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il risveglio del morto nel mondo dei folli
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Quando sarò morto
Quando io morirò,
il tuo pianto duri
non più della campana che,
in dolenza,
annuncerà al mondo che
fra gli impuri vermi
ho portato la mia residenza.
Se leggerai i miei versi,
scorda allora chi
li compose:
tanto è il mio amore che,
se la memoria ti addolora,
voglio sparire dal tuo dolce cuore.
Se tu li leggerai,
io non so come,
quando all’argilla sarò mescolato,
non nominare il mio povero nome,
fa che il tuo amore sia con me
annullato:
non veda il saggio mondo il tuo
sconforto,
….e beffi te, ….per me che sarò morto.
(W. Shakespeare, Sonetti, 71 – 1609 -)
Dialogo in-Crociato
Povero eretico,
son io che ti osservo
nell’angolo nascosto
accanto alla brocca,
dove non sapendo,
stai bevendo l’antico tormento
confuso con lieto piacere.
Dona segreta parola
nell’infinita ora:
stai creando nuove stelle
in questo Universo
dove ti sei appena perso.
Fiumi di parole e tanti pianeti,
eterni prigionieri di una strana materia,
perché sempre avanza per questa cella
specchio di una diversa creanza. (17, 25)
Son io quell’uomo
che guarda un profeta,
senza chiesa e dimora
in quest’angolo della nostra (misera) ora.
Perché racconta l’eterna verità
uccisa dalla storia.
Son io che odo le parole,
le ordino in rima composta,
per ridare colore ad ogni stagione
che ti fu negata assieme all’intera
esistenza.
Solo perché hai scorto la scienza
di una essenza che parte da una forma
ripetuta nel lento componimento:
un Dio racchiuso in ogni elemento.
Lo hai scoperto in fondo ad un regno
dell’inanimato mare profondo,
geometria precisa, simmetria costante
letta anche in un sestante. (17, 40)
Equilibrio perfetto del grande emisfero,
unica cellula nel vasto regno
dell’elemento di un ventre gravido….,
in attesa di un principio nominato vita.
Calma apparente e priva dell’ordine
nominata Genesi da un Secondo Dio.
Ma riflesso di un Primo pensiero
perché solo chi crede…..
….riesce a vedere,
in ogni cosa di questo grande sapere. (17, 41)
(Giuliano Lazzari, Frammenti in Rima)