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Sono ormai passati decenni da quando praticavo un certo
allenamento nell’arte di ricordarmi dei miei sogni notturni,
di riprodurli mnemonicamente, a volte persino di trascri-
verli e di investigarli nei loro significati alla luce dei metodi
appresi allora, oppure di seguire le loro tracce e concentrar-
mi nel loro ascolto sino a farne scaturire una sorta di solle-
citazione, di affinamento dell’istinto, un monito o incorag-
giamento, ma in ogni caso una maggiore familiarità con i
domini del sogno, un’osmosi tra conscio e inconscio mi-
gliore di quella che in genere si possiede.
La conoscenza di alcuni libri di psicologia, e della stessa
prassi psicoanalitica che avevo sperimentato, era stata qual-
cosa di più di un avvenimento sensazionale, era stata un
confronto con delle potenze reali.
Ma come accade anche per l’impegno più intensivo nel sa-
pere, per il geniale e appassionante insegnamento tramite
l’uomo o i libri, così, col passare degli anni, è accaduto an-
che per questo confronto col mondo dei sogni e dell’incon-
scio: la vita continuava ponendo nuove e sempre rinnovate
esigenze e questioni, quello che di quei primi confronti
aveva prodotto una scossa, una sensazione, perdette di
novità e forza di coinvolgimento, il sistema dell’esperienza
psicoanalitica non poteva continuare a essere praticato co-
me fine a se stesso, ma venne inquadrato, venne a volte
dimenticato o sopraffatto da nuove esigenze della vita, pur
senza perdere del tutto la sua intima efficacia e la sua forza,
così come nella vita di una persona giovane la prima lettura
di Holderlin, Goethe, Nietzsche, la prima conoscenza dell’-
altro sesso, il primo palpito di emozione provocato da sol-
lecitazioni ed esigenze sociali e politiche dev’essere coordi-
nato col passato e con il restante patrimonio di esperienze.
(H. Hesse, La Natura ci parla)