PRINCIPIO PERFETTO

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I trecento anni di successi di cui abbiamo beneficiato grazie all’uso

del concetto di leggi della Natura per dare un senso all’Universo

hanno avuto effetti indiretti.

L’idea che le vie del mondo fossero governate da leggi imposte dall’

esterno, piuttosto che da tendenze insite nelle singole entità, rispecchiava

e incoraggiava la credenza religiosa nell’esistenza di un’unica divinità

onnipotente che avesse decretato quelle leggi.

L’economia delle leggi della Natura, la loro comprensibilità e la

loro universalità sono state interpretate nel passato come prove

persuasive dell’esistenza di un artefice divino dietro il funzionamento

dell’Universo visibile. 

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Oltre le leggi della Natura abbiamo bisogno di una norma che descriva

lo stato dell’Universo nel momento in cui ebbe inizio o, se non ebbe

alcun inizio, di una specificazione di come dovette essere in un certo

momento del suo passato. Fortunatamente molti aspetti dell’Universo

sembrano dipendere pochissimo dal modo in cui esso abbe inizio.

Le alte temperature delle prime fasi del Big-Bang hanno cancellato

il ricordo di molti aspetti del suo stato iniziale. Sebbene questo

sia uno dei motivi per cui è così difficile ricostruire il Big-Bang,

nel contempo ci permette di comprendere molti aspetti della

struttura attuale e della storia recente dell’Universo senza sapere

come fosse all’inizio.

Alcuni cosmologi ritengono che sarebbe stato meglio se fosse andato

perso il ricordo di tutte le condizioni iniziali, perché il tal caso si

potrebbe comprendere ogni aspetto della struttura attuale dell’Universo

senza dover conoscere quale fosse il suo stato iniziale.

Altri in particolare James Hartle e Stephen Hawking, hanno tentato

in anni recenti di scegliere un particolare candidato per lo stato

iniziale.

Purtroppo la parte di Universo a noi visibile, nonostante misuri

da un estremo all’altro almeno 15 miliardi di anni luce, è derivata

dall’espansione di una porzione minuscola dell’intero stato iniziale.

Anche se qualche fondamentale ‘principio’ potrebbe in effetti dettare

la struttura generale dello stato iniziale dell’intero (forse infinito)

Universo, probabilmente ciò non ci aiuterebbe a determinare la

struttura di quella minuscola porzione del tutto che si espanse

per diventare la parte di Universo visibile a noi oggi.

(J. Barrow, L’Universo come opera d’arte) 

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Yakov Zel’ dovic, il famoso astrofisico e cosmologo russo, fu un

altro di quelli che non vollero crederci, ma nel giro di pochi mesi

fu evidente che le argomentazioni erano fondate.

A parte il clamore per la scoperta del tutto inaspettata, i calcoli

originali furono molto complicati e l’effetto ne emerse come una

specie di piccolo residuo di un fenomeno più grande. Come

spesso avviene in fisica, una volta avuta l’idea, la discussione

che ne deriva viene per così dire ripulita finché l’idea risulta più

trasparente.

Dopo qualche mese tutti furono concordi nell’affermare che l’idea

era valida e che cambiava in maniera radicale la nostra comprensione

della fisica. Il fatto che questo effetto Hawking di emissione di

radiazioni dai buchi neri non sia stato provato con l’osservazione

non è per la verità colpa di Hawking stesso.

Più semplicemente il problema è che nel caso dei buchi neri che

si creano naturalmente, come potrebbe essere quello di Cygnus X-1,

l’effetto potrebbe essere troppo debole per essere rilevabile.

Un brillante tentativo di cercare effetti osservabili Hawking lo 

fece quando suggerì in una serie di lavori molto interessanti la

possibile esistenza di buchi neri primordiali di massa ridotta.

Più è alta la temperatura di un buco nero, minore è la massa;

e naturalmente più è alta la temperatura di un buco nero, più

è potente la radiazione che ne scaturisce.

E nell’irradiare e nel perdere massa, il buco nero diventa più 

caldo e l’irradiamento è più veloce, cosicché il prodotto finale

sarebbe una violenta esplosione.

In effetti Hawking calcolò che una simile esplosione avrebbe

una violenza ancora ignota alla scienza umana, a meno di 

prendere a riferimento il big-bang all’origine dell’Universo 

stesso.  

(G. Stone, Come leggere S. Hawking, Dal Big-Bang ai buchi neri)

 

 

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