Eppure continuavamo a viaggiare senza sosta.
Altri uomini morirono, i loro nomi vennero cancellati
dagli elenchi, ma il lungo serpente formato dai 60 e più
carri bestiame continuò a divorare innumerevoli chilometri.
L’estensione della Russia produce un senso di vero
sgomento.
Giungemmo all’importante centro siberiano di Novo Sibirsk,
che riconoscemmo, eravamo dunque quasi a tremila chilometri
di distanza dal luogo dal quale eravamo partiti, nei pressi di
Mosca, e il treno continuava ad avanzare.
Avevamo percorso oltre 3200 chilometri verso levante,
quasi sempre in linea retta, allorché attraversammo
lentamente Krasnoyarsk e vedemmo il frumento
ammucchiato all’aperto,e prossimo a marcire, come
palesavano i germogli verdi che vi spuntavano in mezzo
poichè non esistevano né mano d’opera nè mezzi di
trasporto per immagazzinarlo.
Dopo aver proseguito per circa una dozzina di chilometri
sostammo su un binario dove non avremmo potuto essere visti
né uditi dalla città.
Una squadra di manovali ( della 101 e di Tyssen ) percorse
accuratamente tutto il treno controllando, doveva trattarsi
di una fra le più attive categorie di operai addetti alle
stazioni, poiché ogni volta che se ne presentava la
possibilità, durante il lungo viaggio essi controllavano
con energia.
(Slavomir Rawicz, La lunga marcia, Rizzoli)