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La natura è dovunque bella (2)
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Le antipatie non sono una prova a sfavore: esse si basano sulla
conoscenza, l’intuizione, anzi sulla partecipazione, non sull’in-
diffirenza.
Quello che mi è antipatico, per me esiste non meno di quello
che amo. Ma quello che non conosco, e non voglio conoscere,
quello che mi è indifferente, quello che non ha alcun rapporto
con me, che non esercita su me alcun richiamo, quello per me
non esiste, e quanto più è consistente, tanto più meschino so-
no io.
Il nostro cuore va incontro all’elementare e apparentemente e-
terno in modo spontaneo e pieno d’amore, pulsa col ritmo del
moto ondoso, respira col vento, vola con le nuvole e gli uccel-
li, sente amore e riconoscenza per la bellezza degli astri, dei
colori e dei suoni, è consapevole di essere una parte di loro,
affine a loro, e tuttavia non riceve dalla terra eterna, dal cielo
eterno altra risposta che quell’imperturbabile, quasi canzona-
torio sguardo del grande per il piccolo, del vecchio per il bam-
bino, del duraturo per l’effimero.
Finché noi, in arroganza o in umiltà, in superbia o in dispera-
zione, opponiamo decisamente a ciò che è muto il linguaggio,
all’eterno il temporaneo e mortale, e dal senso della piccolez-
za della caducità sorge il senso tanto orgoglioso quanto dispe-
rato dell’uomo, del più infedele ma più capace d’amore, del
più giovane ma più acuto, del più smarrito ma più appassio-
nato figlio della Terra.
Ed ecco che la nostra debolezza è vinta, noi non siamo più
piccoli né arroganti, noi non bramiamo più di diventare una
cosa sola con la natura, ma alla sua grandezza contrapponia-
mo la nostra, alla sua durata contrapponiamo la nostra muta-
bilità, al suo mutismo il nostro linguaggio, alla sua apparente
eternità la nostra consapevolezza della morte, alla sua indiffe-
renza il nostro cuore capace d’amare e di soffrire.
Come sotto il microscopio qualcosa in genere invisibile e repel-
lente, un flocculo di sterco, può diventare un meraviglioso cielo
stellato, così sotto il microscopio di una vera psicologia (che
ancora non esiste) ogni minimo moto di un’anima, per quanto
misera, ottusa o insensata, diverrebbe uno spettacolo sacro, so-
lenne, perché non si vedrebbe in esso che un esempio, un’im-
magine allegorica della cosa più sacra che conosciamo, la vita.