NATURA DEL CAOS (motivi storici e sociali)

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conquista puritana

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Dialoghi con Pietro Autier 2 &

gli occhi di Atget

Riti, sacrifici, e violenza in:

il motivo del sacrificio

il motivo del sacrificio (2)



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Quando alla fine del XV secolo l’Europa si accinse a espander-

si oltre i propri confini, era un continente assai diversificato.

L’Italia stava vivendo allora il suo Rinascimento, ma non fu

questo paese il punto di partenza per le grandi esplorazioni

geografiche.

Gli stati che si affacciavano sull’Atlantico e che avrebbero pre-

sto fondato imperi oltremare godevano solo in minima parte

dello splendore artistico e della vivacità culturale dell’Italia.


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La Spagna e il Portogallo erano profondamente radicati nelle

istituzioni e nella cultura feudali. La monarchia francese era

appena uscita vittoriosada lunghi ed estenuanti conflitti con

il regno inglese e il ducato di Borgogna, mentre in Inghilterra

i Tudor avevano appena iniziato la ricostruzionesulle rovine

che avevano ereditato dalla Guerra delle Due Rose.

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Sebbene oggi si riescano a scorgere in quel periodo i primi germi

dell’epoca moderna, i popoli dell’Europa occidentali destinati a

divenire grandi potenze conoscevano solo il passato da cui pro-

venivano, fatto di ideali, comportamenti e aspettative ancora so-

stanzialmente feudali.

Quando gli Europei diedero inizio ai loro mirabili viaggi di esplo-

razione verso ‘nuovi’ favolosi mondi, non potevano che esporta-

re l’unico bagaglio culturale di cui erano in possesso; gli strumen-

ti culturali e istituzionali con cui conquistarono e colonizzarono

le nuove terre erano gli stessi che già conoscevano in patria.

Impegnati su migliaia di fronti diversi, gli Europei sbarcarono

con successo approfittando della superiorità tecnologica data lo-

ro dalle navi e dalle armi da fuoco, per poi imporre alle società

dei popoli indigeni i modelli che i conquistatori già ben conosce-

vano.


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I teologi medievali avevano insegnato che il risultato di una con-

quista poteva essere legittimato solo nel caso in cui la guerra vin-

ta sul campo fosse stata una guerra giusta. Per gli ambiziosi signo-

ri e condottieri feudali poteva essere talvolta difficile adattare al-

le opportunità contingenti le condizioni che definivano una giusta

guerra, ma si preferiva evitare di contravvenire troppo apertamen-

te a questa dottrina per non dare alcun vantaggio al nemico.

Le difficoltà aumentavano quando candidati alla sottomissione e-

rano dei popoli che abitavano dalla parte opposta del globo; non

era facile dichiarare una guerra giusta e difensiva contro un nemi-

co che non si era mai avvicinato a meno di mille miglia dai propri

confini.

Fortunatamente vi era un precedente a favore: le Crociate aveva-

no infatti chiaramente affermato il principio secondo cui una guer-

ra condotta nell’interesse della Santa Chiesa era di per sé giusta.


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Tale principio era ancora estremamente attuale agli estremi confini

dell’Europa sotto il dominio dell’Islam. Quando nel 1453 la conqui-

sta ottomana di Costantinopoli minacciò l’invasione mussulmana

di tutti i Balcani e diede ai Turchi la supremazia navale in grado di

attaccare tutto il Mediterraneo cristiano, il Portogallo e la Spagna

lanciarono la controffensiva.

Due anni dopo la caduta di Costantinopoli papa Nicola V concesse

al re del Portogallo di sottomettere come schiavi e di confiscare le

terre e le proprietà di ‘tutti i Saraceni e i pagani di ogni specie, e tut-

ti gli altri avversari di Cristo, dovunque essi si trovino’.

I Portoghesi si appellarono alle direttive di Nicola V per giustifica-

re le spedizioni contro i mussulmani sulla costa africana del Medi-

terraneo, ma il Portogallo aveva cominciato a interessarsi anche al-

le coste atlantiche africane e la terminologia della bolla papale (‘di

ogni specie’, ‘dovunque essi si trovino’) serviva a legittimare spedi-

zioni schiaviste un po’ dappertutto.

Regni ed individui che mai avevano minacciato il Portogallo –

sconosciuti anzi, a tutta l’Europa – diventavano così legittima ter-

ra di conquista.

La dottrina nata per santificare la conquista della Terra- Santa e-

stendeva la sua applicazione sino a giustificare la conquista del

mondo intero.

Alle sante missioni dei Portoghesi si aggiunsero ben presto altri

pretendenti ad analoghe opere di carità e di saccheggio.

Nel 1493 Rodrigo Borgia, eletto papa Alessandro VI, concesse ai

sovrani spagnoli il dominio su tutti i continenti non ancora sotto-

messi da nazioni cristiane, per indurre i pagani derelitti ‘ad ab-

bracciare la fede cattolica e a vivere  secondo la sua morale’.


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Borgia era stato portato a questo passo ‘esclusivamente dalla nostra

generosità e dalla sicura coscienza nella pienezza della nostra autorità

apostolica e in nome di Dio Onnipotente’.

Per escludere ogni dubbio sulle sue intenzioni egli definì il suo do-

cumento:

‘nostra esortazione, richiesta, donazione, concessione, assegnazione,

investitura, contratto, costituzione, delega, mandato, inibizione, in-

dulto, estensione, ampliamento, volontà e decreto’.

I trasgressori di tutto ciò sarebbero incorsi nelle minacce dell’‘ira

divina’, ma anche, con singolare caduta di tono, dei santi Pietro e

Paolo.

La guerra di conquista come estensione delle Crociate rimaneva

indiscutibilmente un concetto feudale; sicuramente non era un

concetto cristiano, estraneo a ogni insegnamento del primo Mae-

stro, fonte del cristianesimo.

La mentalità della Crociata si era formata sotto la spinta milita-

rista dei signori feudali; essa offrì a sua volta la base per raziona-

lizzare i motivi della conquista e lasciò il segno su tutte le future

azioni dei conquistatori e su tutte le successive trasformazioni

del suo ruolo.


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Questi invasori di continenti sconosciuti presupponevano una loro

superiorità innata e assoluta su tutti gli altri popoli, sancita per di-

ritto divino; le generazioni successive avrebbero poi laicizzato la

giustificazione del loro diritto trasferendolo da Dio alla Natura,

ma senza mutarne il carattere innato e assoluto.

Gli Europei promotori della conquista del Nuovo Mondo si pro-

fessavano perlopiù di religione cristiana, ed erano generosamente

di ceppo indo-europeo.

Quando più tardi si affermò quale principio dominante della con-

quista europea il razzismo, esso si sviluppò per naturale progres-

sione dalle basi della religiosità feudale.

I conquistatori del continente americano glorificarono le devasta-

zioni da essi compiute dando loro un’aura di sacralità, che anche

i loro discendenti si sono dimostrati alquanto restii a demistifica-

re.

Forse non accade più a uomini bianchi di una certa cultura di ab-

bracciare entusiasticamente illusioni di grandezza, ma i miti cre-

ati dall’ideologia della conquista perdurano ancora in molteplici

forme così da mascherare la terribile tragedia che si cela dietro i

fasti europei. Anche se gli ideologi della conquista non possono

più scatenare entusiasmi per guerre sante o per i principi della

biologia razziale, possono ancora contare su un vasto e influente

complesso di miti, secondo cui i popoli indo-europei cristianizza-

ti non sono solamente bianchi ed eletti ma anche civilizzati, a dif-

ferenza dei pagani di colore abitanti in terre lontane, i quali non

sono solo idolatri e di pelle scura ma in primo luogo selvaggi.

In questo modo si mantengono intatti i principi cardine di preda

e predatore e il grande mito nato dalle invasioni e dai massacri

preserva il proprio sanguinario splendore.

(F. Jennings, L’invasione dell’America)




 

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ALH84001 (da dove viene la vita?)

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Tunguska &

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ALH84001 (2) &

gli occhi di Atget

Foto del blog:

Mazzini:

‘io non sono Nobile’

Da:

 

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i miei libri


 

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Le desolate pianure dell’Antartide sono l’ultimo posto in cui

ci si aspetterebbe di trovare all’opera i cacciatori di meteoriti.

Eppure questa vasta distesa di ghiaccio è l’ideale per svelare

i segreti astronomici.

Se si trova una pietra in Antartide, uno solo è il luogo da cui

può essere giunta: il cielo.


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Le meteoriti che cadono sul ghiaccio sono presto sepolte dalla

neve, ma se il lastrone di ghiaccio scivola verso l’oceano, por-

tando con sé le meteoriti, può incontrare ostacoli sotterranei o

sfregare contro le montagne. Le pietre sepolte possono riemer-

gere in superficie, dove sono facilmente individuabili nel bian-

core della neve.

Robert Score era membro della United States Antarctic Search

for Meteorites e alla fine del 1984 è stata incaricata, insieme ai

colleghi, di attraversare il desolato e ventoso ghiacciaio vicino

all’area dei colli Allan. Verso mezzodì del 27 dicembre, Score ha

fermato il suo gatto delle nevi per ammirare una spettacolare

formazione di ghiaccio che sembrava creata da onde congelate.

E’ qui che ha scorto una meteorite sul margine del campo di

ghiaccio.

Esaminata, la pietra si è rivelata di uno strano colore verde, a

parte questo, agli occhi della Score e dei suoi colleghi era solo

un meteorite come tante, una delle oltre cento che avevano rac-

colto in quella spedizione.

La cosa non li ha eccitati più di tanto.

Come sempre, gli scienziati hanno fatto attenzione a non con-

taminare la meteorite verde, riponendola in un’apposita busta

di nylon sterile e sigillandola con nastro di teflon.

Nessuno l’ha toccata a mani nude.


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Per via del suo insolito colore verde è stata la prima meteorite di

quelle raccolte nel 1984 a essere esaminata.

In laboratorio però la pietra presentava solo una normale colora-

zione grigio opaco, ed è stata classificata come una comune dio-

genite proveniente dalla fascia degli asteroidi.

Pertanto, ALH84001 è rimasta nel cassetto per altri quattro anni

prima che se ne riconoscesse l’importanza.

Nell’estate del 1988 Eric Mitthefehldt, un geochimico che stava

conducendo un’esame sistematico delle diogeniti ha prelevato

un campione di ALH84001 per analizzarlo.

La sua curiosità è stata stimolata dalla descrizione originaria se-

condo cui la roccia conteneva alcuni minerali che di norma nel-

le diogeniti sono rari, tra i quali uno dal bizzarro nome di pla-

gioclasio.

Si sapeva anche che conteneva carbonati, ma Eric dava per scon-

tato che si trattasse di prodotti formatisi in Antartide per azione

degli agenti atmosferici.

L’iniziale analisi chimica di un campione non ha rivelato niente

di particolare. Solo nel 1990, quando lo scienziato ha cominciato

a usare una microsonda elettronica su minuscoli granuli inclusi,

la natura unica della meteorite si è lentamente manifestata.

La sonda, che spara un ristretto fascio di elettroni sulla superfi-

cie del campione e stimola l’emissione di raggi X, ha messo in

luce grosse quantità di ferro allo stato ferrico, piuttosto insolito

per le normali meteoriti.

Eric non ha approfondito la questione, attribuendo il risultato

a un errore nelle analisi, ma nel 1993 ha scritto un articolo sulle

diogeniti in cui citava i risultati anomali di ALH84001.

Una revisione dell’articolo lo ha persuaso a ricontrollare il suo

lavoro, e solo quando Eric si è convinto che l’analisi chimica era

corretta si è reso conto che forse ALH84001 non era affatto una

diogenite, bensì una meteorite marziana.

(Paul Davies, Da dove viene la vita)





 

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