INTERMEZZO CON LA ‘GRANDE NOTIZIA’: ‘Nessuno’ ha vinto… (2)

 

OD6

 

 

 

 

 Precedente capitolo:

Il mio malessere (sarà forse alleviato da un diverso spettacolo… che i ciclopi non si offendano in ragion della medesima democrazia da loro così mal ingurgidata…) (1)

Prosegue in:

‘Nessuno’… ha vinto (3)

 

OD7

 

 

 

 

 

 

 

….La ‘Grande Notizia’…..

 

 

 

 

ODISSEO:

Lo volle un dio: non accusare gli uomini.

Ora noi, figlio nobile del dio dei mari, ti preghiamo e ti diciamo

col cuore in mano: non osare uccidere gente amica venuta alla

tua grotta, non farne orrido pasto alla tua bocca.

 

OD27

 

Noi preservammo i templi, assicurandoli a tuo padre nel cuore

della Grecia, signore. E illeso resta il sacro porto del Tènaro, e i

segreti promontori di Màlea, è salva la rupe argentifera del Su-

nio, sacra alla fulgida Atena, la rada di Geresto; e tutta l’Ellade,

non ci macchiammo dell’onta di cederla ai Frigi.

Ora anche tu, di tutto questo, hai parte: sono terra greca gli antri

segreti dove vivi, sotto l’Etna che stilla fuoco. Se questi ti ripugna-

no, ebbene c’è una legge per gli uomini: d’accogliere dei supplici

naufragati, d’offrire doni e aiuto di vesti, e non di passare allo 

spiedo che infila i buoi le loro carni, in modo che tu sazi la bocca

e la pancia.

 

OD31

 

Già la terra di Priamo troppi lutti ha fatto in Grecia, bevendosi il

sangue di tanti morti, versato in battaglia; ha rovinato mogli orbe

dell’uomo e vecchie orbe di figli, e incanutiti padri.

Se tu, di quelli che rimangono, arrostendo le carni ora consumi

un fiero pasto, quale scampo c’è?

Dammi retta, Ciclope: lascia stare l’ingordigia procace, e la pietà

scegli sull’empietà: per molti, un lucro disonesto si cangia in un

castigo.

 

OD28

 

CICLOPE:

Caro omarino mio, per chi capisce, è la ricchezza il vero dio, le

altre cose rumore vano e belle frasi. Dei promontori marini ove

il padre s’è situato, io me n’infischio: a quale scopo li hai messi

innanzi?

A me, straniero, il fulmine di Zeus non fa venire i brividi, non

so proprio in che cosa Zeus è un nume potente più di me.

Di tutto il resto me ne frego, e sta’ a sentire perché me ne frego.

Quando dall’alto manda giù la pioggia, me ne sto in questa

grotta, riparato e all’asciutto, mi mangio un vitellino cotto e

una bestia selvaggia, giacendo a pancia all’aria, e me l’innaffio

a regola d’arte, perché ci bevo sopra un’anfora di latte e, spez-

zettando nel vestito, faccio rumore, a gara con i tuoni di Zeus.

 

OD32

 

Se poi la tramontana trace fa cadere la neve, m’imbacucco tutto

in pelli di fiere, accendo il fuoco e della neve me ne frego. Il

suolo, volere o no, producendo per forza l’erba, m’ingrassa

le pecore. E io non le immolo a nessuno: solo a me (agli dèi

no), solo a questa, la prima delle divinità, la pancia mia.

Perché, mangiare e bere alla giornata, questo è lo Zeus degli

uomini di senno, e insieme non affliggersi per nulla.

Quanti fecero leggi, complicando l’esistenza, io li mando a

quel paese. La vita mia non rinuncio a trattarla bene – e 

neppure a divorare te. 

 

OD33

 

Doni ospitali sì li avrai – ché voglio essere irreprensibile:

saranno il fuoco e questo elemento paterno a quel paiolo che,

nel suo bollore, vestirà bene la tua carne dura.

Avanti, andate dentro: vi dovete mettere intorno all’ara per

il rito al dio dell’antro e satollare me.

(prosegue in Pagine di Storia)

 

 

 

 

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