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Fu senza dubbio per amore di simmetria che sin dalla fine del
XIX secolo Arthur Schuster, un fisico britannico immaginò l’esi-
stenza di un mondo specchio di antimateria, i cui atomi aveva-
no proprietà esattamente opposte – ma in che senso opposte?
– a quelle degli atomi della materia ordinaria.
Intuizione generale, ma senza prospettive per il futuro in assen-
za di un formalismo che ne potesse sostenere l’elaborazione. La
vera costruzione dell’antimateria avrebbe dovuto attendere an-
cora trant’anni finché la meccanica quantistica cercò di coniugar-
si con la relatività ristretta.
Mentre la meccanica classica di Newton descrive oggetti capaci
di spostarsi a velocità arbitrariamente grandi, la meccanica rela-
tivistica, al contrario, stabilisce che non si può andare più rapidi
della velocità della luce (???….).
La meccanica newtoniana è dunque solo un’approssimazione del-
le meccanica relativistica, quella della velocità deboli rispetto al-
la velocità della luce. Allo stesso modo, la meccanica classica di
Newton, quella delle certezze, è solo un’approssimazione di quel-
la quantistica, che è una meccanica delle probabilità.
Mentre nella meccanica di Newton gli oggetti hanno una velocità
e una posizione perfettamente definite, la meccanica quantistica ri-
conosce che tale certezza non è assoluta, e anzi può essere del tut-
to impossibile parlare simultaneamente della velocità e della po-
sizione di una molecola.
La relatività ideata da Einstein aveva avuto all’epoca una buona
accoglienza. Fu dunque assolutamente naturale, verso la fine de-
gli anni venti, per il fisico britannico Paul Dirac, lanciarsi alla ri-
cerca di una equazione che predicesse il comportamento degli e-
lettroni, e che fosse quantistica pur basandosi sulle equazioni del-
la relatività ristretta e non su quelle della meccanica newtoniana.
Se infatti si voleva che l’edificio della fisica conservasse la sua coe-
renza, diventava urgente cercare di costruire un’equazione che re-
golasse insieme il sistema quantistico e quello relativistico.
Dirac era guidato dalla ricerca della simmetria.
Dal momento che era previsto dalle sue equazioni, secondo lui
quel mondo specchio doveva esistere da qualche parte e avere lo
stesso rilievo del mondo della materia:
Se accettiamo la visione di una completa simmetria fra cariche po-
sitive e negative nelle leggi fondamentali della natura, allora dob-
biamo considerare accidentale il fatto che la Terra contenga perlo-
più elettroni negativi e protoni positivi. Può darsi infatti che esista-
no altrettante stelle di due tipi. I due tipi di stelle avrebbero esatta-
mente lo stesso spettro luminoso e non ci sarebbe modo di distin-
guerle con gli attuali metodi astronomici.
Dirac enuncia qui due questioni fondamentali: se la teoria non è in
grado di distinguere fra materia e antimateria, ed esiste un mondo
di antimateria equivalente al nostro, allora dove si nasconde?
E come si deve discutere con i mondi lontani per sapere in anticipo
se l’incontro tra i ‘rappresentanti’ dei due mondi porterà ad abbracci
fraterni o viceversa a una castrofica esplosione?
Secondo Dirac, il problema principale posto dalle risoluzioni di ener-
gia era legato all’instabilità del vuoto che sembra implicare la loro
esistenza: in effetti, queste equazioni suggeriscono che, senza fornire
energia, ossia in modo completamente gratuito, si potrebbe produrre
una coppia di molecole – l’una di energia positiva, l’altra di energia
negativa – contrapposte e di grandezza indeterminata.
In altri termini, niente impedirebbe al vuoto, la cui energia è nulla
di essere instabile, mentre in realtà chiunque sa che non si ha niente
senza niente, e che senza apporti esterni il vuoto resta disperatamente
vuoto…..
(…prosegue ……)