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In questo modo personalizzato, individuale, ognuno dei
fucilatori uccideva in genere dai 5 ai 10 ebrei, per lo più
vecchi, donne e bambini.
I circa 30 uomini del plotone del tenente Kurt Drucker, II
Compagnia, per esempio, nell’arco di tre-quattro ore am-
mazzarono dai 300 ai 400 ebrei. Fra una scarica e l’altra si
concedevano qualche pausa per riposare, riprendersi e
fumare una sigaretta.
Diversamente dalle procedure tipiche delle operazioni omi-
cide dei tedeschi, gli uomini del Battaglione 101 non costrin-
sero gli ebrei a spogliarsi, né raccolsero gli oggetti di valore:
quel giorno il loro pensiero fisso era su un’unica missione.
In tutto, tra il massacro incontrollato nel ghetto e le esecuzio-
ni metodiche nei boschi, i tedeschi uccisero qualcosa come
1200 ebrei, forse qualche centinaio in più.
Lasciarono i cadaveri dove stavano, per le strade di Jozefow
o nei boschi circostanti; ci pensasse il sindaco polacco, a orga-
nizzare la sepultura.
Quale effetto avevano gli eccidi sugli assassini?
Che vi si dedicassero con zelo è fuori di dubbio, considerando
l’efficacia dei risultati. Alcuni provavano raccapriccio, ma non
tutti. Uno di loro ricorda con particolare chiarezza un episodio
di quella giornata:
Per ordine del sergente Steinmetz, gli ebrei furono portati nei boschi.
Noi andammo con loro. Dopo circa 200 metri Steinmetz ordinò agli
ebrei di distendersi a terra, in fila. Vorrei dire a questo punto che era-
no solo donne e bambini; soprattutto donne, e bambini sui dodici an-
ni…
Io dovevo sparare a una vecchia, aveva più di 60 anni. Ricordo anco-
ra che la vecchia mi chiese se avrei fatto presto…
Accanto a me c’era Koch…Lui doveva sparare a un ragazzino, circa
dodici anni. Ci avevano detto chiaramente che si deveva tenere la can-
na del fucile ad almeno 15 centimetri dalla testa; ma evidentemente
Koch non lo fece, e mentre ce ne andavamo dal luogo dell’esecuzione,
i camerati mi presero in giro perché avevo la manica imbrattata di
materia cerebrale del ragazzino.
Io chiesi perché ridessero, e Koch, indicando la mia manica: ‘Quella
è del mio; ha già smesso di agitarsi’.
Lo disse con un evidente tono di vanteria….
(D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler)