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Il popolo degli Unni,
poco noto agli antichi storici, abita al di là delle paludi Meotiche
lungo l’Oceano glaciale e supera ogni limite di barbarie.
Siccome hanno l’abitudine di solcare profondamente con un col-
tello le gote ai bambini appena nati, affinché il vigore della barba,
quando spunta al momento debito, si indebolisca a causa delle ru-
ghe delle cicatrici, invecchiano imberbi, senz’alcuna bellezza e
simili ad eunuchi.
Hanno membra robuste e salde, grosso collo e sono stranamente
brutti e curvi, tanto che si potrebbe ritenere animali bipedi o si-
mili a quei tronchi grossolanamente scolpiti che si trovano sui
parapetti dei ponti.
Per quanto abbiano la figura umana, sebbene deforme, sono così
rozzi nel tenor di vita da non aver bisogno né di fuoco né di cibi
conditi, ma si nutrono di radici di erbe selvatiche e di carne se-
micruda di qualsiasi animale, che riscaldano per un po’ di tem-
po fra le loro cosce ed l dorso dei cavalli.
Non sono mai protetti da alcun edificio, ma li evitano come
tombe separate dalla vita d’ogni giorno. Neppure un tugurio
con il tetto di paglia si può trovare presso di loro, ma vagano
attraverso montagne e selve, abituati sin dalla nascita a sop-
portare geli, fame e sete.
Quando sono lontani dalle loro sedi, non entrano nelle case a
meno che non siano costretti da estrema necessità né ritengo-
no di essere al sicuro trovandosi sotto ad un tetto.
Adoperano vesti di lino oppure fatte di pelli di topi selvatici,
né dispongono di una veste per casa e di un’altra per fuori.
Ma una volta che abbiano fermato al collo una tunica di co-
lore appassito, non la depongono né la mutano finché, logo-
rata dal lungo uso, non sia ridotta a brandelli.
Usano berretti ricurvi e coprono le gambe irsute con pelli
caprine e le loro scarpe, poiché non sono state precedente-
mente modellate, impediscono di camminare liberamente.
Per questa ragione sono poco adatti a combattere a piedi,
ma inchiodati, per così dire, su cavalli forti, anche se de-
formi, e sedendo su di loro alle volte come le donne, atten-
dono alle consuete occupazioni.
Stando a cavallo notte e giorno ognuno in mezzo a questa
gente acquista e vende, mangia e beve, appoggiato sul corto
collo del cavallo, si addormenta così profondamente da ve-
dere ogni varietà di sogni.
E nelle assemblee in cui deliberano su argomenti importanti,
tutti in questo medesimo atteggiamento discutono degli inte-
ressi comuni.
Non sono retti secondo un severo principio monarchico, ma,
contenti della guida di un capo qualsiasi, travolgono tutto ciò
che si oppone a loro.
Combattono alle volte se sono provocati ed ingaggiano bat-
taglia in schiere a forma di cuneo con urla confuse e feroci.
E come sono armati alla leggera ed assaltano all’improvviso
per essere veloci, così, disperdendosi a bella posta in modo
repentino, attaccano e corrono qua e là in disordine e provo-
cano gravi stragi.
Senza che nessuno li veda, grazie all’eccissiva rapidità attac-
cano il vallo e saccheggiano l’accampamento nemico.
Potrebbero poi essere considerati senz’alcuna difficoltà i più
terribili fra tutti i guerrieri poiché combattono a distanza con
giavellotti forniti, invece d’una punta di ferro, di ossa aguzze
che sono attaccate con arte meravigliosa, e, dopo aver percor-
so rapidamente la distanza che li separa dagli avversari, lot-
tano a corpo a corpo con la spada senz’alcun riguardo per la
propria vita.
Mentre i nemici fanno attenzione ai colpi di spada, quelli
scagliano su di loro lacci in modo che, legate le membra de-
gli avversari, tolgono loro la possibilità di cavalcare o di
camminare.
Nessuno fra loro ara né tocca mai la stiva di un aratro.
Infatti tutti vagano senza aver sedi fisse, senza una casa o
una legge o uno stabile tenor di vita.
Assomigliano a gente in continua fuga sui carri che fungono
loro da abitazione. Quivi le mogli tessono loro le orribili vesti,
qui si accoppiano ai mariti, qui partoriscono ed allevano i fi-
gli sino alla pubertà. Se s’interrogano sulla loro origine, nessu-
no può dare una risposta, dato che è nato in luogo ben lonta-
no da quello in cui è stato concepito ed in una località diversa
è stato allevato.
Sono infidi ed incostanti nelle tregue, mobilissimi ad ogni sof-
fio di una nuova speranza e sacrificano ogni sentimento ad
un violentissimo furore.
Ignorano profondamente, come animali privi di ragione, il
bene ed il male, sono ambigui ed oscuri quando parlano, né
mai sono legati dal rispetto per una religione o superstizio-
ne, ma ardono d’una immensa avidità d’oro.
A tal punto mutevoli di temperamento e facili all’ira che
spesso in un sol giorno, senza alcuna provocazione, più
volte tradiscono gli amici e nello stesso modo, senza biso-
gno che alcuno li plachi, si rappacificano.
(Ammiano Marcellino, Rerum gestarum libri)