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Le elezioni generali dell’aprile 1924 diedero una grande maggioranza
al governo; ma, nonostante minacce e violenze, nonostante revisioni e
manipolazioni, l’opposizione raccolse un numero cospicuo di voti
in alcune città-chiave e in alcune province specialmente della Lombardia.
La mattina dopo le elezioni, Mussolini, momentaneamente a Milano,
volle di nuovo ‘vedere’ l’autore del libro.
Questi, che aveva cessato di scrivere di politica subito dopo l’accordo
italo-jugoslavo, andò contro voglia all’intervista.
Mussolini era lì come una trota pronta per la sua intervista…
Aveva un aspetto truce e preoccupato.
– Che cosa ne pensa,
mi chiese a bruciapelo,
– Dei risultati elettorali in Lombardia?
– Penso,
risposi,
– Che sono un avvertimento. Ciò che succede in Lombardia di solito
è un presagio di ciò che avverrà in tutto il paese. I risultati elettorali
indicano, evidentemente, un aumento dello scontento.
– Che cosa farebbe al mio posto?
– Cercherei,
mi avventurai a dire,
– Di attuare il progetto cui ha accennato in un discorso al Parlamento,
molto tempo fa. Ella disse che i tre grossi partiti più seguiti, fascista,
socialista e cattolico, dovrebbero lavorare insieme per il bene della
nazione; che le fazioni devono morire se questo è il mezzo per far
vivere la nazione. Lei può farlo. Vedo che ha i mezzi….
– Troppo tardi!
Queste furono le ultime parole che io abbia udite dalle sue labbra.
Due mesi dopo ci fu il delitto Matteotti.
Otto mesi dopo l’Italia cadde in balìa della tirranide.
Che Mussolini debba o non debba essere ritenuto diretto responsabile
dell’assassinio del giovane deputato Matteotti, le cui violente accuse lo
avevano così profondamente turbato è un problema morale la cui
importanza storica è relativamente di poca importanza.
Nonostante tutte le prove raccolte, una mente oggettiva a cui non
piace addossare sulle spalle di un suo simile più colpa di quanto
non sia strettamente necessaria, può ancora supporre che i gregari
di Mussolini diedero un’interpretazione erronea e brutale alle sue
parole, e che mentre egli manifestava ira o proferiva minacce nel
tono sanguinario degli ubriaconi di Romagna, accompagnato alle
sue camicie nere, essi credettero di capire nelle sue frasi violente
ma imprecise, scandite con frequenza precisa e puntuale, una
condanna a morte!
La stessa mente oggettiva può anche credere che da principio
i gregari non pensassero all’omicidio, forse solo intimidazioni.
Forse essi – come disse poi la versione ufficiale e come sentenziarono
i giudici (????), ossequienti come al solito (come lo può essere un
buon gladiatore con il suo imperatore) – avevano unicamente l’
intenzione di dare una buona lezione a Matteotti, uno fuori dal coro
della cricca, cricca a cui gli aguzzini e carnefici,…. obbedivano.
Poi una colluttazione imprevista nell’automobile li fece andare
oltre alle prime intenzioni.
Ma noi sappiamo per certo la verità!
(G.A. Borgese)