FRAMMENTI


(Breve introduzione al post. Ho scelto questa frase lapidaria di Democrito, prescindendo

i principi della sua dialettica, e le successive adozioni che la storia della filosofia

ed anche la scienza ha adoperato (nei suoi confronti).

Volendo introdurre, con questo frammento, una serie di ragioni e principi, notevoli,

per ognuna delle argomentazioni trattate, che sono l’uno riconducibile all’altro, e che

ripropongo per una più ampia riflessione, affinché non cadano nel baratro del dimenticatoio,

dove la storia, e la verità, troppo spesso vengono confinate.

Pensando, così, di giustificare fini più importanti nel nome dell’economia, adottando in nome

suo mezzi e metodi impropri alla logica di ogni vivere sociale per conseguire dubbi obiettivi.

Nella breve durata che ogni intento economico e ingiustizia si vuol prefiggere, ma che troppo

spesso causa l’ignoranza dell’uomo, riescono nella tirrania della lunga efficacia sociale cui

siamo confinati. Intreccio in ragione di questo motivo un mandala dialettico di probabile

ed inoppugnabile verità storica ad uso della memoria. BUONA LETTURA)

Da  zapatecus-messico-1975-3.html

 

– E’ cosa buona ostacolare coloro che compiono ingiustizie; se non si riesce

nell’intento, è cosa buona non compiere ingiustizie con loro.

– E’ difficile sottostare al dominio di chi ci è inferiore.

(Democrito)

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Quando, fanciullo che ancora non parla,

vivevo nei palazzi del padre mio

nella ricchezza adagiato

e nelle dolci cure di chi mi nutriva,

dalla terra d’Oriente, mia patria,

provvistomi di quanto necessita

per un lungo cammino

i genitori mi fecero partire.

Mercé la dovizia dei nostri tesori

un fardello riunirono:

era grande e leggero, per le mie giovani spalle.

L’oro proviene dalle contrade di settentrione

e l’argento dalle grandi miniere,

dell’India sono i rubini, di Koshan le agate;

mi armarono di un diamante

cui nulla resiste.

La veste costellata di gemme e di oro trapunta

che per me con amore avevan fatto

e la stola dorata dei giovani anni,

mi furono tolte.

Perché non dimenticassi,

un segno di intesa con me concordarono,

imprimendolo nella mente e nel cuore,

e dissero: se, una volta disceso in Egitto,

di là riporterai la perla, l’unica,

che giace negli inferi,

dal serpente assediata che inghiotte ogni cosa,

di nuovo vestirai la veste ingemmata

e la stola in cui la tua forma riposa:

allora con tuo fratello, che tutto ricorda,

araldo diverrai del nostro regno.

Partii dall’Oriente

per una via accedentata e paurosa

in compagnia di due guide,

inesperto com’ero di ogni cammino.

Passati i confini di Maishan,

ostello dei mercati d’Oriente,

giunsi al paese di Babilonia.

Arrivato alfine in Egitto

le guide che scortato mi avevano

mi abbandonarono,

e io, per la via più breve,

verso il serpente rivolsi i miei passi.

Per sottrargli la perla,

dove aveva la tana sostai,

in attesa che lo cogliesse il sonno notturno.

Rimasto solo, avevo aspetto straniero

e ben visibile era il mio esser-diverso

a chi mi era vicino.

In quella contrada il parente incontrai

delle terre d’Oriente;

libero era, giovane e bello a vedersi

figlio di re.

Mi si fece vicino e lo ebbi sodale,

amico divenne, e del mio còmpito

lo feci partecipe.

Lo persuasi a diffidare degli Egizi,

a non confondersi con quegli uomini impuri.

Ma io le vesti di quelli indossai

per non apparire straniero,

come chi, venuto da fuori,

cospiri per riprendersi la margherita.

Temevo gli Egizi svegliassero

il serpente contro di me.

Non ricordo per quale occasione o motivo

scoprirono che non ero dei loro.

All’inganno congiunsero l’arte

e tanto fecero che del loro cibo gustai.

Così scordai di essere figlio di re

e del loro, schiavo divenni.

Scordai anche la perla

per cui ero stato mandato,

e oppresso dal loro cibo

caddi in un sonno profondo.

(Acta Thomae, Il canto della perla)

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– E chi è così padre?

– Colui che non chiacchiera molto e ascolta poco, perché chi perde il

suo tempo nel discutere e nell’ascoltare chiacchiere, vibra pugni contro

il vuoto. Infatti Dio, il padre, il bene, non si conoscono né parlandone,

né ascoltandone parlare. Stando così le cose, tutti gli esseri possegono

i sensi, perché non potrebbero esistere senza di essi; ma la conoscenza

differisce molto dalla sensazione. La sensazione si produce in seguito

a qualcosa che fa impressione su di noi, mentre la conoscenza è il

raggiungimento completo della scienza, che è dono di Dio.

Ogni scienza è incorporea, in quanto usa come suo strumento l’intelletto,

che a sua volta si serve del corpo.

Così gli oggetti intelligibili e materiali penetrano ambedue nel corpo.

Infatti tutte le cose risultano necessariamente dall’opposizione e dalla

contraddizione, ed è impossibile che avvenga altrimenti.

– Chi è dunque il dio materiale di cui parli?

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– Il mondo, che è bello, ma non buono, essendo costituito di materia e

soggetto a passioni. E’ il primo di tutti gli esseri passibili; ma il secondo

nella serie degli esseri, ed è incompleto in se stesso, ha avuto anch’esso

un principio nella sua esistenza, ma esiste sempre, perché esiste nel

divenire, costituisce il divenire delle qualità e delle quantità: è infatti

sempre in movimento e ogni movimento della materia è divenire.

L’immobilità intelligibile suscita il movimento della materia in

questo modo: poiché il mondo è una sfera, cioè una testa, tutte le

cose che sono unite alla membrana di questa testa, nella quale si

trova l’anima, sono per natura immortali, e poiché il corpo è stato

fatto per così dire nell’anima, esse hanno maggiore quantità d’anima

che di corpo. Tutte le cose che sono invece lontane dalla membrana,

sono mortali, perché hanno maggiore quantità di corpo che di

anima.

Ogni essere vivente, come l’intero universo, è dunque composto

di materia e d’intelligibile. Il mondo è dunque il primo essere

vivente, mentre l’uomo è il secondo dopo il mondo, ed è il primo

degli esseri mortali: egli possiede insieme agli altri esseri viventi

il principio vitale; e non solamente non è buono, ma è cattivo in

quanto mortale; il cosmo non è buono in quanto è soggetto a

movimento, non è cattivo in quanto è immortale.

L’uomo è cattivo in quanto soggetto al movimento e in quanto

mortale.

(Ermete Trismegisto, Corpo Ermetico)

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(Nei tempi moderni vi sono state quattro spiegazioni principali dello

gnosticismo. Secondo l’opinione di vari studiosi lo gnosticismo sorse:

1) da una filosofia ellenistica; 2) da un religione orientale, principalmente

quella iranica; 3) dal cristianesimo; 4) dal giudaismo eterodosso.

Non si può negare che elementi di tutte e quattro queste teorie si trovino

nello gnosticismo….e per secoli hanno convissuto in pace in quella

parte di mondo dove furono rinvenuti….)

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L’errore fuggì da loro e non li incontrò,

ma la Verità procede nella via giusta.

Tutto ciò che io non conoscevo essa me lo mostrò,

tutti i veleni dell’Errore e i flagelli che passano per il timore

di morte e il rovinoso distruttore.

Ho chiesto alla Verità, ‘Chi sono costoro?’

Ed essa mi disse, ‘Questi è l’Ingannatore e l’Errore’….

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L’ignoranza del Padre fu sorgente di angoscia e di paura.

L’angoscia si è condensata come una caligine,

sicché nessuno ha potuto vedere.

Perciò l’errore si è affermato: ignorando la verità,

ha elaborato la sua materia nel vuoto.

Si industriò a formare una creatura

sforzandosi di ancorare nella bellezza

l’equivalente della verità.

Ma ciò non era una umiliazione per lui,

l’inafferabile l’incomprensibile:

questa angoscia, questo oblio, e quest’opera menzognera

erano un nulla,

mentre la verità è stabile, inalterabile, inamovibile,

è imperfettibilmente bella.

Perciò disprezzate l’errore.

Non avendo radice, era una caligine rispetto al Padre,

apprestandosi a predisporre opere,

oblii e paure per attrarre

– per loro tramite –

coloro che si trovano nel (luogo) di mezzo,

e farli prigionieri.

(Odi di Salomone – Ode XXXVIII, e Vangelo di Verità)

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