Precedente capitolo:
la-genesi-2.html &
una-diversa-interpretazione.html
Prosegue in:
la-genesi-3.html
Foto del blog:
la-genesi.html

Paragona a questi la dottrina 
giudaica, il giardino piantato
da dio, Adamo da lui plasmato
e quella che era la sua donna.
Dio dice: ‘Non è bene che
l’uomo sia solo; creiamogli
un aiuto che gli assomigli’,
che non lo aiutò affatto,
ma lo ingannò e fu causa
per lei stessa e per lui
della cacciata dalle delizie
del giardino.
Questa è pura favola.
Come può infatti essere logico che dio ignori che l’essere che
egli fa nascere come aiuto sarà un male piuttosto che un bene
per chi lo riceve?
Ma perché insomma ha anche dato una legge ed ha proibito
qualche cibo?
Ha infatti permesso di mangiare da ogni albero, eccetto solo
che da quello che stava nel centro del giardino. Se non ci fosse
stata una precisa prescrizione, non ci sarebbe stato peccato.
E se dio è buono, perché ha punito?
(Giuliano Imperatore, Contra Galilaeos, fr. 13,14)

….Nell’Inghilterra dei Tudor e degli Stuart s’era consolidata ormai
da tempo l’opinione che il mondo fosse stato creato per il bene dell’
uomo, e che le altre specie fossero subordinate ai suoi voleri e ai suoi
bisogni.
Il comportamento della grande maggioranza degli uomini che non si
soffermavano a riflettere su questa questione si fondava, implicitamente,
su tale presupposto.
Tuttavia i teologi e gli intellettuali che sentivano la necessità di
giustificarlo, potevano facilmente far ricorso ai filosofi classici e
alla Bibbia.
La natura non ha fatto nulla d’inutile, diceva Aristotele, e ogni cosa
ha il suo scopo. Le piante sono state create per il bene degli animali
e gli animali per il bene dell’uomo. Gli animali domestici sono stati
creati per lavorare, e quelli selvatici per essere cacciati.
Gli stoici avevano insegnato la stessa cosa: la natura esiste soltanto
per servire all’uomo.
I commentatori di epoca Tudor interpretavano la narrazione biblica
della creazione secondo questo spirito. Oggi gli studiosi individuano
dei motivi conflittuali nella narrazione della Genesi, ma il più delle
volte i teologi dell’inizio dell’età moderna non avevano alcuna difficoltà
a pervenire a una sintesi generalmente accettata.
Il giardino dell’Eden, dicevano, era un paradiso per l’uomo, nel quale
Adamo aveva il dominio, datogli da Dio, su tutte le cose viventi.
In principio l’uomo e gli animali convivevano in pace.
Probabilmente gli uomini non erano carnivori e gli animali erano
mansueti.
Con il peccato originale, però, i rapporti mutarono.
Ribellandosi a Dio, l’uomo fu privato del suo facile predominio su
altre specie.
La terra degenerò.
E dopo il diluvio universale, Dio instaurò nuovamente l’autorità
dell’uomo sul mondo animale. Da allora gli uomini furono carnivori
ed ebbero il diritto di uccidere e di mangiare gli animali, essendo
unicamente sottoposti alle consuete restrizioni alimentari.
Il dominio dell’uomo sulla natura si fondava dunque su questo
privilegio sancito dall’Antico Testamento.
Esso fu ulteriormente riaffermato dalla venuta di Cristo, il quale,
secondo alcuni commentatori, riconfermò i diritti dell’uomo sul mondo
naturale, sebbene fosse ormai possibile sostenere che soltanto i veri
cristiani rigenerati godevano legittimamente di tali diritti.
(……) Persino coloro che volevano uccidere gli animali per loro piacere
potevano, come osservava Thomas Fuller nel 1642, far riferimento al
‘privilgio del dominio dell’uomo sulle creature viventi’.
A proposito del divertimento consistente nell’aizzare dei cani contro
un orso incatenato e dei combattimenti di galli essi potevano dire:
‘Il cristianesimo ci dà il permesso per praticare questi sport’.
Nel 1735 il poeta e cacciatore William Somervile così sintetizzava
l’opinione corrente circa l’autorità dell’uomo sugli animali:
‘Le creature brute son di sua proprietà, al suo voler son serve,
e create per lui.
Le nocive egli uccide, ed alle utili
ei risparmia la vita, lor solo e volubile re’.
La teologia del tempo forniva così i fondamenti etici di quel predominio
sulla natura che, all’inizio dell’età moderna, era diventato il fine, accettato
da tutti, delle fatiche dell’uomo.
La tradizione religiosa dominante non tollerava quella ‘venerazione’
della natura ancora viva in molte religioni orientali e che lo scienziato
Robert Boyle giustamente definiva ‘uno scoraggiante ostacolo al
dominio del’uomo sulle creature inferiori’.
(……) L’incivilimento dell’uomo equivaleva dunque, in pratica, alla
conquista della natura.
Il mondo vegetale era sempre stato la fonte del nutrimento e del
combustibile; la caratteristica principale dell’Occidente, in questo
periodo, fu quella di contare in maniera singolare sulle risorse animali
per la forza lavoro, il nutrimento, l’abbigliamento e i trasporti.
(……) Nel frattempo gli scienziati e i promotori di progetti economici
del 600 prevedevano ulteriori trionfi dell’uomo sulle specie inferiori.
Per Bacone lo scopo della scienza era quello di restituire all’uomo quel
dominio che aveva in parte perduto con il peccato originale, mentre
Robert Boyle era esortato dal suo corrispondente John Beale a stabilire,
secondo l’espressione di quest’ultimo, ‘l’impero del genere umano’.
Per gli uomini di scienza formati in questa tradizione, il fine
complessivo dello studio del mondo naturale era ‘che, se si conosceva
la Natura, la si poteva dominare, governare e utilizzare al servizio della
vita dell’uomo’.
(K.Thomas, L’uomo e la natura)
Da

giulianolazzari.myblog.it

storiadiuneretico.myblog.it
pietroautier.myblog.it

lazzari.myblog.it
www.giulianolazzari.com

frammenti-in-rima.html