I BENEFICI DELLA BIODIVERSITA’ DELLE PIANTE (41)

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Studiando i reperti fossili, i paleontologi hanno identificato

cinque episodi di estinzione di massa in un miliardo e mez-

zo di anni di evoluzione, il più recente dei quali avvenuto cir-

ca 65 milioni di anni fa, alla fine del Cretaceo, con la scom-

parsa dei dinosauri.

Le prime estinzioni di massa colpirono gli invertebrati ma-

rini e altre specie animali, mentre la flora subiva scarsi con-

traccolpi da questi episodi. In effetti, la diversificazione che

diede origine alle piante da fiore – che costituiscono oggi

quasi il 90% delle specie vegetali terrestri – avvenne a par-

tire dal Cretaceo; quindi sono piuttosto recenti in termini e-

volutivi. 

Nell’attuale estinzione di massa, invece, le specie vegetali

subiscono perdite senza precedenti.

Uno studio su base mondiale del 1997, ha rilevato che dalle

240 mila specie esaminate, una su otto è a rischio di estin-

zione. Questo conteggio comprende specie a rischio, spe-

cie decisamente vulnerabili e specie così rare in natura o

così poco conosciute da essere minacciate dai disequili-

bri ecologici.

Oltre il 90% delle specie a rischio sono endemiche di un

solo paese, cioè introvabili in altre zone. La maggior parte

delle specie vegetali a rischio appartiene agli Stati Uniti, al-

l’Australia e al Sudafrica: questo è in parte dovuto al fatto

che la flora di questi paesi è molto più nota di quella di altri

paesi altrettanto ricchi di specie.

Sappiamo bene infatti quante piante sono diventate a ri-

schio di estinzione da quando la macchia di salvia e le pra-

terie perenni della California sono state cementificate o

coltivate, ma non sappiamo quante specie siano state per-

se mano a mano che le piantagioni di caffè e i pascoli han-

no preso il posto delle foreste dell’America Centrale, oppu-

re via via che le foreste pluviali dei bassopiani dell’Indone-

sia e della Malesia sono state sostituite da piantagioni di

palme e di alberi da taglio. 

Non sono soltanto singole specie, ma intere famiglie ed eco-

sistemi a confrontarsi con l’estinzione. Le foreste di alloro del-

le Ande, le foreste di querce della Colombia, le brughiere del-

l’Australia occidentale, le foreste stagionalmente aride delle i-

sole del Pacifico della nuova Caledonia, sono state tutte so-

vrasfruttate dall’uomo.

Nel sud-est della Florida intere famiglie di piante, come quelle

a legno duro delle macchie subtropicali o quelle delle pinete dei

terreni, sono ormai circoscritte in minuscoli appezzamenti all’in-

terno di una distesa di centri suburbani, campi di canna da zuc-

chero e agrumeti. Questi residui insostituibili di ciò che era un

tempo il sud-est della Florida vengono oggi mantenuti in vita

grazie al costante controllo dell’uomo che tenta di arginare l’in-

vasità delle piante esotiche, come il pepe brasiliano e la ca-

suarina australiana. 

Si ha perdita di biodiversità anche quando scompaiono cep-

pi genetici all’interno delle specie.

L’importanza della biodiversità è soprattutto evidente se si

prende in esame il problema della nostra alimentazione. Cir-

ca un terzo delle specie vegetali offre frutti, tuberi, noci, semi,

foglie, fusti o radici commestibili.

Per i nove decimi della storia umana in cui l’uomo è vissuto di

caccia e di raccolta, la cultura media doveva avere conoscen-

za di parecchie centinaia di specie di piante commestibili che

potessero fornire sostentamento. Ancora oggi gli alimenti sel-

vatici integrano la dieta di milioni di persone in tutto il mondo

rurale povero, soprattutto durante le stagioni meno favorevoli.

In Nigeria per esempio, le donne Tuareg mietono il panìco e

il miglio shama dei terreni desertici durante la migrazione sta-

gionale delle mandrie.

Nelle regioni rurali del nord-est della Tailandia, durante la sta-

gione delle piogge gli alimenti selvatici raccolti nella foresta e

ai margini dei campi forniscono la metà del cibo a disposizio-

ne dei villaggi.

Nei mercati della città di Iquito, nell’Amazzonia peruviana, si

vendono i frutti di circa 60 specie selvatiche di alberi, arbusti e

vitigni e si calcola che gli abitanti delle vicine zone rurali traggo-

no un decimo della loro alimentazione dai frutti selvatici.

Negli ultimi 5-10 millenni, l’uomo ha coltivato gran parte del pro-

prio cibo. L’agricoltura ha avuto inizio in modo indipendente nel-

le diverse regioni, via via che gli uomini cominciavano a vivere a

più stretto contatto gli uni con gli altri, abbandonando il nomadi-

smo e affidando la produzione alimentare alle piante più adatte al-

le ripetute semine e mietiture. 

(Worldwatch Institute)

 

 

 

 

 

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I BENEFICI DELLA BIODIVERSITA’ DELLE PIANTE (41)ultima modifica: 2013-12-22T00:02:00+01:00da giuliano106
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