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Pagine di storia: l’indivisibilità del bene dal male (2) &
Dialoghi con Pietro Autier 2 &
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l’indivisibilità del bene dal male &
Da:
Sono nato nel….., erede di una cospicua fortuna e dotato di qualità
eccellenti. Incline per natura all’operosità, ambizioso soprattutto
di acquistarmi la stima dei migliori, dei più saggi tra i miei simili,
tutto sembrava promettermi un futuro brillante e onorato.
Il peggiore dei miei difetti era una certa impaziente vivacità, un’-
irrequieta gaiezza che taluni sarebbero stati felici di possedere,
ma che io trovavo difficili da conciliare col mio prepotente desi-
derio di andare sempre a testa alta, esibendo in pubblico un con-
tegno di particolare gravità.
Fu così che cominciai molto presto a nascondere i miei piaceri,
e che quando, giunti gli anni della riflessione, presi a conside-
rare i miei progressi e la mia posizione nel mondo, mi trovai
già incamminato in una vita di profonda doppiezza.
Molti si sarebbero addirittura vantati di certe leggerezze, di
certe sregolatezze che io, dalla mia altezza e ambiziosità di
vedute, consideravo invece una colpa e nascondevo con ver-
gogna quasi morbosa.
Più che difetti gravi, furono dunque le mie aspirazioni ecces-
sive a fare di me quello che sono stato, e a separare in me, più
radicalmente che negli altri, quelle due province del bene e
del male che dividono e compongono la duplice natura dell’-
uomo.
Il mio caso m’ha spinto a riflettere lungamente e a fondo su
questa dura legge della vita, che è all’origine della religione
e anche, senza dubbio, tra le maggiori fonti di infelicità.
Per duplice che fossi, non sono mai stato quello che si dice un
ipocrita. I due lati del mio carattere erano ugualmente affer-
mati: quando m’abbandonavo senza ritegno ai miei piaceri
vergognosi, ero altrattanto me stesso di quando, alla luce del
giorno, mi affaticavo per il progresso della scienza e il bene
del prossimo.
Ma accadde che le mie ricerche scientifiche, decisamente ori-
entate verso il mistico e il trascendente, venissero a confluire
con le riflessioni che ho detto, gettando una viva luce su que-
sta coscienza d’una guerra perenne di me con me stesso.
Sia sul piano scientifico che su quello morale, venni dunque
gradualmente avvicinandomi a quella verità la cui parziale
scoperta m’ha poi condannato a un così tremendo naufragio:
l’uomo non è veracemente uno, ma veracemente due.
E dico due, perché le mie conoscenze non sono giunte oltre.
Altri seguiranno, altri porteranno avanti queste ricerche, e
non è da escludere che l’uomo, in ultima analisi possa rive-
larsi una mera associazione di soggetti diversi, incongrui e
indipendenti.
Io da parte mia, per la natura della mia vita, ho avanzato
infallibilmente in una sola direzione.
E’ stato dal lato morale, e sulla mia stessa persona, che ho
imparato a riconoscere la fondamentale e originaria duali-
tà dell’uomo.
Considerando le due nature che si contendevano il campo
della mia coscienza, capii che se potevo dire, con altrettan-
ta verità, di essere l’una come di essere l’altra, era proprio
perché si trattava di due nature distinte; e molto presto, ben
prima che le mie ricerche scientifiche mi facessero lontana-
mente balenare la possibilità di una tale miracolo, appresi a
indugiare con piacere, come in un caro sogno a occhi aperti,
sul pensiero di una separazione dei due elementi.
Se questi, mi dicevo, potessero incarnarsi in due identità se-
parate, la vita diventerebbe molto più sopportabile.
L’ingiusto se ne andrebbe per la sua strada, libero dalle aspi-
razioni e dai rimorsi del suo più austero gemello; e il giusto
potrebbe continuare sicuro e volenteroso nel retto cammino
di cui si compiace, senza più doversi caricare di vergogne e
rimorsi per la colpa del suo malvagio associato.
E’ una maledizione per l’umanità, pensavo, che queste due
incongrue metà si trovino così legate, che questi due gemel-
li nemici debbano continuare a lottare così, nel fondo di una
sola e angosciata coscienza.
Ma come fare per dividerli?
(Prosegue in Pagine di Storia)
(R. L. Stevenson, Lo strano caso del Dr. Jekyll e del Sig. Hyde)