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Quel mondo spesso per noi era il vero Inferno e dimenticarlo e raccontarlo e
poi spiegarlo in quella specie di Paradiso diveniva la nostra segreta cerimonia.
Del quale comprendevamo i limiti per sempre imposti dal potere cui fratello
Eraclio ci scrutava ed apprendeva.
Ma non tutti avevano le chiavi della comprensione, questa era sempre comandata
da fratello – Eraclio -.
Custode della terra, del lavoro, e troppo spesso di tutti i nostri pensieri.
Ragione per cui, quando ora domandava a proposito del dire, del parlare
…io ricordo i profondi ragionamenti che prima di quel frammento avevano
scaturito un probabile pensare.
La disquisizione non poteva essere riportata dai miei Inquisitori, perché immagino,
chi aveva avuto l’onore di tradirmi in questo o in altri posti, non aveva il
dono né della dialettica, né l’intelligenza del sapere.
Così come sempre avviene in questo mondo, il nemico fu probabilmente il più
umile che sedeva alla nostra tavola.
Che spezzando lo stesso pane con due padroni differenti, ha palesato i veri nemici
della conoscenza, convinti come sempre nella grammatica della vita di preservarla.
Quando non si comprende la diversità dell’espressione, si tende ad assoggettare alla
forma precostituita del comune interpretare, la realtà delle cose.
Così è, e per sempre sarà.
Questo è l’uomo.
Ma noi avevamo smesso di essere uomini, e lentamente ci avvicinavamo al mondo
senza tempo dei tanti o troppi Dèi, cui rivolgevamo una preghiera nuova, di
comprensione nell’umana interpretazione che la storia e fratello Eraclio ci
propinavano.
Il nemico comune della conoscenza allo stesso porto di fratello -Eraclio – ed il mio
di umil perfetto…fu l’ignoranza.
Di colui che fermo nello sforzo della comprensione, indica l’ignoranza dei propositi
altrui.
Il nemico con il quale divisi il mio pensare e dire, con il quale bevvi il vino dell’antica
comprensione, con il quale celebrai non più il rito, ma il nettare degli Dèi.
( Giuliano Lazzari, Dialoghi con Pietro Autier)