Precedente capitolo:
l-avventura-della-bicicletta-16.html
Eretici a piedi e in biciclo:
La prima bicicletta, la prima veramente degna di questo nome, perché
già vicina a quella semplicità di linea e di meccanica che è la dote mirabile
della macchina moderna, non doveva apparire che nel 1886, per opera di
Rudge Co., inglese.
Il tipo Pionier, subito apprezzato dai conoscitori, fu veramente il pioniere
di un’èra nuova.
Negli anni che seguirono il progresso della industria costruttrice fu rapido
e sicuro quanto lento e incerto era stato dapprima: i modelli successivi creati
da officine inglesi, francesi ed anche italiane – l’Italia non doveva che più tardi
vedere ammirati ed apprezzati i suoi prodotti nel mercato mondiale – andarono
man mano affinandosi e migliorandosi nelle parti principali come nelle accessorie,
fino a che giunse al tipo stabile.
Di questi miglioramenti dobbiamo riconoscere come il più importante l’applicazione
delle pneumatiche, che diventarono di uso comune verso il 1890, detronizzando le
gomme tubolari comparse un anno prima. I merito di questa innovazione – che venne
a risolvere un problema di vitale importanza e concesse finalmente un mezzo
semplice e sicuro di evitare gli inconvenienti della trepidazione prodotta dalle
accidentalità del terreno, dannosa alla salute del ciclista e rovinosa per le macchine –
va attribuito al veteranio irlandese Dunlop, che riprese e modificò un’idea già
esposta in un brevetto del 1848. L’introduzione delle gomme pneumatiche fu di
un’importanza decisiva; – nel campo dello sport, per la maggiore leggerezza che
poteva essere cercata nella costruzione delle macchine, non più esposte a vibrazioni
continue e violente, e per la possibilità che ne conseguiva di ottenere velocità
la inconsueta docilità di manovra e di moto che improvvisamente era concessa
alla bicicletta; per le nuove più igieniche e più sicure condizioni che si offrivano
agli indolenti ed ai timidi.
Così la bicicletta venne e vinse.
Gli altri bicicli, i velocipedi a trasmissione diretta del pedale sulla ruota anteriore,
quelli a gomme piene, le prime tubolari appartengono già alla storia. Noi li ritroviamo
e li esaminiamo nei musei con stupore e quasi venerazione.
Tra essi e noi si è come formato un distacco, che non possiamo misurare ad anni.
Questi sono troppo pochi in confronto dei progressi che di un tratto, colla bicicletta
quale oggi trionfa, si sono effettuati.
Diremo di più, mentre l’antico velocipedismo acrobatico, eslusivamente sportivo,
effettuato con mezzi primordiali, che esigevano una buona dose di temeriarità ed
una maggiore di abnegazione, non vive più in noi, invece sentiamo che le biciclette
che vediamo oggi a sciami per le vie sono le figlie dirette di quelle che prime abbiamo
visto circolare.
Eppure dobbiamo anche riconoscere che senza la temeriarità e l’abnegazione degli
antichi biciclisti, senza quelle macchine grottesche e mostruose, la bicicletta non
sarebbe stata; ognuna di esse l’ha resa possibile, portandovi qualche elemento nuovo.
Coloro che prepararono il ciclismo furono i veri benemeriti.