MORNING CALL

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Morning Call (2) &

Gente di passaggio: Francois Villon

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Daily Morning 

Call

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Frammenti in rima &

…. una notizia…. 



 

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Lasciato il Nevada, feci il cronista per il Morning Call di 

San Francisco. C’era lavoro bastante per una persona e 

forse un po’ di più ma non abbastanza per due, secondo

l’opinione del signor Barnes, che era il proprietario del

giornale e perciò in una posizione tale da saperne più

degli altri.

Per le nove del mattino dovevo trovarmi al comando di

polizia, dove per un’ora registravo in breve la storia del-

le zuffe della sera precedente. 

Di solito si verificavano fra Irlandesi oppure fra Cinesi,

ma ogni tanto ce n’erano per cambiare, fra l’una e l’altra

razza.

 

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Ogni giorno i particolari erano praticamente identici a

quelli del giorno prima, e perciò il lavoro quotidiano e-

ra mortalmente monotono e tedioso…..

… Finalmente accadde qualcosa….

Una domenica pomeriggio vidi alcuni giovinastri rincor-

rere e tirar sassi a un cinese piegato sotto il carico del bu-

cato settimanale dei suoi clienti cristiani, e osservai che 

un poliziotto seguiva l’impresa con divertito interesse: 

niente di più.

Non si frappose.

Scrissi dell’incidente con calore e sacrosanta indignazio-

ne. Di solito non avevo voglia di leggere al mattino ciò

che avevo scritto la sera prima: conseguenza di un ani-

mo torpido. Ma il mio scritto stavolta nasceva da un ani-

mo sveglio e ben vivo. 

 

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Non solo era pieno di ardore, ma lo stimavo buona lette-

ratura; il mattino seguente, dunque, lo cercai alacramen-

te. Non c’era. Non c’era il giorno dopo, né l’altro. Salii 

nella sala di composizione e lo trovai riposto fra il mate-

riale scartato.

Ne chiesi il motivo.

Mi dissero che il signor Barnes lo aveva trovato sotto for-

ma di bozze e ne aveva decretato la soppressione reclu-

dendolo nel cestino delle immondizie…..

E il signor Barnes mi fornì i suoi motivi: non ricordo se a

me o al proto; ed erano motivi commercialmente sani. Dis-

se che il Call era come il Sun di New York: era il giornale

delle lavandaie, cioè il giornale dei poveri; era l’unico gior-

nale che costasse poco. 

 

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Traeva la sua esistenza dai poveri e doveva rispettarne i 

pregiudizi.

I poveri erano gl’Irlandesi…..

Costituivano l’unico sostegno del Morning Call; senza di

essi il Morning Call non sarebbe sopravvissuto un mese: e

gli Irlandesi odiavano i Cinesi. Un attacco come il mio avreb-

be potuto irritare l’intero vespaio irlandese e nuocere grave-

mente e seriamente al giornale. 

Il Call non poteva permettersi di pubblicare articoli che rim-

proverassero ai giovinastri le sassate ai Cinesi.

 

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Avevo allora ideali nobili….

Sono sopravvissuto ad essi….

Non ero molto saggio… Ora mi sono aggiornato….

Il Sun di New York di due giorni fa ha un paio di paragrafi

del suo corrispondente londinese che mi offrono un punto 

di riferimento. 

Il corrispondente ricorda alcuni dei fatti della vita america-

na degli ultimi dodici mesi, quali il profondo marciume del-

le nostre grandi compagnie di assicurazione, nelle quali il 

furto è perpetrato dai più eminenti uomini d’affari; la scoper-

ta di colossali e spudorate malversazioni nelle municipalità

 

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di grandi città come Filadelfia e St. Louis; la recente scoper-

ta di peculato per milioni nelle Ferrovie della Pennsylvania

e le altre minori rivelazioni di truffe commerciali da un capo

all’altro degli Stati Uniti; e infine la odierna, orrenda rivela-

zione, fatta da Upton Sinclair, della truffa più tirannica e tita-

nica nonché mortale di tutte, quella della Compagnia del 

Manzo……..

(Prosegue….)





 

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LA CASA DELL’ALCHIMISTA (3)

Precedenti capitoli:

La casa dell’alchimista &

Gente di passaggio: il Filosofo prigioniero

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La casa dell’alchimista (4) &

Gente di passaggio: il Filosofo prigioniero

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La casa

dell’alchimista

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Frammenti in rima



 

la casa dell'alchimista 3








– Una volta mi chiedevo spesso perché mai il dottor 

Steen fosse così legato al caffè, e per quale motivo a-

vesse apprestato il suo studio di sopra, accanto al

suo atelier cinematografico.

Si dice che, di tanto in tanto, abbia di sopra delle av-

venture galanti.

Io non ci credo.

Possiede una lussuosa villa, giù in città.

Là sarebbe, per tali fini, del tutto indisturbato.

Che cosa cerca allora, qui?

Ebbene, credo di esserci a poco a poco arrivato: egli

ha capito che Khosrul Khan non è un semplice pro-

prietario di caffè e protettore di artisti orientali, co-

me generalmente si crede, ma un uomo enigmatico e

un vero fanatico della dottrina luciferina…

Ma che tipo di dottrina sarà mai?

Il dottor Ochs scrollò la testa.

– Maomettano, sufi, adoratore del fuoco, niente di tut-

to questo….

– E allora che cosa?

Il dottor Ochs alzò le spalle:

– Il dottor Steen si è data molta più pena di me per riu-

scire a capirlo. Se gli è riuscito? Ne dubito. Che cosa sia

un complesso e come lo si insinui, questo persiano lo sa

alla perfezione. Anche se sicuramente non ha mai sentito

la definizione di ‘complesso’, egli si sente perfettamente

a casa nei labirinti di questo campo.

Perché mai gli tremano in modo così strano gli angoli del-

la bocca, quando il dottor Steen, con ogni sorta di doman-

de subdole e di parole apparentemente casuali, tenta di

‘insinuare’? 

E il dottor Steen lo fa con tale passione e raffinata abilità

che spesso solo dopo ore di congetture alla ricerca di col-

legamenti riesco a intuire dove più o meno voleva arriva-

re.

Ha architettato tutto un complesso sistema di cavi e ra-

gnatele, al pari del suo aereo…, per provocare turbamenti

dell’animo; naturalmente me ne manca del tutto la chiave,

e posso solo fare supposizioni sullo scopo che si prefigge.

Ma Khosrul Khan capisce sempre al volo se l’esca è avve-

lenata o no.

Se lo aiuti un istinto estremamente sottile o se abbia a di-

sposizione un profondo sapere, non saprei dire.

Sembra infatti che certi orientali possiedano un cosiddet-

to sapere occulto.

– Il dottor Steen deve dunque usare ‘parole’, per mettere

in atto i suoi fini disgustosi….,

l’interruppe trionfante l’uomo a quadri tirando un respi-

ro di sollievo.

– Vi sbagliate, signor corrispondente. Che cosa sono, in

fondo, le parole, a voler ben guardare?……..

(Prosegue….)






 

la casa dell'alchimista 3