DA DIO A DIO (2)

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…E si mi domandassero in che modo io creda in Dio, vale

a dire come Dio si crea dentro di me e mi si rivela, forse

susciterei il sorriso, il riso o persino lo scandalo di chi mi

ascoltasse.

Io credo in Dio come credo nei miei amici, per il fatto di

sentire in me il soffio del suo affetto, e la sua mano invisibi-

le e intangibile che mi conduce, che mi guida e mi opprime,

poiché ho coscienza profonda di una provvidenza individua-

le e di una mente universale che traccia il mio stesso destino.

E il concetto – un concetto dopotutto! – non mi dice e non mi

insegna nulla.

Più volte nel corso della vita mi sono visto in bilico sul ciglio

dell’abisso, più volte mi sono trovato a un crocevia con una

moltitudine di sentieri che mi si apriva dinanzi, prendendo 

uno dei quali avrei rinunciato agli altri, giacché le strade del-

la vita sono irreversibili; e più volte in tali momenti irripetibi-

li ho sentito l’impulso di una forza cosciente, sovrana e amo-

rosa.

Può uno sentire che l’Universo lo chiama e lo guida come una

persona chiama e guida un’altra, può udire nel proprio intimo

la sua voce che senza parole ci dice:

‘Va’ e predica a tutti i popoli!’.

Come potete sapere che l’uomo che vi sta dinanzi ha una coscien-

za come la vostra e che anche un animale ne ha una, più o meno

oscura, e che invece una pietra non la possiede?

Attraverso il modo in cui l’uomo, in quanto uomo simile a voi,

si comporta nei vostri confronti, e per il fatto che la pietra non

agisce in alcun modo su di voi ma subisce soltanto la vostra

azione. Per questo dunque, credo che l’Universo abbia una co-

scienza simile alla mia, poiché con me si comporta umanamente,

e sento che una personalità mi avvolge.

Ho davanti una massa informe, simile a una creatura animale;

non ne distinguo le membra; vedo soltanto due occhi che mi

guardano con lo sguardo umano, di un mio simile, uno sguardo

che chiede la mia compassione, e sento che respira.

E concludo che in quella massa informe vi è una coscienza.

E così, e non altrimenti, il cielo stellato guarda con sguardo so-

vrumano, divino, colui che crede e chiede suprema compassione

e amore supremo; e nella notte serena senti il respiro di Dio che

ti tocca nel più profondo del cuore, e ti si rivela.

E’ l’Universo che vive, soffre, ama e chiede amore. 

(M. De Unamuno, Del Sentimento tragico della vita)

 

 

 

 

 

 

da dio a dio 2

 

DA DIO A DIO

 

da dio adio

 

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….La nostra vita si compone di più vite, e di aspirazioni,

forse ancora nel limbo del subcosciente, si compone la

nostra aspirazione vitale.

Non è sogno più assurdo di tanti altri sogni considerati

valide teorie, quello di credere che le nostre cellule, i

nostri globuli abbiano qualcosa di simile a una coscienza

o ad una base rudimentale, cellulare, globulare, di coscien-

za.

O che possano pervenire ad averla. E giacché abbiamo pre-

so la via della fantasia, possiamo fantasticare che tali cellu-

le comunichino tra di loro, e che qualcuna di esse esprima

la propria credenza di aver fatto parte di un organismo su-

periore dotato di coscienza collettiva personale.

Fantasia che si è manifestata più volte nella storia del senti-

mento umano quando qualcuno, filosofo o poeta, ha suppo-

sto che noi uomini siamo come i globuli sanguigni di un

Essere Supremo dotato di una coscienza collettiva personale,

la Coscienza dell’Universo.

E forse l’immensa via lattea, che nelle notti serene contemplia-

mo nel cielo, quell’enorme anello di cui il nostro sistema pla-

netario non è che una molecola, non è a sua volta una cellula

dell’Universo, del Corpo di Dio.

Tutte le cellule del nostro corpo cospirano e concorrono con 

la loro attività a tenere in vita e ad accendere la nostra coscien-

za, la nostra anima; e se le coscienze e le anime di tutte le cel-

lule entrassero interamente nella nostra, nella componente,

se io avessi coscienza di tutto quello che avviene nel mio or-

ganismo corporale, sentirei scorrere in me l’universo, e forse

svanirebbe la dolorosa percezione dei miei limiti.

E se tutte le coscienze di tutti gli esseri confluiscono per intero

nella coscienza universale, questa, vale a dire Dio, è tutto.

(M. De Unamuno, Del sentimento tragico della vita)

 

 

 

 

 

 

da dio adio

  

CORO ESTATICO DI SCIAMANI (1)

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Consulta anche:

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sciamanosiberiano.jpg

 

 

 

 

Sciamano della sacra tenda!

Forte, assai forte, forte sciamano!

Grande, grande sciamano!

Grande sciamano della sabbiosa lingua di terra!

Sciamano, lo sciamano!

Sciamano che fuggi (gli spiriti)!

Che cosa ha detto, lo sciamano?

Che cosa ha detto, lo sciamano?

Che cosa dice, lo sciamano?

Che cosa dice, lo sciamano?

Sciamano della sabbiosa lingua di terra!

Sciamano dell’azzurrognola lingua di terra!

Sciamano che canti!

Sciamano della sabbiosa lingua di terra!

Sciamano che canti!

Sciamano dell’azzurrognola lingua di terra!

Che cosa chiede, lo sciamano?

Sciamano ricurvo!

Che cosa desidera lo sciamano,

il grande sciamano in persona?

Grande sciamano della sabbiosa lingua di terra!

Dove va lo sciamano?

Sciamano del dorso della scure!

Sciamano della sabbiosa lingua di terra!

Sciamano della sabbiosa lingua di terra!

Dove vuole andare lo sciamano?

Com’è in realtà, lo sciamano?

Che cosa dice, lo sciamano?

Com’è in realtà, lo sciamano?

Sciamano che cerchi!

Sciamano ricurvo!

Dove vuole andare lo sciamano?

Di quale città è lo sciamano?

Dove vuole andare lo sciamano?

Di quale città lo sciamano?

Che cosa cerca, lo sciamano?

Che cosa cerca questo sciamano?

 

 

 


sciamano5.jpg

 

EREMITI NELLA TAIGA (17)

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eremiti nella taiga 17

 

 

 

 

 

 

– ….Karp Osipovic, li avete visti i giornali col racconto sulla vostra

vita?

– Come no, come no, Erofej ci ha fatto avere scrupolosamente tutto.

Il vecchio mi accompagna verso una catasta di legna ammucchiata

sotto la tettoia dell’izba, infila la mano fra due tronchi e prende un

rotolo di carta legata con lo spago, dei numeri ingialliti della ‘Kom-

somolka’ dell’anno passato.

– E’ riuscito a leggerli?

Il vecchio rispose semplicemente che non ci era riuscito. 

 

eremiti nella taiga 17

 

– Queste lettere sono come perline. Gli occhi lacrimano dallo sforzo.

Per la stessa ragione, e anche per ….’l’incomprensibilità delle paro-

le’, nemmeno Agaf’ja era riuscita a leggere la pubblicazione che ave-

va fatto tanto rumore nel ‘mondo’.

Il luogo di conservazione dei giornali e due o tre parole casuali da-

vano ragione di pensare che avevano ritenuto peccaminoso leggerli.

Ma il contenuto della ‘Vita’ gli era stato evidentemente raccontato

nei particolari.

– La mamma però non si arrampicava sugli alberi. Aveva paura,

rise Agaf’ja rimproverando la mia inesattezza. 

 

eremiti nella taiga 17

 

 – Adesso gli uomini sanno come vivete…. 

Questa circostanza era stata evidentemente discussa e dovevano 

essere giunti alla conclusione che non c’era nulla di male.

– Abbiamo scoperto dei parenti….

Sempre dalla catasta Agaf’ja prese allora una fotografia ingiallita,

molto gualcita. La foto raffigurava due donne e due enormi uomi-

ni. barbuti. Agaf’ja aveva scoperto di avere dei cugini per parte 

di madre.

– Scommetto che vi invitano a vivere in Sorja?

– Edak, edak, ci invitano. Ma noi non possiamo. Loro vivono come

nel mondo.

– E le foto perché la tenete col legname? Nell’izba si conservereb-

be meglio.

– Non si può!

disse il vecchio.

– Non si può tenere questo sotto lo stesso tetto….accanto al volto di

….Dio!!

 

eremiti nella taiga 17

 

Ecco come erano andate le cose con le parole ‘scritte come perline’

e con le varie effigi. Per non dover tornare sull’argomento presi lo

zaino e ne tolsi il regalo che il giorno prima avevo indugiato a con-

segnare. In un pacchetto di cartone erano state imballate le foto

e il numero della rivista.

‘Foto sovietica’ col racconto di come laggiù fosse complicato fare

delle foto. 

(Prosegue in Pagine di Storia) 

  

 

 

 

 

eremiti nella taiga 17

 

IL DOGMA (…una Epistola)

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il dogma (una espistola)

 

 

 

 

 

 

Poiché sembrava che Iddio non mi avesse concesso minor grazia

nella conoscenza della Divina Scrittura che nella cultura secolare,

i miei allievi in entrambe le discipline cominciarono a moltiplicar-

si mentre quelli degli altri andavano riducendosi sensibilmente.

Perciò soprattutto suscitai contro di me l’invidia e l’odio degli

altri maestri. Essi cercavano di sminuirmi in tutto ciò in cui pote-

vano farlo, ma due cose mi rinfacciavano soprattutto in mia as-

senza:  che è contrario alla condizione del monaco dedicarsi allo

studio dei testi secolari e che avevo avuto la presunzione di ac-

costarmi senza maestro all’insegnamento dei testi sacri; e cerca-

vano di incitarmi continuamente contro i vescovi, arcivescovi e

ogni persona che avesse una carica religiosa perché mi interdi-

cessero dalla pratica dell’insegnamento.

Mi accadde poi di impegnarmi a discutere il fondamento della

nostra fede con similitudini accessibili alla ragione e di prepa-

rare un trattato di teologia sull’unità e la trinità divina per i miei

discepoli, che chiedevano ragionamenti umani e filosofici e più

cose da capire che da dire, sostenendo che era tutto superflua

una proluvie di parole che non fosse sostenuta dalla comprensio-

ne, che non si poteva credere niente se prima non li fosse capito

e che era ridicolo che uno predicasse agli altri ciò che né lui né

quelli cui insegnava erano in grado di comprendere con il loro

intelletto.

Dio stesso, d’altra parte, ci rimprovera di essere ‘ciechi, guide di

ciechi’. Avendo moltissimi visto e letto questo trattato, cominciò

a piacere molto a tutti perché sembrava dare una risposta adegua-

ta a tutte le questioni inerenti questo argomento. E poiché proble-

mi sembravano più difficili di ogni altro e quanto più difficili 

erano tanto più sottile veniva giudicata la loro soluzione, i miei

avversari, travolti dall’invidia, fecero riunire un concilio contro

di me e mi invitarono a portare con me quella famosa opera che

avevo composto sulla trinità.

Ma prima che arrivassi, due dei suddetti miei rivali mi diffamaro-

no a tal punto tra il clero e il popolo che io e i pochi ……

(prosegue in pagine di storia…) 

 

 

 

 

il dogma (una espistola)

  

LA GENESI (6)

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la genesi 5

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la genesi 7 &

l’ordine divino

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Da:

i miei libri &

Frammenti in rima

 

 

la genesi 6

 

 

 

 

 

 

Anche Karl Marx e Friedrich Engels, nonostante le loro idee

rivoluzionarie, si attennero all’antico dettame della conquista

della natura.

Secondo Marx , la realizzazione della felicità sarebbe stata

opera dei socialisti in grado di:

 

Regolare in maniera razionale l’interscambio materiale con la natura

posta sotto il controllo della collettività, invece che lasciata libera

di governare gli uomini come forza cieca.

Engels aggiunse che, con il socialismo, gli uomini sarebbero

diventati, per la prima volta:

 

I veri signori della natura, in quanto e nel momento in cui sarebbero

diventati signori del loro stesso processo di socializzazione. 

 

Altri pensatori marxisti ripresero lo stesso tema e lo elevarono

a fine ultimio della società comunista ideale. Ad esempio, negli

anni Cinquanta Maurice Cornforth propugnò una versione

dell’ideologia del dominio e della supremazia umane almeno

altrettanto assoluta di quelle contenute nella ‘Genesi’, nel 

pensiero di Tommaso d’Aquino, di Bacone e di tutti i loro

seguaci.

Cornforth, in un brano intitolato ‘Man’s Mastery of Nature’,

scrive:

 

E’ il dominio sulla natura, conseguito tramite il lavoro razionale, che

distingue il modo di vivere dell’uomo da quello degli animali inferiori.

L’incremento del livello di dominio sulla natura è infatti il significato

fondamentale del progresso materiale.

Padroneggiando le forze naturali l’uomo impara le leggi con cui la

natura opera e può piegarle al suo servizio. Così facendo, le

trasformiamo da nemiche a serve.

In una società comunista, gli uomini progrediscono senza incontrare

ostacoli nella conoscenza e nel controllo delle forze naturali, nel loro

sfruttamento, nel rifacimento dell’intera natura, nella coperazione con

essa al fine di rendere il mondo un mondo umano, dato che l’umanità

è il frutto più elevato della natura.

(J. Mason, Un mondo sbagliato)

 

 

 

 

 

la genesi 6

  

LA GENESI (4)

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la genesi 3

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l’ordine divino

un diverso punto di vista

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la genesi 4

 

 

la genesi 4

 

 

 

 

 

 

Gli uomini, nonostante tutto, si moltiplicano e il mondo si

riempe oltre che di persone, anche di problemi.

Dio, allora, si pente di aver creato l’uomo e decide di mandare

un diluvio per distruggerlo insieme al bestiame, agli uccelli del

cielo e agli altri animali. Dio risparmia solo Noè, la sua famiglia

e una coppia di animali per ogni specie che fa salire sull’arca

costruita in legno di cipresso e divisa in vari scomparti come

Dio ha ordinato allo stesso Noè.

Dopo il Diluvio, per la terza volta, Dio accorda agli  esseri umani

il dominio su tutta la terra. Dio stipula con Noè, la sua famiglia

e tutti gli esseri umani un accordo solenne, una sacra Alleanza,

che definisce chiaramente quale deve essere il fondamento della

relazione che gli umani dovrebbero instaurare con tutti gli 

animali:

 

Il timore e il terrore di voi sia in tutte le bestie selvatiche e in tutto il

bestiame e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e 

tutti i pesci del mare sono messi in vostro potere.

 

Alcuni sostengono che la Caduta, il Diluvio e l’Alleanza segnino

la fine dell’ ‘età dell’oro’, quando la vita era pacifica e quando

umani e animali non erano violenti.

Disquisire, però, se l’età dell’oro o meno esista, significherebbe

perdere di vista il significato fondamentale del nostro mito

della creazione e cioè che qualcosa di grave e doloroso ha

trasformato l’esistenza umana.

Il mito più importante della nostra civiltà riflette la consapevolezza

di essere passati attraverso un importante periodo di transizione,

periodo che ha comportato enormi cambiamenti dello stile di

vita.

Alcuni ritengono che le più antiche versioni orali di questo mito 

furono tramandate già dalle fasi iniziali dell’epoca dell’agricoltu-

ra, quando permanevano ancora tracce molto importanti della

cultura e dei costumi dei primi raccoglitori.

Il nostro mito della creazione esprime essenzialmente l’intensa 

nostalgia dei primi popoli dediti all’agricoltura per il modo in

cui erano vissuti in precedenza, per lo stile di vita più semplice

e più libero dei raccoglitori.

(J. Mason, Un mondo sbagliato)

 

 

 

 

 

la genesi 4

   

L’UOMO E LA NATURA

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l'uomo e la natura

 

 

 





Paragona a questi la dottrina                                     87ujnju78.jpg

giudaica, il giardino piantato

da dio, Adamo da lui plasmato

e quella che era la sua donna.

Dio dice: ‘Non è bene che

l’uomo sia solo; creiamogli

un aiuto che gli assomigli’,

che non lo aiutò affatto,

ma lo ingannò e fu causa

per lei stessa e per lui

della cacciata dalle delizie

del giardino.

Questa è pura favola.

Come può infatti essere logico che dio ignori che l’essere che

egli fa nascere come aiuto sarà un male piuttosto che un bene

per chi lo riceve?

Ma perché insomma ha anche dato una legge ed ha proibito

qualche cibo?

Ha infatti permesso di mangiare da ogni albero, eccetto solo

che da quello che stava nel centro del giardino. Se non ci fosse

stata una precisa prescrizione, non ci sarebbe stato peccato.

E se dio è buono, perché ha punito?

(Giuliano Imperatore, Contra Galilaeos, fr. 13,14)

 

l'uomo e la natura (1)


….Nell’Inghilterra dei Tudor e degli Stuart s’era consolidata ormai

da tempo l’opinione che il mondo fosse stato creato per il bene dell’

uomo, e che le altre specie fossero subordinate ai suoi voleri e ai suoi

bisogni.

Il comportamento della grande maggioranza degli uomini che non si

soffermavano a riflettere su questa questione si fondava, implicitamente,

su tale presupposto.

Tuttavia i teologi e gli intellettuali che sentivano la necessità di

giustificarlo, potevano facilmente far ricorso ai filosofi classici e

alla Bibbia.

La natura non ha fatto nulla d’inutile, diceva Aristotele, e ogni cosa

ha il suo scopo. Le piante sono state create per il bene degli animali

e gli animali per il bene dell’uomo. Gli animali domestici sono  stati

creati per lavorare, e quelli selvatici per essere cacciati.

Gli stoici avevano insegnato la stessa cosa: la natura esiste soltanto

per servire all’uomo.

I commentatori di epoca Tudor interpretavano la narrazione biblica

della creazione secondo questo spirito. Oggi gli studiosi individuano

dei motivi conflittuali nella narrazione della Genesi, ma il più delle

volte i teologi dell’inizio dell’età moderna non avevano alcuna difficoltà

a pervenire a una sintesi generalmente accettata.

Il giardino dell’Eden, dicevano, era un paradiso per l’uomo, nel quale

Adamo aveva il dominio, datogli da Dio, su tutte le cose viventi.

In principio l’uomo e gli animali convivevano in pace.

Probabilmente gli uomini non erano carnivori e gli animali erano

mansueti.

Con il peccato originale, però, i rapporti mutarono.

Ribellandosi a Dio, l’uomo fu privato del suo facile predominio su

altre specie.

La terra degenerò.

E dopo il diluvio universale, Dio instaurò nuovamente l’autorità

dell’uomo sul mondo animale. Da allora gli uomini furono carnivori

ed ebbero il diritto di uccidere e di mangiare gli animali, essendo

unicamente sottoposti alle consuete restrizioni alimentari.

Il dominio dell’uomo sulla natura si fondava dunque su questo

privilegio sancito dall’Antico Testamento.

Esso fu ulteriormente riaffermato dalla venuta di Cristo, il quale,

secondo alcuni commentatori, riconfermò i diritti dell’uomo sul mondo

naturale, sebbene fosse ormai possibile sostenere che soltanto i veri

cristiani rigenerati godevano legittimamente di tali diritti.

(……) Persino coloro che volevano uccidere gli animali per loro piacere

potevano, come osservava Thomas Fuller nel 1642, far riferimento al

‘privilgio del dominio dell’uomo sulle creature viventi’.

A proposito del divertimento consistente nell’aizzare dei cani contro

un orso incatenato e dei combattimenti di galli essi potevano dire:

‘Il cristianesimo ci dà il permesso per praticare questi sport’.

Nel 1735 il poeta e cacciatore William Somervile così sintetizzava

l’opinione corrente circa l’autorità dell’uomo sugli animali:

‘Le creature brute son di sua proprietà, al suo voler son serve,

e create per lui.

Le nocive egli uccide, ed alle utili

ei risparmia la vita, lor solo e volubile re’.

La teologia del tempo forniva così i fondamenti etici di quel predominio

sulla natura che, all’inizio dell’età moderna, era diventato il fine, accettato

da tutti, delle fatiche dell’uomo.

La tradizione religiosa dominante non tollerava quella ‘venerazione’

della natura ancora viva in molte religioni orientali e che lo scienziato

Robert Boyle giustamente definiva ‘uno scoraggiante ostacolo al

dominio del’uomo sulle creature inferiori’.

(……) L’incivilimento dell’uomo equivaleva dunque, in pratica, alla

conquista della natura.

Il mondo vegetale era sempre stato la fonte del nutrimento e del

combustibile; la caratteristica principale dell’Occidente, in questo

periodo, fu quella di contare in maniera singolare sulle risorse animali

per la forza lavoro, il nutrimento, l’abbigliamento e i trasporti.

(……) Nel frattempo gli scienziati e i promotori di progetti economici

del 600 prevedevano ulteriori trionfi dell’uomo sulle specie inferiori.

Per Bacone lo scopo della scienza era quello di restituire all’uomo quel

dominio che aveva in parte perduto con il peccato originale, mentre

Robert Boyle era esortato dal suo corrispondente John Beale a stabilire,

secondo l’espressione di quest’ultimo, ‘l’impero del genere umano’.

Per gli uomini di scienza formati in questa tradizione, il fine

complessivo dello studio del mondo naturale era ‘che, se si conosceva

la Natura, la si poteva dominare, governare e utilizzare al servizio della

vita dell’uomo’.

(K.Thomas, L’uomo e la natura)

Da 

l'uomo e la natura (1)

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l'uomo e la natura (1)

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l'uomo e la natura (1)

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l'uomo e la natura

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Arcimboldo7.jpg

LA GENESI

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l’ordine divino

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la genesi

 

 

la genesi

 

 

 

 

 

 

In ‘Scienza e dominio’ William Leiss sostiene che:

 

L’aspetto che accumuna le principali religioni del mondo antico è

la credenza che in natura oggetti e luoghi siano dotati di ‘spirito’.

Gli ‘spiriti’ devono essere venerati al fine di scongiurare la malasorte;

prima di impadronirsi e di utilizzare un oggetto naturale, l’uomo deve

placare gli spiriti con dono e pratiche rituali.

La religione giudaico-cristiana sostiene, invece, che lo ‘spirito’ è separato

dalla natura e la governa dall’esterno e insegna che l’uomo partecipa,

almeno in parte, della trascendenza divina rispetto alla natura.

Solo l’uomo tra tutti gli esseri viventi in questa terra è dotato di spirito

e, pertanto, non deve temere l’esistenza di una volontà contrastante

della natura.

La Bibbia sembra sostenere che la terra è destinata a servire esclusivamente

i fini dell’uomo.

Leiss continua citando un passo di un famoso saggio del 1967

dello storico Lynn White, intitolato ‘The Historical Roots of

Our Ecologic Crisis’ laddove questi afferma:

 

Grazie all’eliminazione dell’animismo pagano, il Cristianesimo rese possibile

lo sfruttamento della natura in un clima di totale indifferenza nei confronti

degli enti naturali.

In realtà, il Cristianesimo non si limitò soltanto a rendere possibile

tale sfruttamento, ma ne ordinò anche la realizzazione. Come scrive

White:

 

Il Cristianesimo non solo stabilì il dualismo uomo/natura, ma sostenne

fermamente l’idea secondo cui Dio stesso sancisce lo sfruttamento della

natura da parte dell’uomo al fine di soddisfare i propri interessi.

 

Tuttavia, sia Leiss che White si sbagliano su un punto: l’ideologia

del dominio non nacque con il Cristianesimo e neppure con l’

Ebraismo, ma molto prima: esisteva già quando furono scritte

le pagine più antiche della Bibbia.

La maggior parte di noi ha tuttavia appreso l’idea del ‘dominio

dell’uomo’ su tutti gli esseri viventi grazie ad alcuni passi dell’

Antico Testamento e, più in particolare, della ‘Genesi’, che viene

spesso citata, anche se erroneamente, come l’origine dell’ideologia

del dominio. Anche se non può esserne considerata l’origine in

senso materiale, la ‘Genesi’ ne è certamente l’origine dal punto

di vista culturale; essa è infatti unanimamente considerata il testo

sacro che sancisce il principale diritto accordato da Dio all’

umanità, quello del dominio assoluto su tutto il creato.

(Prosegue in pagine di storia)

 

 

 

 

 

la genesi

 

UNA CESTA DI FICHI

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una cesta di fichi

 

 

 

 

 

 

Secondo Ateneo il titano Sykéus (da syké, fico), per sottrarsi

a Zeus che lo stava inseguendo, si sarebbe rifugiato presso

la madre Gea, la Terra (bentornata-terra).

La dea avrebbe poi fatto sorgere dal suo grembo l’albero che

ricorda il figlio nel nome.

In un altro mito attinto da Ferenico lo stesso Ateneo racconta

che il fico ebbe il nome da Syké, figlia della primordiale cop-

pia, Oxylos e un’amadriade, dalla quale discese tutto il mondo

vegetale.

Pausania narrava, a sua volta, nella ‘Guida della Grecia’ che

sulla via di Eleusi si vedeva un tempio dedicato a Demetra 

e a sua figlia: ‘Si dice che in questo luogo Phytalos accoglies-

se in casa Demetra e che la dea gli donasse come ricompensa

la pianta del fico’.

I discendenti del primo fichicoltore, i Phytalìdai, formavano

un collegio sacerdotale destinato a funzioni purificatrici nell’

ambito della religione eleusina.

Lo stesso Pausania racconta che furono essi a liberare Teseo

dall’impurità dovuta all’uccisione di alcuni briganti fra cui Si-

ni, imparentato con lui attraverso Pitteo. Lo purificarono su

un antico altare dedicato a Zeus Meilìchios (ovvero ‘dolce’), al

quale, durante le Diaàsia, la grande festa in suo onore, veniva-

no offerti i ‘melikìa, cibi dolci come il miele e probabilmente

fichi.

Melìchios era chiamato a Nasso anche Dionisio che, secondo

un altro mito, avrebbe donato agli uomini il fico: per questo

motivo nel culto dionisico dell’isola la maschera rituale del

dio era intagliata nel legno. 

(prosegue….)

 

 

 

 

 

una cesta di fichi