Prosegue in:
Mi sono chiesto spesso cosa avrebbe fatto il babbo se avesse
saputo che proprio in quell’anno avevo anche bevuto il mio
primo sorso di whisky.
Era successo durante le nostre vacanze estive a Muskegon.
Mi avevano dato dei piccoli sorsi di birra anche da bambino.
Molte persone in quegli anni pensavano che la birra fosse una
bevanda sana, a metà tra un tonico e una medicina.
Le attribuivano persino una integrità morale, parlando di un’
onesto boccale di birra’.
Ma per il whisky era diverso.
Come ci dicevano i preti e gli editoriali dei giornali, il whisky
era il male in persona, e sembrava che venisse distillato all’infer-
no.
Il mio primo bicchiere me lo feci con un amico di Bluffton, Lex
Neal. A quei tempi aveva 19 anni, due più di me, poi diventò un
autore di testi di canzoni, e scrisse anche le gag per me. Era stato
appena lasciato dalla bellezza locale, ed ero indignato più io che
lui.
Ma non mi ricordo più il suo nome.
Mi ricordo che era la figlia del Commissario per gli Acquedotti
della Contea di Muskegon.
– Ti proverò che sono un amico vero,
gli dissi,
– non facendoti ubriacare da solo. Mi ubriacherò anche io.
Sembrava un giorno perfetto. Oltre alla tragedia amorosa di Lex, la
nostra squadra di baseball aveva perso l’ennesima partita. Né io né
Lex avevamo il coraggio di chiedere una bottiglia di whisky nell’
unico bar di Bluffton, la Pasco’s Tavern. Chiedemmo al signor Fe-
eney, il proprietario di un campeggio per turisti, di comprarla per
noi.
L’impresa presentava però una difficoltà, perché il campeggio –
che poi erano baracche e tende per chi voleva fare dei pcnic – era
su un rialzo del terreno alto venti metri. Si arrivava al campeggio
di Feeney salendo una traballante scala a pioli. Quando il gentile
Feeney tornò con il whisky, io e Lex bevemmo tutta la bottiglia in
due scambiandoci riflessioni filosofiche sulla perfida natura delle
donne.
Ci promettemmo anche reciprocamente di non sposarci mai, per
quanto fossero belle le ragazze che volevano intrappolarci.
Al calar della sera io ero cotto. Ma Lex, forse perché aveva avuto
qualche altra esperienza con il whisky, era in condizioni un po’
migliori delle mie.
Fece del suo meglio per aiutarmi a scendere dalla scala a pioli di
Feeney. Ma era una notte senza luna, e dopo uno scalino o due
caddi giù senza farmi male, perché la sabbia era soffice e coperta
da erba molto folta. La mia caduta fece capire a Lex che non ero
in grado di andare a casa. Mi portò a casa sua dove la madre, una
vecchia fragile donna del Sud che fumava con una pipa di tutolo,
mi mise a letto e mi aiutò, il mattino dopo, a superare i postumi
della terribile sbornia.
Dopo quell’esperienza non ho bevuto mai più il whisky fino a
quando, anni dopo, non andai soldato nella Prima guerra mon-
diale.
Per circa dieci anni la mia vita seguì lo stesso andamento, fatto di
estati di sogno a Booth Tarkington e di inverni passati a fare il clown
in giro per la nazione. Mi è sempre piaciuto esibirmi. Ma era un lavo-
ro duro, e c’erano dei momenti in cui non era molto divertente.
Per esempio capitò, era una mattina di lunedì, che dovemmo allun-
gare a un’ora e mezza il nostro show di 17 minuti mentre lo spettacolo
che veniva dopo di noi sistemava l’attrezzatura dietro le quinte.
Quell’attrezzatura era difficile da montare, lo show era una acrobazia
motociclistica chiamata ‘Il Giro della Morte del dottor Clark’.
Era un’immensa sfera fatta di strisce di acciaio poste a poca distanza
l’una dall’altra. Un motociclista vi entrava dentro, cominciava andando
piano nella parte inferiore della sfera, poi accelereva e saliva sempre
più in alto. L’apice dello spettacolo veniva quando cominciava a fare
il giro della morte, a testa in giù, dentro la sfera….
(Buster Keaton, Memorie a rotta di collo)