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Intermezzo con la ‘Grande Notizia’ (3/1)
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….E ride di gusto del male edificato… (5)
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Ci trovammo sulla soglia di una stanza simile per forma alle
altre tre stanze cieche eptagonali, in cui dominava un forte
odore di chiuso e di libri macerati dall’umidità.
Il lume che tenevo alto illuminò dapprima la volta, poi mossi
il braccio verso il basso, a destra e a sinistra, e la fiamma alitò
vaghi chiarori sugli scaffali lontani, lungo le pareti.
Infine vedemmo al centro, colmo di carte, e dietro al tavolo,
una figura seduta, che pareva attenderci immobile al buio, se
pure era ancora viva. Prima ancora che la luce illuminasse il
suo volto, Guglielmo parlò.
– Felice notte, venerabile Jorge,
disse.
– Ci attendevi?
La lampada ora, avanzati noi di qualche passo, rischiarava il
volto del vecchio, che guardava come se vedesse (ma in realtà
se pensiate che veda, è pur sempre cieco, più dello stalliere suo
compare nel suo dire in questo ardire….).
– Sei tu, Guglielmo da Baskerville?
chiese.
– Ti attendevo da oggi pomeriggio prima del vespro, quando
venni a rinchiudermi qui. Sapevo che saresti arrivato.
(….)
– Sin dal primo giorno ho capito che tu avresti capito. Dalla tua
voce, dal modo in cui mi hai condotto a dibattere su ciò di cui
non volevo si parlasse. Eri meglio degli altri, ci saresti giunto
comunque. Sai, basta pensare e ricostruire nella propria mente i
pensieri dell’altro. E poi ho sentito che facevi domande agli altri
monaci, tutte giuste. Ma non facevi mai domande sulla bibliote-
ca, come se ormai ne conoscessi ogni segreto.
(…..)
– Per questo ti aspettavo….E ora cosa vuoi?
– Voglio vedere,
disse Guglielmo,
– l’ultimo manoscritto del volume rilegato che raccoglie un testo
arabo, uno siriano e una interpretazione o trascrizione della
‘Coena Cypriani’. Voglio vedere quella copia in greco, fatta
probabilmente da un arabo, o da uno spagnolo, che tu hai
trovato quando, aiuto di Paolo da Rimini, hai ottenuto che ti
mandassero nel tuo paese a raccogliere i più bei manoscritti
delle Apocalissi di Leon e Castiglia, un bottino che ti ha reso
famoso e stimato qui all’abbazia e ti ha fatto ottenere il posto
di bibliotecario, mentre spettava ad Alinardo, di dieci anni più
vecchio di te (ma sappiamo che il bottino ed il servigio ti ha reso
il posto destinato ad altri…).
– Voglio vedere quella copia greca scritta su carta da panno, che
allora era molto rara, e se ne fabbricava proprio a Silos, vicino a
Burgos, tua patria.
– Voglio vedere il libro che tu hai sottratto laggiù, dopo averlo
letto (e forse anche copiato), perché non volevi che altri lo leggesse
(e scoprire l’arte del genio…), e che hai nascosto qui, proteggendolo
in modo accorto, e che non hai distrutto perché un uomo come te
(un inquisitore come te…) ..non distrugge un libro, ma soltanto
lo custodisce e provvede a che nessuno lo tocchi.
– Voglio vedere il secondo libro della Poetica di Aristotele, quello
che tutti ritenevano perduto o mai scritto, e di cui tu custodisci
forse l’unica copia.
– Quale magnifico bibliotecario saresti stato, Guglielmo,
disse Jorge, con un tono insieme di ammirazione e rammarico.
– Così sai proprio tutto. Vieni, credo ci sia uno sgabello dalla
tua parte del tavolo. Siedi, ecco il tuo premio.
Guglielmo si sedette e posò il lume, che gli avevo passato,
illuminando dal basso il volto di Jorge. Il vecchio prese un
volume che aveva davanti e glielo passò. Io riconobbi la
rilegatura, era quello che avevo aperto nell’ospedale, creden-
dolo un manoscritto arabo.
– Leggi, allora, sfoglia, Guglielmo,
disse Jorge.
– Hai vinto.
Guglielmo guardò il volume, ma non lo toccò. Trasse dal saio un
paio di guanti, non i suoi con la punta delle dita scoperte, ma
quelli che indossava Severino quando lo avevano trovato morto.
Aprì lentamente la rilegatura consunta e fragile.
Io mi avvicinai e mi chinai sopra la sua spalla.
Jorge col suo udito finissimo udì il rumore che facevo.
Disse:
– Ci sei anche tu, ragazzo? Lo farò vedere anche a te….dopo.
Guglielmo scorse rapidamente le prime pagine.
E’ un manoscritto arabo sui detti di qualche stolto, secondo il
catalogo,
disse.
– Di cosa tratta?
– Oh, sciocche leggende degli infedeli, dove si ritiene che gli stolti
abbiano dei motti arguti che stupiscono anche i loro sacerdoti ed
entusiasmano i loro califfi…
– Il secondo è un manoscritto siriaco, ma secondo il catalogo tra-
duce un libello egiziano di alchimia. Come mai si trova raccolto
qui?
– E’ un’opera egiziana del terzo secolo della nostra era. Coerente
con l’opera che segue, ma meno pericolosa. Nessuno porrebbe
orecchio ai vaneggiamenti di un alchimista africano…..
(U. Eco, Il nome della rosa)