…’Uomo dabbene, io ho quaranta anni e sono da Pescara
nel Reame; e son vissuto con questi modi anni venti;
e non fui impiccato a Bologna che forse lo meritassi.
Ma che bisogna parlare?
Io non ho altra arte: con questa vivo e vivo bene,
che voglio sempre le miglior cose truovo in sull’osteria,
e questa sera spenderò almanco dua marcelli.
E quando uso un modo da trattar danari e quando un altro:
stravolgomi e’ piedi, le braccia, la bocca; quando fingo
esser cieco, quando piagato; e muto spesso luoghi.
E perché io so che t’accorgeresti poco fa mentivo
per la gola, t’ho scoperto il vero e ti prego di questa cosa:
questa sera non parli. Doman poi muterò paese e cercherò ventura’.
Promessili tacere e pensai intra me medesimo
con quanti modi, con quante astuzie, con quante varie arte,
con quanta industria uno uomo s’ingegna ingannare l’altro.
E per questa variazione il mondo si fa bello,
il cervello si fa acuto a trovare arte nuova per fraudare
e quello d’un altro si fa sottile per guardarsene.
Et in effetto tutto il mondo è ciurmeria;
e comincia a’ religiosi e va discorrendo ne’ iurisconsulti,
ne’ medici, nelli astrologi, ne’ principi secolari, in quelli
che son loro a torno, in tutte l’arte et essercizi;
e di giorno in giorno ogni cosa più s’assottiglia…et affina.
(Francesco Vettori, Tutto il mondo è ciurmeria, 1507)