DIRITTI INGLESI CONTRO DIRITTI UMANI (3)

Si riteneva che                                                              98786756.jpg 

sarebbe stato

possibile

ottenere il

GENE EREDITARIO,

e che l’aristocrazia

fosse il prodotto,

non della politica,

ma della

selezione naturale.

La trasformazione

dell’intera nazione in

una aristocrazia naturale,

i cui esemplari migliori sarebbero diventati GENI e SUPERUOMINI, fu una delle molte ‘idee’

prodotte dagli INTELLETTUALI delusi dal liberismo, che sognavano di sostituire alle

vecchie classi dominanti una nuova élite con mezzi non politici.

Verso la fine del secolo venne in uso parlare di argomenti politici con termini presi dalla

biologia e dalla zoologia, tanto che nessuno più si meravigliava se uno zoologo scriveva

un articolo su una Visione biologica della nostra politica estera, con la pretesa di aver 

scoperto una guida infallibile per gli statisti. E fra i cultori delle scienze naturali era di 

moda esporre nuovi metodi, sempre più perfezionati, per la selezione dei più validi in

conformità agli interessi nazionali del popolo inglese.

L’aspetto più pericoloso di queste dottrine evoluzioniste consisteva nel combinare il

concetto dell’ereditarietà con l’insistenza sulla realizzazione personale, che era diventata

così importante per la coscienza borghese del XIX secolo. La borghesia aveva interesse a

dimostrare che i ‘grandi uomini’, non gli aristocratici, erano i veri rappresentanti della

nazione, gli individui in cui si incarnava il ‘genio della razza’. 

La superstizione scientifica fornì un’ideale evasione dalla responsabilità politica ‘avvalorando’

l’affermazione di Disraeli che il grande uomo era ‘la personificazione della razza, il suo 

migliore esemplare’. Tale atteggiamento trovò la sua conclusione logica quando un altro

discepolo dell’evoluzionismo dichiarò semplicemente:” L’inglese è il Superuomo e la storia

dell’Inghilterra è la storia della sua evoluzione”.

Una caratteristica del pensiero razziale inglese e tedesco è che esso nacque fra gli

INTELLETTUALI borghesi, non fra la nobiltà, che scaturì dal desiderio di estendere i criteri

di condotta aristocratici a tutte le classi e fu alimentato da un sincero sentimento nazionale.

Così anche l’esaltazione che Carlyle fece del genio e dell’eroe corrispondeva più alla tipica

mentalità di un ‘riformatore sociale’ che a quella di un ‘padre dell’imperialismo britannico’,

un’accusa che molto giustamente gli fu rivolta. Essa gli procurò un vasto pubblico sia in

Inghilterra sia in Germania, e aveva le stesse origini del culto della personalità praticato

dal romanticismo tedesco: l’affermazione dell’innata grandezza dell’individuo,

indipendentemente dal suo ambiente sociale.

Dei fautori di un grande impero coloniale, fra la metà del XIX secolo e l’inizio dell’imperialismo,

nessuno sfuggì all’influenza di Carlyle, ma nessuno predicò una dottrina schiettamente

razzista.

Al pari di quello tedesco, il nazionalismo inglese fu il prodotto di una classe media che non

si era mai interamente emancipata dall’aristocrazia, e perciò racchiudeva in sé i primi germi

dell’ideologia razziale. Ma a differenza della Germania, la cui mancanza di unità rendeva

necessaria una muraglia ideologica che facesse le veci dei confini storici o geografici, le

isole britanniche erano completamente separate dal mondo circostante per mezzo di

frontiere naturali: il loro problema nazionale consisteva nel trovare una concezione dell’unità

fra gruppi che vivevano in colonie sparse al di là dei mari, lontane migliaia di miglia dalla

madrepatria.

(H. Arendt, Le origini del totalitarismo)

Da http://storiadiuneretico.myblog.it

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DIRITTI INGLESI CONTRO DIRITTI UMANI

Mentre i semi                                                        9897867568.jpg

dell’ideologia razzista

tedesca vennero sparsi

durante le guerre

napoleoniche, i primi

accenni della sua

versione inglese si

manifestarono durante

la rivoluzione

francese, e in

particolare nell’uomo

che l’attaccò

violentemente

come ‘la più

straordinaria e stupefacente crisi che

si sia finora verificata nel mondo’, in Edmund Burke.

E’ ben nota la considerevole influenza esercitata dalla sua opera sul pensiero politico della

Germania oltre che dell’Inghilterra. Su ciò bisogna comunque richiamare l’attenzione per

le affinità esistenti fra le ideologie razziste tedesca ed inglese in contrasto con quella francese.

Queste affinità derivavano dal fatto che entrambi i paesi avevano sconfitto le armate francesi e

mostravano quindi una certa tendenza a respingere le idee sintetizzate da ‘LIBERTE’-EGALITE’-

FRATERNITE” come invenzioni straniere ed aggressive. Essendo L’INEGUAGLIANZA

SOCIALE LA BASE DELLA SOCIETA’ INGLESE, I CONSERVATORI SI SENTIVANO NON

POCO A DISAGIO QUANDO SI TRATTAVA DEI ‘DIRITTI DELL’UOMO’; era fra loro

opinione largamente diffusa che l’ineguaglianza facesse parte del carattere nazionale britannico.

Disraeli trovava ‘nei diritti di un inglese qualcosa di meglio dei diritti dell’uomo’ e James

Stephen considerava ‘poche cose nella storia così meschine come l’eccitazione da cui i

francesi si lasciano prendere per tali faccende’.

Questa è una delle ragioni per cui in Inghilterra, sino alla fine del XIX secolo, l’ideologia razzista

poté svilupparsi secondo le tradizioni nazionali, mentre in Francia le stesse opinioni mostrarono

il loro vero volto, quello antinazionale, fin dall’inizio.

Il principale argomento di Burke contro gli ‘astratti princìpi’ della rivoluzione francese è

contenuto nella seguente frase:

“La politica uniforme della nostra costituzione è stata quella di rivendicare

e affermare le nostre libertà, come un’eredità inalienabile derivataci dai nostri avi, e da 

trasmettere ai posteri; come una condizione specialmente appartenente al popolo di questo

regno, senza alcun riferimento ad altro diritto più generale o anteriore”.

Il concetto di eredità, applicato alla natura stessa della libertà, è stato la base ideologica da cui

il nazionalismo inglese ha tratto il suo curioso tocco di spirito razziale fin dalla rivoluzione

francese. Formulato da uno scrittore della borghesia, esso implicava la diretta accettazione del

CONCETTO FEUDALE DI LIBERTA’ COME SOMMA DEI PRIVILEGI EREDITATI INSIEME

COL TITOLO E CON LA TERRA. Senza intaccare i diritti della classe privilegiata all’interno

del Regno Unito, Burke estendeva il principio di tali privilegi fino ad includervi l’intero popolo

britannico, elevato così al rango di aristocrazia fra le nazioni. Di qui il suo disprezzo per i

connazionali che reclamavano la loro libertà non come inglesi, ma come uomini e cittadini.

In Inghilterra il nazionalismo si sviluppò senza che fossero seriamente attaccate le vecchie

classi feudali. Ciò fu possibile perché, dal XVII secolo in poi e in misura crescente, la gentry,

incuneata fra l’alta nobiltà e la borghesia, aveva assimilato gli strati superiori di questa, di

modo che era rimasto aperto l’ingresso nei ranghi dell’aristocrazia. Tale processo aveva creato

nella nobiltà un sorprendente senso di responsabilità per la nazione nel suo insieme, ma allo

stesso tempo aveva facilitato l’influsso della mentalità e delle concezioni feudali sulle idee

politiche delle classi inferiori.

Così il concetto di eredità era stato applicato, pressoché immutato, all’intera ‘stirpe’ britannica.

La conseguenza di questa assimilazione dei criteri della nobiltà fu che la versione inglese dell’

ideologia razziale fu quasi ossessionata dalle teorie ereditarie e dal loro moderno equivalente,

L’EUGENETICA.

Fin da quando i popoli europei avevano tentato praticamente di includere tutti i popoli della

terra nella loro concezione dell’umanità, erano stati continuamente turbati dalle notevoli

differenze fisiche fra se stessi e gli altri.

(H. Arendt, Le origini del totalitarismo)

Da http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2010/09/01/i-roghi-dei-libri.html

  http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2010/09/01/i-roghi-dei-libri-2.html

  http://www.repubblica.it/esteri/2010/09/09/news/risoluzione_rom-6898982/

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