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Mia madre Myra Cutler Keaton, era alta un metro e
cinquanta, pesava quaranta chili, ed era nata nello
spettacolo, essendo figlia di F.L. Cutler, uno dei pro-
prietari dello ‘Show da 10 cents di Cutler & Bryant’,
uno spettacolo viaggiante fatto sotto un tendone.
Prima di compiere 11 anni sapeva già suonare il vio-
lino, il pianoforte e la cornetta.
In seguito, divenne la prima donna negli Stati Uniti
a suonare il saxofono in scena. Ma mia madre avreb-
be potuto anche disinteressarsi dello spettacolo.
Proprio perché bambina aveva sempre viaggiato con
la carovana del padre, e poi con il babbo nelle loro
vaudeville itineranti, non imparò a cucinare prima dei
trent’anni. Poi se la cavò benissimo in cucina. Ma per
tutta la sua vita, la mamma preferì il gioco delle carte
a ogni altra occupazione, sport, svago, impiego o, co-
me diciamo nello spettacolo, divertimento.
Mio padre, Joe Keaton, era alto uno e ottanta, comico
nato e ottimo, stravagante ballerino. Era la persona
più brava a cadere che avessi mai visto.
Era anche uno dei migliori nel fare a cazzotti.
Al contrario di mia madre, non era nato nell’ambiente.
Aveva dovuto combattere, fare lo spiritoso e scalciare
molto per arrivare. Ma una volta arrivato, si considera-
va un uomo giunto alla Terra Promessa.
Eppure per quanto gli piacesse essere un attore, gustare
l’applauso e ascoltare la risata che aveva suscitato, non
era quella la cosa più importante per lui.
Soprattutto, il babbo era un’anima allegra, e stava al po-
sto giusto. Viaggiare di città in città ogni settimana vole-
va dire incontrare continuamente i suoi vecchi amici, at-
tori con cui aveva lavorato a Seattle, Boston, Louisville,
New Orleans.
Ogni settimana era la settimana dei ricordi per il babbo.
In qualunque città fossimo, per lui era sempre come tor-
nare alla sua Terre Haute, in Indiana.
Il babbo conosceva Will Rogers in Oklahoma, Harry Hou-
dini era stato il suo primo socio in affari. Era amico e am-
miratore di Fred Stone, George M. Cohan e del suo giovia-
le padre, Jerry, di Billy B. Van, Jack Norworth, Al Jolson,
McIntyre e Heath, Gus Edawards, i Quattro Avon, Doyle
e Dixon, e praticamente di tutti gli altri che giravano ….
l’America a due spettacoli al giorno.
In ogni città si ritrovava con qualcuno di questi uomini
di talento. Ed erano lunghe notti passate a bere birra, man-
giare gratis e scambiarsi ricordi allegri.
Se per qualche incredibile circostanza non conosceva nes-
suno, il babbo faceva comunque parte delle Alci e di una
dozzina di altre organizzazioni i cui membri lo accoglieva-
no sempre a braccia aperte nelle loro sedi, e via con la bir-
ra.
Il babbo si chiamava Joseph come suo padre, suo nonno,
e il suo bisnonno. Come gli altri, era il primogenito di un
primogenito. Ma i tre Keaton prima di lui, erano stati one-
sti e infaticabili contadini e mugnai del Midwest.
Anche da bambino la personalità del babbo era così inu-
suale che già prima dei dodici anni suo nonno abbandonò
ogni speranza di creare una dinastia di mugnai.
A quell’età il babbo aveva già lasciato la scuola per diven-
tare lustrascarpe e frequentare le sale da biliardo nei quar-
tieri del centro di Terre Haute. I ragazzi più grandi gli fe-
cero gli occhi neri così tante volte per prendere i posti nel-
le strade migliori, che fu presto soprannominato ‘Dick da-
gli occhi neri’.
Quando diventò troppo grande per guadagnarsi la vita
pulendo scarpe il babbo tornò al mulino di famiglia, ma
non per lavorare. Passava il tempo a fare spettacolini per
i braccianti e i contadini che aspettavano che il grano fos-
se macinato. Nel suo reporterio c’erano canzoni, battute,
smorfie e flip-flap, come erano chiamati i salti mortali….
(Prosegue….)