
dicendo e ripetendo la grossa scempiaggine che ‘la cortesia
non impaccia il valore’, saltiamo sù e gridiamogli ben forte
sul muso e sulla barba, se ce l’hanno, che la cortesia impac-
cia il valore e che il vero valore chisciottesco può, suole e
deve consistere spesso nel mettersi sotto i piedi ogni forma
di cortesia e mostrarsi addirittura grossolano, se sarà neces-
sario.
(Miguel de Unamuno, Vita di don Chisciotte e Sancio Panza)