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Dialoghi con Pietro Autier 2 &
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…Ripresi conoscenza nella mia cella di rigore, attorniato
dal solito quartetto.
– Tu, blasfemo direttore di San Quentin, creatura infer-
nale!
dissi in tono di scherno, dopo aver bevuto avidamente
l’acqua che mi era stata offerta.
– Trionfino pure i carcerieri e i detenuti di fiducia !
– Il loro tempo sta per finire.
Quando verrà la fine dei tempi, per essi sarà la fine.
– Gli ha dato di volta il cervello.
Disse il direttore Atherton in tono convinto.
– Si sta prendendo gioco di voi,
fu la più ponderosa risposta del dottor Jackson.
– E però rifiuta il cibo,
osservò il caprobraccio Jamie.
– Mmm…potrebbe resistere quaranta giorni senza
risentirne, rispose il dottore.
– Proprio così, dissi io,
– E anche quaranta notti. Ora per cortesia, stringete-
mi un po’ di più la camicia di forza e andatevene.
Il detenuto di fiducia cercò di infilare l’indice nell’-
allacciatura.
– Anche a tirarla con un verricello, assicurò, non
si guadagnerebbe neanche un quarto di pollice.
– Hai qualche reclamo da fare, Standing ?
chiese il direttore.
– Si, risposi,
– ho due cose di cui lamentarmi.
– E cioè, dissi,
– Primo, dissi, – questa camicia di forza è allentata
in maniera abominevole.
– Hutchins è un somaro.
– Se volesse, la potrebbe stringere di almeno un
palmo.
– Qual’è l’altra cosa ?
– Che siete stato concepito dal diavolo, Atherton.
Il capobraccio Jamie e il dottor Jackson abbozzaro-
no un sogghigno.
Poi il direttore, sbuffando, aprì la marcia e i quattro
uscirono dalla cella.
Rimasto solo, non vedevo l’ora di immergermi nell’-
oscurità e di tornare a Nephi, ai carri della carovana
sistemati in circolo…
(J. London, Il vagabondo delle stelle, Adelphi)