LA STORIA

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Il ruolo dell’Intellettuale…. 

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I limiti della storia  (2)  &

Intermezzo con la ‘Grande Notizia’

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La Storia  (1)  &  (2)  &

Il Divino Intelletto  (1)  &  (2)

Da:

i miei libri

 

 

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La setta di coloro che dicono di essere dell’ordine degli

Apostoli e affermano di osservare la vita apostolica e la

povertà evangelica: quando e come iniziò, chi ne furono

gli ideatori, quali errori.

Ciò che segue è stato scritto perché i contemporanei ed i

posteri parimenti lo apprendano.

 

 

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Il mese di marzo del 1307 segna la fine di ogni resistenza….

 

Dolcino riuscì a raggruppare nella sua setta, da luoghi

lontani e in vasta misura, molte migliaia di persone di

ambo i sessi, soprattutto in Italia, Toscana e regioni

limitrofe.

E ad esse trasmise la propria pestifera dottrina e con spi-

rito non tanto profetico quanto fanatico e insano predisse

molte e molte cose future, asserendo e fingendo di avere

le rivelazioni direttamente da Dio e di poter interpretare

le profezie; cose queste in cui fu poi trovato falso, mento-

re, ingannatore e ad un tempo ingannato, e con lui la sua

Margherita, scellerata compagna di delitti e di follia, co-

me si potrà vedere più avanti.

Dolcino scrisse poi tre lettere, che indirizzò a tutti i fedeli

di Cristo e particolarmente ai suoi seguaci; in esse farneti-

cava copiosamente sulle sacre scritture e fingeva nell’esor-

dio di aderire alla vera fede della Chiesa di Roma, ma tut-

te e tre, se lette per intero ne rivelano la perfidia, e da due

di esse, che ho avuto per le mani, ho tratto i brani che rias-

sumo qui di seguito, tralasciando per brevità ciò che sem-

bra non aver interesse.

Una fu datata o scritta nell’agosto del 1300, ed in essa Dol-

cino, all’inizio, afferma che la sua è una congregazione spi-

rituale, legittima nel proprio modo di vivere apostolico e

nel nome che richiama l’assoluta povertà, senza vincolo di

obbedienza esteriore ma soltanto interiore.

Afferma che tale congregazione fu mandata e scelta da Dio

in questi tempi moderni con lo scopo preciso di salvare le

anime, e che colui che ne è capo, cioè egli stesso, che chi-

amano fra Dolcino, è stato particolarmente inviato ed elet-

to da Dio perché, con le rivelazioni fattegli sul presente e su

quanto accadrà, sia ai buoni sia ai cattivi, possa far compren-

dere le profezie e le Scritture del nuovo e del vecchio Testa-

mento.

Dichiara inoltre che avversari suoi e ministri del diavolo so-

no i chierici secolari insieme con molti del popolo, potenti e 

tiranni e tutti i religiosi, specialmente i Predicatori ed i Mino-

ri e anche gli altri che perseguitano lui ed i suoi per il fatto

che aderiscono a detta setta, che essi definiscono congrega-

zione spirituale e apostolica: ed è per questa ragione che

Dolcino fugge e si nasconde da chi lo perseguita, come fece-

ro quelli che prima di lui aderiscono a detta congregazione,

fino al momento stabilito in cui egli ed i suoi si mostreranno

pubblicamente predicheranno, una volta sterminati gli av-

versari.

Afferma poi che tutti coloro che lo perseguitano, insieme con

i prelati della Chiesa, saranno entro breve uccisi e annientati,

ed i superstiti si convertiranno alla sua setta e si uniranno a

lui, ed allora egli ed i suoi avranno il sopravvento.

Quanto detto sopra, nonché molte altre cose, non tanto sen-

za senso o favolose, quanto erronee e folli, si trovano nelle

predette lettere di fra Pietro, e Dolcino.

(Bernardus Guidonis)

 

 

 

 

    FraDolcino

IL RUOLO DELL’INTELLETTUALE: ‘Penitenziagite’ ovvero l’intellettuale Straniero alle false Eresie del suo Tempo (5)

 

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Il ruolo dell’Intellettuale (1/4)

Prosegue in:

Il ruolo dell’Intellettuale (6)

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Il ruolo dell’Intellettuale  (1)  (2)  (3)  (4)

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i miei libri

 

 

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La chiesa non era maestosa come altre che vidi in seguito a

Strasburgo, a Chartres, a Bamberga e a Parigi. Assomigliava

piuttosto a quelle che già avevo visto in Italia, poco inclini a e-

levarsi vertiginosamente verso il cielo e saldamente posate a

terra, spesso più larghe che alte; se non che ad un primo livel-

lo essa era sormontata, come una rocca, da una serie di mer-

li quadrati; poi vidi un trono posto nel cielo e uno assiso sul tro-

no.

Il volto dell’Assiso era severo e impassibile, gli occhi spalancati

e dardeggianti su di una umanità terrestre giunta alla fine della

sua vicenda, i capelli e la barba maestosi che ricadevano sul

volto e sul petto come le acque di un fiume, in rivoli uguali e

simmetricamente bipartiti.

 

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La corona che portava sul capo era ricca di smalti e di gemme,

la tunica imperiale color porpora gli si disponeva in ampie volute

sulle ginocchia, intessuta di ricami e merletti in fili d’oro e d’ar-

gento. La mano sinistra, ferma sulle ginocchia, teneva un libro

sigillato, la destra si levava in attitudine non so se benedicente o

minacciosa. Il volto era illuminato dalla tremenda bellezza di un

nimbo cruciforme e fiorito, e vidi brillare intorno al trono e sopra

il capo dell’Assiso un arcobaleno di smeraldo. Davanti al trono,

sotto i piedi dell’Assiso, scorreva un mare di cristallo e intorno

all’Assiso, intorno al trono e sopra il trono, quattro animali terri-

bili – vidi – terribili per me che li guardavo rapito, ma docili e dol-

cissimi per l’Assiso, di cui cantavano le lodi senza riposo.

 

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Ovvero, non tutti potevano dirsi terribili, perché bello e gentile mi

apparve l’uomo che alla mia sinistra (e alla destra dell’Assiso) por-

geva un libro. Ma orrenda mi parve dal lato opposto un’aquila, il bec-

co dilatato, le piume irte disposte a lorica, gli artigli possenti, le gran-

di ali aperte. E ai piedi dell’Assiso, sotto le due prime figure, altre

due, un toro e un leone, ciascuno dei due mostri serrando tra gli

artigli e gli zoccoli un libro, il corpo volto all’esterno ma il capo ver-

so il trono, come torcendo le spalle e il collo in un impeto feroce, i

fianchi palpitanti, gli arti di bestia che agonizzi, le fauci spalancate,

le code avvolte e ritorte come serpenti e terminanti all’apice in lin-

gue di fiamma.

 

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Entrambi alati, entrambi coronati da un nimbo, malgrado l’apparen-

za formidabile non erano creature dell’inferno, ma del cielo, e se

tremendi apparivano era perché ruggivano in adorazione di un Ven-

turo che avrebbe giudicato i vivi e i morti. Attorno al trono, a fianco

dei quattro animali e sotto i piedi dell’Assiso, come visti in trasparen-

za sotto le acque del mare di cristallo, quasi a riempire tutto lo spa-

zio della visione, composti secondo la struttura triangolare del tim-

pano, elevandosi da una base di sette più sette, poi a tre e quindi a

due più due, a lato del trono, stavano ventiquattro vegliardi, su ven-

tiquattro piccoli troni, rivestiti di vesti bianche e coronati d’oro.

Chi aveva in mano una viella, chi una coppa di profumi, e uno solo

suonava, tutti gli altri rapiti in èstasi, il volto rivolto all’Assiso di cui

cantavano le lodi, le membra anch’esse contorte come quelle de-

gli animali, in modo da poter tutti vedere l’Assiso, ma non in modo

belluino, bensì con movenze di danza estatica – come dovette

danzare Davide intorno all’arca…..

 

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…. Corpi e membra abitati dallo Spirito illuminati dalla rivelazione

sconvolti i volti dallo stupore, esaltati gli sguardi dall’entusiasmo,

infiammate le gote dall’amore, dilatate le pupille dalla beatitudine,

folgorato l’uno da una dilettosa costernazione, trafitto l’altro da un

costernato diletto, chi trasfigurato dalla meraviglia, chi ringiovanito

dal gaudio, … eccoli tutti cantare con l’espressione dei visi, col

panneggio delle tuniche…. E mentre l’anima mia, rapita da quel

concerto di bellezze terrene e di maestosi segnali soprannaturali,

stava per esplodere in un cantico di gioia, l’occhio accompagnan-

do il ritmo proporzionato dei rosoni fioriti ai piedi dei vegliardi, cad-

de sulle figure che, intrecciate, facevano tutt’uno con il pilastro

centrale che sosteneva il timpano…..

 

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… E mentre ritraevo l’occhio affascinato da quella enigmatica poli-

fonia di membra sante e di lacerti infernali, vidi al lato del portale, e

sotto le arcate profonde, talora istoriati sui contrafforti nello spazio

tra le esili colonne che li sostenevano e adornavano, e ancora sul-

la folta vegetazione dei capitelli di ciascuna colonna, e di lì ramifi-

candosi verso la volta silvestre delle multiple arcate, altre visioni

orribili a vedersi, e giustificate in quel luogo solo per la loro forza

parabolica e allegorica o per l’insegnamento morale che trasmet-

tevano: e vidi una femmina lussuriosa nuda e scarnificata, rosa

da rospi…..

(Prosegue…..)

 

 

 

 

 

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L’UOMO E IL MONDO MATERIALE (3)

Precedenti capitoli:

Distanze (2/1) &

Il ruolo dell’intellettuale

Prosegue in:

L’uomo e il mondo materiale (4) &

Intermezzo con urla… (contro Invetriata…)

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Distanze (1)  &  (2)

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i miei libri 

 

l'uomo e il mondo materiale 3

 

 

 

 

La concezione della materia come principio indipendente

e fonte del male ha radici tanto greche che orientali.

I dossografi la attribuiscono a Pitagora, e se ne possono tro-

vare testimonianze in alcuni passi di Platone; ma il suo più

estrenuo campione fu il neopitagorico Numenio.

D’altro canto uno dei primi gnostici, Basilide, la presenta

come la saggezza dei barbari, ossia dei Persiani. A differen-

za delle altre concezioni, essa non comporta una totale sva-

lutazione del cosmo, che contiene almeno una parte, per

quanto esigua, di forma come di materia, di luce come di

tenebra.

l'uomo e il mondo materiale 3

 

Ma il suo irriducibile dualismo andava in direzione oppo-

sta rispetto al grosso della tradizione greca, e Plotino poté

accettare l’equazione della materia col male solo riducendo

entrambi alla condizione di prodotti marginali, di limite e-

stremo dello sgorgare dall’assoluto.

Le altre concezioni sono evidentemente di origine orientale.

I Guardiani delle porte sembrerebbero derivare in ultima a-

nalisi dal culto babilonese degli dèi planetari, per quanto, a

un certo punto della loro lunga storia, abbiano subito una tra-

sformazione dalla condizione di dèi superni in quella di dèi

malefici.

 

l'uomo e il mondo materiale 3

 

Dal primo secolo in poi la maggior parte degli uomini, ebrei

e cristiani, gnostici e pagani, ammette il loro potere malefico.

Essi sono gli ‘archontes’ degli gnostici, i ‘kosmokratores’ dell’-

‘Epistola agli Efesii’ i Sette Governatori dell’Ermetico, ‘il cui

governo è chiamato destino’; e che essi fossero temuti dai pa-

gani come dai cristiani è attestato da Origine e da Agostino.

Anche nel nostro periodo, tuttavia, gli spiriti più illuminati

non ammettevano la tirannia. Plotino scrisse un saggio per

dimostrare che mentre in virtù della ‘sympatheia’ universa-

le le stelle possono indicare il futuro, esse non possono de-

terminarlo.

Analogamente Origine negava il potere causativo delle stel-

le pur ammettendo che esse potessero funzionare da segna-

li. Rimase ad Agostino il compito di negare qualsiasi verità

all’astrologia, basando la sua dimostrazione sul caso dei ge-

melli.

 

l'uomo e il mondo materiale 3

 

Nella terza concezione, che vedeva nel mondo sensibile il 

regno o anche il prodotto di un potere malvagio personale,

Plutarco individua, certo a ragione, un’eco del dualismo 

persiano con il suo conflitto fra Ormuz e Arimane.

Ma mentre nella fede persiana (e manichea) il mondo è sol-

tanto teatro di questo conflitto, la forma cristiana, gnostica

ed ermetica della dottrina tende a rappresentarlo interamen-

te in balia dell’Avversario.

‘Il mondo intero è nelle mani del Maligno’, dice l’autore del-

la prima Epistola di Giovanni; esso è ‘il regno della paura

e del terrore, un luogo di miseria e di desolazione’, secondo

un salmo di Qumran; esso è ‘la totale malvagità’ secondo un

Ermetico pagano; per lo gnostico Eracleone è un deserto po-

polato soltanto da bestie feroci; nel ‘Vangelo della verità’ va-

lentiniano è un regno di incubi in cui ‘o si fugge non si sa do-

ve, oppure si resta in attesa di non si sa chi’. 

Per la maggior parte degli gnostici era impensabile che un

mondo del genere fosse stato creato dal Dio supremo; esso 

doveva essere l’opera di qualche demiurgo inferiore, o, come 

pensava Valentino, di un dèmone ignorante che non conosce-

va alcuna possibilità migliore, o, come pensava Marcione,

del Dio spietato e ottuso del Vecchio Testamento, o ancora,

come in altri sistemi, di un angelo o di alcuni angeli in rivol-

ta contro Dio.

(prosegue….)

 

 

 

 

l'uomo e il mondo materiale 3

 

DISTANZE

Precedente capitolo:

Il ruolo dell’intellettuale

Prosegue in:

Distanze (2) &

Intermezzo con … urla… (contro Invetriata…)

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Distanze (1)  &  (2)

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i miei libri

 

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…’La via che dobbiamo percorrere è lunga e senza termine’

‘Quanto vasti sono i confini di questi mondi di tenebre!’;

 

Avendo una volta vagabondato nei labirinti della malvagità,

la misera (anima) non trova la via d’uscita…

Essa cerca di sfuggire all’amaro caos,

e non sa come potrà liberarsene’.

 

A parte ogni personificazione, la totalità dello spazio in

cui la vita si trova ha un carattere spirituale malevolo, e

i ‘demoni’ stessi sono sia regni spaziali che persone.

Vincerli è lo stesso che attraversarli, e aprirsi un passag-

gio attraverso i loro confini ne spezza al tempo stesso il

potere e compie la liberazione dalla magia della loro sfe-

ra.

Perciò negli scritti mandei la Vita anche nella sua funzio-

ne di redentore dice di se stessa che ‘ha errato attraverso

i mondi’, o come è detto di Gesù nel Salmo naaseno:

‘Viaggerò attraverso tutti i mondi, discuterò tutti i misteri’.

Questo è l’aspetto spaziale della concezione.

Non meno demonizzata è la dimensione temporale dell’e-

sistenza cosmica della vita, rappresentata anch’essa come

un ordine di potenze-personali. Le loro qualità, similmente

a quelle dello spazio del mondo, riflettono l’esperienza ba-

silare di estraneità ed esilio. 

Possiamo osservare la pluralità notata là: intere serie delle

età si stendono tra l’anima e il suo fine, e il loro semplice

numero esprime l’influenza che il cosmo, come principio,

esercita sui suoi prigionieri.

Anche qui la liberazione è raggiunta soltanto passando at-

traverso tutte queste.

Perciò la via di salvezza conduce attraverso l’ordine tempo-

rale delle ‘generazioni’: attraverso catene di innumerevoli

generazioni la Vita trascendente nel mondo, soggiorna in

esso, ne sopporta la durata apparentemente senza fine, e

soltanto attraverso questa lunga e faticosa via, perdendo

e riacquistando la memoria, può compiere il suo destino.

Ciò spiega la formula espressiva ‘mondi e generazioni’…

che ricorre costantemente negli scritti mandei:

‘Ho girovagato attraverso mondi e generazioni’, dice il re-

dentore. Per l’anima non ancora redenta questa prospetti-

va temporale è fonte di angoscia.

…Il sentimento ispirato dall’aspetto ‘tempo dell’esilio’ co-

smico trova commovente espressione in parole come le se-

guenti:

 

Ora, o nostro Padre benigno, sono passati innumerevoli miriadi

di anni da quando siamo separati da te. Siamo desiderosi di ve-

dere il tuo aspetto amato, risplendente di vita…. 

(H. Jonas, Lo gnosticismo)

 

 

 

 

 

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L’INIZIO DI UNA NUOVA FINE (3)

 

Precedenti capitoli:

Dopo cosa rimarrà? (1/2)

Prosegue in:

Nulla che possa essere narrato come la storia del vero Creato (4)

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L’inizio di una nuova fine (1)  &  (2)  &

La bilancia dello stress (1)  &  (2)

Da:

i miei libri

Le foto che appaiono nel presente post

sono di A. Ermolaev

Testi di G. Lazzari da Frammenti in Rima:

Terzo Dialogo con Pietro &

Primo Dialogo con la Creazione

 

 

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Occhio che scorge pasto cruento,

e dono infinito per ciò

che è sacramento.

Nella strana dottrina

di un respiro che muore,

per il ricordo

di uno specchio di luce.

Era solo la scintilla

nel mare scuro

di un Nulla precoce. (8)

 

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Nulla!

Urlò l’eremita.

Era solo un uomo,

nel profondo ventre

di una grotta nascosta.

Nulla!

Si tramutò in parola,

nel ricordo soffocato di una

paura.

Affiora come memoria di vita

perché muore in cima alla via.

Da un mare profondo cercò

solo momento e tormento,

per ciò che è scritto

nel sole e nel vento.

Nulla!

Gridò il profeta,

dall’alto di un teschio.

Dottrina inchiodata in un legno,

chi provò a spiegare

che suo Padre

ha un diverso disegno,

e una diversa natura…

chiusa in quel tempio segreto. (9)

 

ae11

 

Nulla!

Io scorgo sotto questo cielo,

che sia pari al primo ingegno.

Nulla!

(fu) Dal Secondo creato

è degno della nostra umile

e infinita preghiera.

Pater segreto di un Universo

privo della infetta materia,

chiede l’agnello quale sol dono…

di un Dio senza perdono.

Inferno dell’uomo

in quella cena segreta,

e chi pensò blasfema parola,

scorgendo quella natura crocefissa

alla sua stessa creazione.

Uomo dèmone della materia

senza la sua vera preghiera. (10)

 

ae5

 

Blasfema parola,

gene di un pensiero

che è solo un Dio…,

che nuota e cammina.

Passo indeciso

verso una nuova dottrina,

granello di sabbia

dove scorgo il grande Universo

di una nuova vita che avanza,

partorita nel ventre di una terra

gravida di sconosciuta sostanza.

Un Dio che urla

tempo e vendetta,

e un altro che crea…,

immateriale idea.

Un Dio,

e la sua eterna preghiera,

e un Altro,

con la sua natura che avanza.

Questa la sua rima segreta:

onda o particella

della duplice visione…,

fuori dalla vera comprensione.

Mentre arranca in un

istinto che muta branchia…,

in umile….respiro.

Fu tutte le vite

questo Dio Perfetto,

mai primo ad ogni elemento. (11)

 

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Il fuoco e l’orgasmo di un momento,

tramutano il ventre in lento gonfiore.

In un altro Universo,

ancora non detto,

e privo di quella dottrina

che nominano divina.

Per una vita che nasce

da un fuoco maestro,

di troppo calore e cenere al vento,

in un ghiaccio che cresce

fin dove prima vi era la neve.

Ghiaccio che sale fin sotto la valle,

per spingere la donna patita

fra le braccia dell’uomo,

in cerca d’amore in una terra

baciata da un nuovo sole. (18)

 

ae7

 

La strada fu lunga, la via distorta,

la donna con in grembo

la luce mai morta.

Istinto che cerca la riva

in un mare primo oceano di vita.

Dono che è solo amore

di una vita migliore,

e l’amore d’incanto scopre

la strada più sicura.

Riva che diventa lento patimento

per ugual salita verso un granello

di sabbia,

perché diviene fuoco e vento,

poi ghiaccio che avanza

senza più luce nel vento. (19)

 

ae19

 

Notti sofferte a coprire la pelle,

prova dolore in una terra

che muore.

Giorni sconfitti e trafitti da mille

punte di spilli.

Sono la voce di un Dio,

parla la rima senza spiegare

l’intera disciplina,

lasciando pensiero ed oscuro disegno,

ad un istinto che sembra solo

inutile patimento.

Sogno di fuga per un po’di calore…,

per il seme della vita

….che genera amore. (20)

 

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La strada si ghiaccia

e il piede scivola,

sulla strada che sembra

un’eterna sconfitta.

Ma è solo sogno che non muore,

nella perfezione di un Dio

che non conosce odio e amore.

Solo l’antica simmetria di un sogno

quale primo pensiero,

poi lampo oscuro nel bagliore

di un eterno momento.

Luce di troppo calore sparso

come cenere al vento,

dalla pace e un sonno senza tempo,

concede la vista

di una diversa dimensione. (21)

 

(Prosegue….)

 

 

 

 

 

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