TRA ERESIA E ORTODOSSIA (15)

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l’eresia del lettore (ed i limiti-della cultura) (13)

l’eresia del lettore (ed i limiti della cultura) (14) 

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tra eresia e ortodossia (16)



 

tra ortodossia e eresia 15









Per essere buoni giudici della storia, è importante, anche

e soprattutto, evidenziarne i giusti meriti, che a mio avvi-

so, non debbono essere sottovalutati, di chi spesso nomi-

nato nel difficile giudizio e rapporto che incorre fra l’orto-

dossia con l’eterodossia. 

Per non incorrere, e troppo spesso inciampare, nel facile

ed ugual errore di quegli stessi inquisitori così spesso no-

minati. L’importante è cogliere l’inquadramento storico

così come questo può apparire nelle tinte, non sempre fo-

sche, di un felice quadro, in cui i francescani ed i minoriti

e tutti quegli ordini direttamente o indirettamente da

‘Francesco’ derivati (i quali rappresentano un paesaggio

il cui studio appare interessante ed altresì attuale)  hanno

dato e continuano a dare il ‘giusto’ (quando non sono inqui-

sitori) contributo nella difesa di tutti quei valori cui l’uomo,

riflesso nel sistema sociale ‘cui è costretto partecipare’, spes-

so suo malgrado, ne diviene vittima, consapevole e non….

Uno di questi motivi, di quella come l’attuale società, è il

difficile tema dell’usura, colpa spesso attribuita in maniera

affrettata, nei vari giudizi storici, da cui sovente gli eretici

(e non solo) si sono dovuti difendere da un non approfon-

dito esame socio-economico della loro condizione. 

Non mi dilungo in un inutile sermone, che richiederebbe

una analisi cui gli eretici (nei vari secoli cui sono protago-

nisti, sin dagli albori dei Vangeli di Cristo) furono costret-

ti, ed a cui, nell’impossibilità di amministrare i propri beni,

si dovettero indirizzare. Nei diversi contesti sociali in cui

il loro ruolo non fu mai riconosciuto né tantomeno ‘ufficia-

lizzato’ così’ da dover vivere ‘anche negli agi’ nel costante

timore che la legge (ecclesiastica e non) poteva interveni-

re per quegli ‘errori’… in cui la storia giammai deve rica-

dere. 

E di cui, l’ortodossia cattolica, di contro, ha combattuto la

giusta ‘guerra’ con i suoi rappresentanti…, nella differenza

sostanziale (riportata nella breve citazione di Le Goff ‘Sosta

ad Avignone) che un papa era in grado di ri-organizzare le

proprie finanze in modo più che legittimo, mentre non mol-

to lontano da lì, secolari protagonisti di tristi vicende ere-

tiche furono costretti (come in altri luoghi), causa l’inaspri-

mento inquisitoriale, a veder distrutti sottratti e confiscati

tutti i propri averi. 

Quindi di fondo, ci sono delle precise motivazioni socio-

storico-economiche diluite nella clessidra del Tempo, nel-

le quali, se pur contraddicendo i loro stessi principi, alcu-

ne di queste sette ereticali, si videro costrette a delle prati-

che condannate (giustamente) da un preciso pensiero reli-

gioso (e non solo), che  non doveva essere macchiato da

quella stessa ‘materialità’ cui ambedue (ortodossia e etero-

dossia) combattevano.

Nella differenza, che l’ortodossia con i suoi scismi ordini

 e poteri ben estesi e riconosciuti ovunque, poteva conta-

re su una solida e redditizia base economica, principio di 

ricchezza e potenza; l’eterodossia, invece, navigando in 

un contesto sociale non sempre consolidato (eccetto che

in precisi ruoli e caste) nell’inquadramento della città-

stato, o castello-stato, doveva far forza su quegli stessi 

principi che spesso combatteva.

La corretta analisi storica impone quella imparzialità cui

spesso i nostri assistiti ne furono privati, per essere al di

 sopra dei ruoli che la società ed i suoi costumi troppo

spesso vogliono attribuire senza la giusta e dovuta……

conoscenza.

Quindi, la correttezza storica impone questo compito se

si vuol essere, non dico giudici, ma per lo meno ‘giusti

testimoni’, di quello stesso quadro cui sovente ci affac-

ciamo per ammirare oltre che la bellezza dei suoi conte-

nuti, anche le giuste proporzioni, la giusta prospettiva,

la maestria e l’ingegno, che spesso sappiamo costretti a

temi ricorrenti per le volontà dei suoi acquirenti nel va-

sto panorama italiano (e non solo) dell’arte e della cultu-

ra, e che ci debbono far riflettere, anche, e non per ultimo,

sui reali e veri contenuti che vanno al di là delle pure for-

me ricorrenti rappresentate.

In ragione di questi motivi riporto questo prezioso ed il-

luminante se pur breve documento storico per il tema fin

qui trattato.

(Giuliano Lazzari, curatore del blog….)


 

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Il 5 novembre 1387 il domenicano Antonio di Settimio, 

inquisitore nella Lombardia superiore e marca genovese,

si trova nella cappella dei Battuti di Pinerolo, uno dei luo-

ghi che aveva scelto per svolgere la sua attività antieretica-

le nel Piemonte occidentale.

Davanti a lui Antonio Galosna, originario di S. Raffaele –

una località posta sulle colline, oltre il Po, di fronte Chivas-

so -, che il registro inquisitoriale qualifica come ‘frater de

Tertio Ordine Beati Francisci’. 

Non casualmente la prima domanda che l’inquisitore rivol-

ge al Galosna si riferisce a ‘quis dediti sibi habitum quem

portat fraticellorum Tertie Regule Beati Francisci’.

Il domenicano Antonio di Settimio vuole dunque sapere se

il Galosna appartenga a pieno diritto al Terz’Ordine oppu-

re se sia uno dei tanti predicatori itineranti che si attribui-

vano o ai quali popolarmente veniva attribuito il titolo di

‘frater’ in riferimento alla loro attività religiosa e al loro sti-

le di vita ispirati genericamente a modelli evangelico-pau-

peristici o, più in particolare, all’esperienza francescana,

anche se non riconosciuti canonicamente.

Il Galosna risponde di aver ricevuto l’abito del Terz’Ordi-

ne da Tommaso Ferreri e dei Ferraris di Chieri, provenien-

te dall’Ordine dei Minori nel 1377. 

Il Galosna in seguito era rimasto legato a questo vescovo:

ne era stato ‘socius’ e lo aveva accompagnato nel 1381 nel-

le valli di Lanzo, quando il vescovo si era là recato a con-

sacrare le chiese di Viù e di Pessinetto. 

Proprio a Viù – località montana, principale centro dell’-

omonima valle – casualmente il Terziario aveva fatto in

quell’occasione la sua prima conoscenza degli eterodossi.

(Prosegue…)






 

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