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La concezione della materia come principio indipendente
e fonte del male ha radici tanto greche che orientali.
I dossografi la attribuiscono a Pitagora, e se ne possono tro-
vare testimonianze in alcuni passi di Platone; ma il suo più
estrenuo campione fu il neopitagorico Numenio.
D’altro canto uno dei primi gnostici, Basilide, la presenta
come la saggezza dei barbari, ossia dei Persiani. A differen-
za delle altre concezioni, essa non comporta una totale sva-
lutazione del cosmo, che contiene almeno una parte, per
quanto esigua, di forma come di materia, di luce come di
tenebra.
Ma il suo irriducibile dualismo andava in direzione oppo-
sta rispetto al grosso della tradizione greca, e Plotino poté
accettare l’equazione della materia col male solo riducendo
entrambi alla condizione di prodotti marginali, di limite e-
stremo dello sgorgare dall’assoluto.
Le altre concezioni sono evidentemente di origine orientale.
I Guardiani delle porte sembrerebbero derivare in ultima a-
nalisi dal culto babilonese degli dèi planetari, per quanto, a
un certo punto della loro lunga storia, abbiano subito una tra-
sformazione dalla condizione di dèi superni in quella di dèi
malefici.
Dal primo secolo in poi la maggior parte degli uomini, ebrei
e cristiani, gnostici e pagani, ammette il loro potere malefico.
Essi sono gli ‘archontes’ degli gnostici, i ‘kosmokratores’ dell’-
‘Epistola agli Efesii’ i Sette Governatori dell’Ermetico, ‘il cui
governo è chiamato destino’; e che essi fossero temuti dai pa-
gani come dai cristiani è attestato da Origine e da Agostino.
Anche nel nostro periodo, tuttavia, gli spiriti più illuminati
non ammettevano la tirannia. Plotino scrisse un saggio per
dimostrare che mentre in virtù della ‘sympatheia’ universa-
le le stelle possono indicare il futuro, esse non possono de-
terminarlo.
Analogamente Origine negava il potere causativo delle stel-
le pur ammettendo che esse potessero funzionare da segna-
li. Rimase ad Agostino il compito di negare qualsiasi verità
all’astrologia, basando la sua dimostrazione sul caso dei ge-
melli.
Nella terza concezione, che vedeva nel mondo sensibile il
regno o anche il prodotto di un potere malvagio personale,
Plutarco individua, certo a ragione, un’eco del dualismo
persiano con il suo conflitto fra Ormuz e Arimane.
Ma mentre nella fede persiana (e manichea) il mondo è sol-
tanto teatro di questo conflitto, la forma cristiana, gnostica
ed ermetica della dottrina tende a rappresentarlo interamen-
te in balia dell’Avversario.
‘Il mondo intero è nelle mani del Maligno’, dice l’autore del-
la prima Epistola di Giovanni; esso è ‘il regno della paura
e del terrore, un luogo di miseria e di desolazione’, secondo
un salmo di Qumran; esso è ‘la totale malvagità’ secondo un
Ermetico pagano; per lo gnostico Eracleone è un deserto po-
polato soltanto da bestie feroci; nel ‘Vangelo della verità’ va-
lentiniano è un regno di incubi in cui ‘o si fugge non si sa do-
ve, oppure si resta in attesa di non si sa chi’.
Per la maggior parte degli gnostici era impensabile che un
mondo del genere fosse stato creato dal Dio supremo; esso
doveva essere l’opera di qualche demiurgo inferiore, o, come
pensava Valentino, di un dèmone ignorante che non conosce-
va alcuna possibilità migliore, o, come pensava Marcione,
del Dio spietato e ottuso del Vecchio Testamento, o ancora,
come in altri sistemi, di un angelo o di alcuni angeli in rivol-
ta contro Dio.
(prosegue….)