PERCHE’ OFFESA A LEI NON POSSO DONARE (…ma solo di un bacio omaggiare….)

 perché offesa a lei non posso donare

 

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perché offesa a lei non posso donare

 

 

 


Nel mettersi in coda, al principio della pista, pensava di

sostare davanti a uno sportello dei biglietti in stazione;

non si sarebbe stupito se taluno gli avesse richiesto venti

centesimi ogni scivolata, come si usa, a ogni giro di danza,

in certi locali popolari.

Certo, fra poco, nei campi di moda entreranno solo i signori

(e la merda della loro roba…) ‘muniti’ d’invito: obbligatorio

il berretto norvegese …ed il giornale progressista sottobrac-

cio tanto per riconoscerso nello stesso identico abbraccio, e far

finta di non vedere un altro che muore in mezzo alla …neve…. 

 

perché offesa a lei non posso donare

 

 Anche oggi sono frequentati, come quelli del tennis, e i cam-

pi di pattinaggio, da troppa gente che si troverebbe ugual-

mente bene a un ‘five o’clock tea’ o a un ballo di benifecenza.

Chi potrà far capire a costoro che lo sci è un mezzo di traspor-

to?

Quando si arrischieranno ad abbandonare il consueto tribo-

lato campo, e, peggio ancora, amici e amiche, per correre do-

ve la neve è vergine… nello spirito e nella mente….

Quando mai potranno guardar la propria scia, come ad una

ferita lunga ed unica sull’intatta mollezza della neve?

Quando conosceranno il piacere d’andare (assieme alle pro-

prie preghiere…) nelle valli dove d’estate vi sono i pastori e

le madrie e d’inverno il silenzio?

Bella è la poesia sulla neve…peccato che anche lei..come quel Dio

sullo stesso Teschio hanno ucciso ed umiliato.

Peggio di un animale sacrificato….

(G. Mazzotti, La montagna presa in giro, con alcuni fraseggi di

…un vagabondo di passaggio)

 

 

 

 

perché offesa a lei non posso donare

 

IL MIO NOME E’ WOODY NON LO DIMENTICARE

 

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il mio nome è woody non lo dimenticare

 

 

  

Woodrow Wilson Guthrie era un uomo piccolo, energico, batta-

gliero come un galletto; i suoi lineamenti erano scarni, e capelli

ispidi e cespugliosi, la voce aspra, nasale.

Ebbe un ruolo unico nella storia della musica popolare americana. 

Nato a Okemah, Oklahoma, nel 1912, nell’adolescenza fu una delle

vittime della Dust Bowl. Per tutta la vita scrisse l’elegia degli uomi-

ni vittime DEL SISTEMA E DEI POTENTI CHE QUEL SISTEMA

CONTROLLANO.

 

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Tra il 1932 e il 1952 scrisse più di mille motivi, smettendo solo

quando la sua voce e la sua penna furono messe a tacere dal

sopravvenire del morbo di Huntington, una malattia devasta-

trice che per quindici anni gli sconvolsero il corpo prima di

ucciderlo.

Molte sue canzoni fanno parte della tradizione popolare ame-

ricana e vengono cantate da persone che neanche conoscono il

suo nome, dei componimenti che teorici ed accademici concor-

dano nel giudicare vere canzoni popolari, sebbene il loro autore

sia conosciuto: infatti secondo i puristi del folk un motivo non è

popolare finché non viene filtrato da parecchie voci ed il suo auto-

re non scompare nelle ombre della storia, come è avvenuto per

gli autori della Bibbia e dei racconti mitologici greci.

 

il mio nome è woody non lo dimenticare

           

Questa regola, tuttavia, non vale nel caso di Guthrie.

Lui era autentico.

Parlò delle disgrazie che colpirono lui, e gli altri Okie come

lui. E scrisse anche canzoni di protesta, canzoni ispirate da

UNA MENTE RIBELLE da un’ardente presa di coscienza sol-

lecitata dalla Depressione e dalle catastrofiche tempeste di

sabbia.

Negli anni 40 anche i puristi dovettero inchinarsi e lo acclama-

marono quale autore di ballate e canzoni popolari autentiche.                  

 

il mio nome è woody non lo dimenticare

 

Guthrie fu veramente tutto ciò che i suoi ammiratori dissero

di lui.

Pete Seeger, ad esempio, pur moderandosi: ‘Credo che un gran

numero delle migliaia e passa di strofe che ha scritto vivranno

oltre questo secolo’.

Per John Steinbeck, Guthrie fu ‘l’essenza dello spirito americano’.

Lo studioso del folklore Greenway parlò di lui come ‘il più gran-

de personaggio della musica popolare americana’.

Clifton Fadiman, sul New Yorker: ‘Guthrie e le sue canzoni fanno

parte del patrimonio nazionale non meno di Yellowstone e Yose-

mite, e sono fra le cose migliori che questo paese possa offrire al

mondo’.

Guthrie fu indubbiamente tutto questo.

 

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Finché la gente canterà e suonerà la chitarra canzoni come ‘This

Land Is Your Land’, ‘Roll on Columbia’, ‘So Long’, ‘It’s Been Good

To Know You’, e alcune delle Dust Bowl Ballads e tante altre balla-

te e talking blues scaturiti dalla sua mente e dalle corde della sua

chitarra, rimarranno patrimonio comune.

 

 

 

 

il mio nome è woody non lo dimenticare

   

E RICORDARE LE STROFE DI UNA VECCHIA CANZONE

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Quando la testa ti si confonde e la mente ti si intorpidisce

Quando pensi di essere troppo vecchio, troppo giovane, troppo

furbo o troppo scemo

Quando resti indietro e perdi il passo

Avanzando al rallentatore o nella corsa affannata della vita

Qualsiasi cosa faccia se cominci ad arrenderti


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Se il vino non arriva all’orlo della tua tazza

Se il vento ti coglie di fianco aggrappato con una mano

E l’altra comincia a scivolare e le emozioni sono sparite

Ed alla caldaia del tuo treno serve una nuova scintilla per

attizzare il fuoco

Ed è facile trovar la legna ma sei troppo pigro per andarla

a prendere

E il tuo marciapiede comincia ad ondularsi e la strada si fa

troppo lunga

E ti metti a camminare all’indietro anche se sai ch’è sbagliato

E la tristezza viene su mentre il giorno va giù

Ed il mattino di domani sembra così lontano

E senti che le redini del tuo pony ti scivolano

E la fune ti sfugge perché le mani ti sudano

Ed il tuo deserto inondato di sole e le tue valli lussereggianti

Si mutano in slums cadenti e in vicoli pieni d’immondizia

E il tuo cielo piange acqua e il tuo innaffiatoio perde

E il lampo balena e il tuono rimbomba

E le finestre tintinnano e si spezzano e le cime dei tetti

ondeggiano


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E il tuo intero mondo cozza e sbatte

E i tuoi minuti di sole si tramutano in ore di bufera

E qualche volta dici a te stesso

‘Non avevo mai pensato che sarebbe stato così

Perché non me l’hanno detto il giorno che son nato’

E ti vengono i brividi e i sudori ti fan trasalire

E cerchi qualcosa che non hai ancora trovato

E sei fino al ginocchio in acqua torbida con le mani per aria

E tutto il mondo ti guarda come se sbirciasse dalla finestra

E la tua ragazza ti pianta e se scappa via

E il tuo cuore si sente male come il pesce quando frigge

Ed il martello ti cade di mano sui piedi

E ne hai un bisogno tremendo ma quello è giù in strada

E il tuo campanello trilla ma tu non lo senti suonare

E pensi di esserti fatto male alle orecchie

O di esserti offuscato gli occhi con lo sporco accecante

E ti sei immaginato d’esser svenuto nella calca di ieri

Quando sei stato ingannato e fatto fesso con un bluff


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Mentre tu avevi in mano tre donne

E ti rende furioso, ti fa venire rabbia

Come nel mezzo della rivista Life

Saltellando intorno a un flipper

E hai qualcosa in mente che vuoi dire

Che qualcuno in qualche posto dovrebbe sentire

Ma ti sta appiccicato alla lingua e sigillato in testa

E ti tormenta mentre te ne stai a letto

E per quanto ti sforzi non riesci proprio a dirlo

E hai paura fino in fondo all’anima di dimenticarlo

E gli occhi ti fanno acquosi dalle lacrime che hai nella testa

E i tuoi cuscini di piume diventano coperte di piombo

E la bocca del leone si apre e tu fissi i suoi denti

E le tue mascelle cominciano a chiudersi su di te

E tu sei bocconi sulla pancia con le mani legate dietro

E vorreti non avere mai seguito quell’ultimo segnale di

deviazione


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E dici fra te e te ma che cosa sto facendo

Su questa strada che sto percorrendo, su questo sentiero che

sto imboccando

Su questa curva su cui sto sostando

Su questo percorso su cui passeggio, nello spazio che sto

occupando

In quest’aria che sto inalando

Son forse troppo confuso son forse troppo stordito

Perché cammino, dove corro

Che cosa dico, che cosa so

Su questa chitarra che suono, su questo banjo che strapazzo

Su questo mandolino che strimpello, nella canzone che canto

Nel motivo che fischietto, nelle parole che scrivo

Nelle parole che penso

In questo oceano di ore che continuamente bevo

Chi sto aiutando, che cosa sto rompendo

Che cosa sto dando, che cosa sto prendendo

Ma tu fai del tuo meglio con tutta l’anima


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Per non pensare mai a queste cose e per non lasciare mai

Che questo genere di pensieri guadagni terreno

O ti faccia batter forte il cuore

Ma poi capisci di nuovo perché stanno lì

In attesa dell’opportunità di insinuarsi e piombare giù

Perché qualche volta li senti quando giunge furtiva la notte

E hai paura che ti possano cogliere nel sonno

E balzi giù dal letto lasciando l’ultimo capitolo dei tuoi sogni

E non ti ricordi quanto ti sforzi a pensare

Se eri tu che gridavi nel sogno

E sai che è qualcosa di speciale che ti occorre

E sai che non c’è medicina che riuscirà a guarirti

Né liquore in tutto il paese che ti faccia smetter di

sanguinare il cervello

E ti occorre qualcosa di speciale

Hai bisogno di un superrapido su di un binario ciclonico


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Che ti proietti da qualche parte e ti riproietti indietro

Hai bisogno di un vento da tornado sul fischio di una

locomotiva

Che squassa e stride e suona da sempre

Che conosce cento volte i tuoi guai

Ti occorre un Greyhound bus senza discriminazioni di razza

Che non riderà per il tuo aspetto

La tua voce o la tua faccia

E per quante scommesse siano state fatte

Continuerà a viaggiare anche dopo la moda del bubblegum


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Ti serve qualcosa che apra nuove porte

Per mostrarti qualcosa che hai già visto prima

Ma a cui cento o più volte non hai badato

Ti occorre qualcosa che ti apra gli occhi

Ti occorre qualcosa che faccia sapere

Che sei tu e nessun altro che possiede

Il posto su cui stai in piedi, lo spazio su cui siedi

Che il mondo non ti ha battuto

Che non ti ha messo a terra

Che non può farti impazzire per quante

Volte tu venga preso a calci

Ti occorre davvero qualcosa di speciale

Ti occorre qualcosa di speciale per darti speranza

Ma la speranza è solo una parola

Che forse hai detto o forse hai sentito


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In qualche angolo ventoso dietro un’ampia curva

Ma è di questo che hai bisogno, amico, e ne hai un bisogno

dannato

E il tuo guaio è che lo sai fin troppo bene

Perché guardi e ti vengono i brividi

Perché non lo puoi trovare su un biglietto da un dollaro

E non è sul davanzale della finestra di Macy

E non è sulle mappe stradali di ricchi ragazzi

E non è nei club studenteschi di grassi ragazzi

E non si fabbrica nei germi del grano di Hollywood

E non è su quel palcoscenico dalle luci fioche

Su cui sta quell’attore imbecille

Che farnetica e blatera e ti porta via i soldi

E tu pensi ch’è buffo

No non lo puoi trovare in nessun night club o yacht club

E non è nelle poltrone di un club estivo

E ti è pure dannatamente chiaro

Che per quanto strofini forte

Non lo troverai davvero sul tuo scontrino

No, e non è nelle chiacchere che senti raccontare

E non è nelle lozioni per foruncoli che i vendono

E non è in nessuna casa di cartone

O dentro la camicetta di una diva del cinema

E non puoi trovarlo su un campo da golf

E non può dartelo lo Zio Remo e neppure Babbo Natale

E non è nelle acconciature a bignè o nei vestiti sgargianti

di cotone


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E non nei manichini dei magazzini o nei brutti ceffi del

bubblegum

E non è nei suoni caramellosi delle voci da torta al cioccolato

Che vengono a battere e bussare in confezione natalizia

Dicendo non son graziosa e non son carina e guardate la mia

pelle

Guardate la mia pelle luccicare, guardate la mia pelle scintillare

Guardate la mia pelle ridere, guardate la mia pelle piangere

Quando non capisci neanche se hanno gli intestini

Questa gente così bellina coi loro nastri ed inchini


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No né oggi né mai

Lo troverai sui gradini fatti di papier maché

E dentro la gente fatta di melassa

Che un giorno sì l’altro no comprano un nuovo paio di

occhiali da sole

E non è nei generali con cinquanta stellette e nei mentecatti

fasulli

Che ti fregherebbero per un decimo d’un centesimo

Che respirano e ruttano e si piegano e si spezzano

E prima che tu possa contare fino a dieci

Lo rifaranno ancora ma questa volta dietro le tue spalle

Amico mio

Quelli che fan dietrofront e trafficano e girano e roteano 

E si imbrogliano l’un l’altro nel loro mondo giocattolo

E non puoi trovarlo neppure nei cretini senza talento

Che vanno in giro tronfi

E fissano tutte le regole per quelli che hanno talento

E non è in quelli che non hanno talento ma pensano di

averlo

E credono di farti fesso


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Quelli che saltano sull’autobus

Solo per un po’ perché sanno ch’è di moda

Se la spassano e poi saltano giù in fretta

E si fanno i soldi e le donne in ogni maniera

E tu gridi fra te e te e butti per terra il cappello

Dicendo, ‘Cristo devo essere anch’io così

Non c’è nessuno qui che sa in che situazione sono

Non c’è nessuno qui che sa come mi sento

Buon Dio Onnipotente

QUESTA ROBA NON E’ VERA’

No ma questo non è il tuo gioco, non è neppure la tua corsa

Non senti il tuo nome, non vedi il tuo viso

Devi guardare da qualche altra parte

E dove cerchi questa speranza che insegui


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Dove cerchi questa lampada che arde

Dove cerchi questo pozzo che sprizza petrolio

Dove cerchi questa candela che luccica

Dove cerchi questa speranza che sai esistere

Laggiù da qualche parte

E i tuoi piedi possono percorrere solo due tipi di strade

I tuoi occhi possono guardare solo attraverso due tipi di

finestre

Il tuo naso può annusare solo due tipi di corridoi

Puoi toccare e torcere

E girare due tipi di maniglie

Puoi andare o in una chiesa di tua scelta

O puoi andare al Brooklin State Hospital

Troverai Dio nella chiesa di tua scelta

TROVERAI WOODY GUTHRIE AL BROOKLIN STATE HOSPITAL

E anche se è solo la mia opinione

Che può essere giusta o sbagliata

Li troverai entrambi

Nel Gran Canyon

Al tramonto.

(Bob Dylan, Last Thoughts on Woody Guthrie, 1963)




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PERCHE’ IL TEMPO E’ PREZIOSO NELLO ‘SPIRITO’ DI QUESTO PICCOLO MONDO

perché il tempo è prezioso nello spirito di questo piccolo mondo

 

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perché il tempo è prezioso nello spirito di questo piccolo mondo

 

 

 

 

…A Roosevelt Field, giunti, collocammo l’apparecchio all’estremità

occidentale del campo, incominciando subito il rifornimento finale

della benzina.

Alle sette e quaranta, infine, il motore venne avviato e, dieci minuti

più tardi, cioè precisamente alle 7 e 52, decollavo pel mio volo verso

Parigi.

A causa della pioggia caduta durante la notte, il terreno del campo

era piuttosto molle e l’apparecchio, sovraccarico, stentava a prendere

velocità ma, non appena oltrepassato il segnale posto a metà del

campo, mi apparve evidente che avrei potuto superare con facilità

gli ostacoli che si trovavono all’estremità di questo. 

 

perché il tempo è prezioso nello spirito di questo piccolo mondo

 

Passai, infatti, sopra un sentiero a 15 piedi d’altezza e sopra una linea

telefonica a 20 piedi, pur serbando ancora una discreta riserva di velo-

cità, tanto che sono persuaso che il veicolo avrebbe potuto egualmente

decollare da un campo in condizioni meno propizie e con un sovracca-

rico di altre 500 libbre di essenza.

Appena fui in aria, virai leggermente a destra per evitare alcuni alberi

elevati su una collina che sorgeva proprio di fronte a me, ma, lì a poco,

avendo raggiunto alcune centinaia di yards di altezza, sufficienti per

superare qualsiasi ostacolo, misi il motore a 1750 giri al minuto e,

mantenendomi in rotta con la bussola, puntai con l’apparecchio ver-

so Long Island Sound, mentre un aeroplano ‘Cortiss Oriole’, che 

portava alcuni fotografi a bordo e che mi aveva seguito sull’inizio

del volo, tornava indietro.

 

perché il tempo è prezioso nello spirito di questo piccolo mondo

 

La leggera nebbia che mi circondava si diradò ben presto e, dal

Capo Cod fino alla metà meridionale della Nuova Scozia, il tempo

e la visibilità si mantennero eccellenti.

Approfittando di questo vantaggio, volavo molto basso, qualche

volta persino a 10 piedi dagli alberi e dall’acqua, così che, nel per-

corso le 300 miglia di mare che separano il Capo Cod dalla Nuova

Scozia, passai in vista di numerosi battelli pescherecci.

Nella parte settentrionale della Nuova Sozia, apparvero nel cielo

parecchie zone temporalesche e, qualche volta, mi toccò di volare

attraverso le nubi.   

Inoltre, mentre mi approssimavo alle coste settentrionali di questa

regione, la neve incominciò ad apparire, a intervalli, sul terreno,

mentre lontano, ad oriente, la linea costiera si copriva di nebbia. 

 

 

perché il tempo è prezioso nello spirito di questo piccolo mondo

 

Nelle molte miglia che intercorrono fra la Nuova Scozia e Terrano-

va, scorsi l’Oceano coperto di piccoli ghiacci galleggianti, ma, avvi-

cinandomi alle coste di quest’isola, il ghiaccio scomparve quasi com-

pletamente e passai su numerose imbarcazioni pescherecce.

La rotta da me prescelta mi portava sulla città di San Giovanni che

si trovava al sud del gran cerchio ortodromico New-York-Parigi,

cosicché nel caso avessi dovuto scendere nell’Atlantico del Nord,

avrei potuto dimostrare facilmente di aver volato su Terranova.

Dopo aver lasciato quest’isola, incontrai numerosi icebergs, ma

non scorsi alcuna nave se non lungo le sue coste. 

L’oscurità mi sorprese alle 8 e 15 e una leggera nebbia incominciò

a formarsi in basso, sull’oceano, dalla quale, però, emergevano con

una strana chiarità le cime bianche degli icebergs.

(C. Lindbergh, New-York Parigi)

 

 

 

perché il tempo è prezioso nello spirito di questo piccolo mondo

   

ANCHE SE MADONNA NON ERA IN GREMBO PUR SEMPRE LA SUA PAROLA TENEVA

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anche se madonna non era in grembo pur sempre la sua parola cons

 

 

 

 

Nel grembo umido, scuro del tempio,

l’ombra era fredda, gonfia d’incenso;

l’angelo scese, come ogni sera,

ad insegnarmi una nuova preghiera:

poi, d’improvviso, mi sciolse le mani

e le mie braccia divennero ali,

quando mi chiese – conosci l’estate –

io, per un giorno, per un momento,

corsi a vedere il colore del vento.

 

Volammo davvero sopra le case,

oltre i cancelli, gli orti, le strade:

poi scivolammo tra valli fiorite

dove all’ulivo si abbraccia la vite.

Scendemmo là, dove il giorno si perde

a cercarsi da solo nascosto tra il verde,

e lui parlò come quando si prega,

ed alla fine d’ogni preghiera

contava una vertebra della mia schiena.

 

Le ombre lunghe dei sacerdoti

costrinsero il sogno in un cerchio di voci.

Con le ali di prima pensai di scappare

ma il braccio era nudo e non seppe volare:

poi vidi l’angelo mutarsi in cometa

(ed un romano sputare sulla

mia preghiera…),

e i volti severi divennero pietra,

le loro braccia profili di rami,

nei gesti immobili d’un’altra vita,

foglie le mani, spine le dita.

 

Voci di strada, rumori di gente,

mi rubarono al sogno per ridarmi al presente.

Sbiadì l’immagine, stinse il colore,

ma l’eco lontana di brevi parole

ripeteva d’un angelo la strana preghiera

dove forse era sogno ma sonno non era

– lo chiameranno figlio di Dio -:

parole confuse nella mia mente,

svanite in un sogno, ma impresse nel ventre. –

 

E la parola ormai sfinita

si sciolse in pianto,

ma la paura dalle labbra

si raccolse negli occhi

semichiusi nel gesto

d’una quiete apparente 

che si consuma nell’attesa

d’uno sguardo indulgente.

 

E tu, piano, posasti le dita

all’orlo della sua fronte:

i vecchi quando accarezzano

hanno il timore di far troppo forte.

(Fabrizio De André, Il sogno di Maria, La Buona Novella)

 

 

 

anche se madonna non era in grembo pur sempre la sua parola cons

 

COSI’ IL VIAGGIO POSSONO CONTINUARE…IN COMPAGNIA DEL LETAME…

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così il viaggio possono continuare in compagnia del letame





E’ stato duro il mio viaggio, pensavo che lo sapessi

E’ stato duro viaggiare, in lungo e in largo

E’ stato duro viaggiare, duro vagabondare, duro rischiare

E’ stato duro il mio viaggio, o Signore.

 

Ho viaggiato su quei merci, pensavo che lo sapessi

Ho viaggiato su quei carri malandati, in lungo e in largo

Ho viaggiato con i clandestini, i disperati, i vagabondi

E’ stato duro il mio viaggio, o Signore.

 

Ho scavato la dura roccia nelle cave, pensavo che lo sapessi

Ho lavorato alle prese, in lungo e in largo

Ho picchiato di mazza, respirato a fatica, due metri

nel fango ne ho spalata di merda

E’ stato duro il mio viaggio, o Signore.

 

Mi son rotto la schiena a tirar su il raccolto,

pensavo che lo sapessi

In Nord Dakota e a Kansas City, in lungo e in largo

Ho tagliato il frumento, tirato su il fieno, mettendo in

tasca sì e no un dollaro al giorno

E’ stato duro il mio viaggio, o Signore.

 

Ho lavorato nelle fonderie a Pittsburgh, pensavo che lo sapessi

Ho scaricato scorie roventi, in lungo e in largo

Ho picchiato, ho reso incandescente e ho colato acciaio rovente

E’ stato duro il mio viaggio, o Signore.

 

Son stato in una cella dura come il sasso, pensavo che lo sapessi

Son stato chiuso lì per novanta giorni, in lungo e in largo

Quel maledetto d’un giudice mi ha detto:

‘Novanta giorni per vagabondaggio’

E’ stato duro il mio viaggio, o Signore.

 

Ho camminato lungo la Lincon, pensavo che lo sapessi

Ho battuto anche la 66, in lungo e in largo

Un carico pesante e un sacco di pensieri, in cerca di

una donna che non si trovava mai

E’ stato duro il mio viaggio, o Signore.

(Woody Guthrie)



 

 

un duro viaggio

  

ANCHE SE C’E’ UN PASSEGGERO CHE PUZZA COME UN NEGRO

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anche se c'è un passeggero che puzza come un negro

 

 

 

 

Il ragazzo di colore disse:

– Faccio un salto dall’altra parte della strada a comprare un

pacchetto di sigarette. Torno subito.

Si allontanò correndo come un coniglio selvatico.

C’era un rubinetto di acqua potabile accanto a un ufficio del-

la ferrovia.

Ci fermammo e bevemmo fino a scoppiare. Poi lavammo

mani e faccia, e ci pettinammo. C’era una lunga fila di uomi-

ni che aspettavano il loro turno per usare l’acqua, e mentre

venivamo via con la faccia rivolta a quell’alito di vento che

smuoveva la campagna, lui mi chiede: 

 

anche se c'è un passeggero che puzza come un negro

 

– Come hai detto che ti chiami?

– Woody.

– Io Brown. Piacere di conoscerti, Woody. Sai, non è la prima

volta che mi capitano questi problemi di pelle. Giorni fa, per

esempio ho detto qualcosa che a dei sacchi di merda come

quel tizio di prima, non è piaciuto, e ci hanno sparato a bru-

ciapelo, un pazzo, per una questione di chiavi…. Forse ancora

adesso ci guarda…lo vedi? 

 

anche se c'è un passeggero che puzza come un negro

 

– ….Problemi di pelle?

– Cristo, è proprio un’espressione azzeccata!

Gli camminavo accanto.

– Già. Sono cose difficili da curare, una volta che si sviluppa-

no. Il paese dove sono nato e cresciuto è molto malato, e mol-

to malato, e le malattie della pelle sono le peggiori, e le più

contagiose.

– A casa, quand’ero ragazzino, ne avevo fino sopra i capelli.

Cristo, con certi parenti mi rompevo le corna per cose come

queste. Ma vedi, a loro poco per volta sono riusciuto a fargli

cambiare idea, invece c’è un sacco di gente che non sono mai

riuscito a convincere. Quelli sono i peggiori, sarebbero capaci

di linciarti nel cuore della notte, se solo guardi una delle loro

belle pupe bianche…Sono tutte pupe loro…con un gran bel

culo come quel nostro amico col culo che gli rodeva.

Sono capaci di mettere nei guai cento, mille persone, e non

solo per una pupa bianca e vogliosa..Solo per un’idea cretina

che si ficcano in testa.

 

anche se c'è un passeggero che puzza come un negro

 

Tipo: che il colore della pelle è una colpa. 

– Che Dio li stramaledica!

– Se invece di perdere tempo e fiato facessero qualcosa di

utile, come verniciarsi i loro fottuti granai, o costruire una

strada nuova…magari per quella pupetta con quel bel culetto… 

Il fischio a quattro tempi suonò e il treno fece un salto indietro.

Era il segnale. Gli uomini correvano aggrappandosi ai lati 

dei vagoni, borbottando e parlando, appendendosi alle sca-

le di ferro per montare sul tetto. 

Giramondo non era tornato con le sigarette.

 

anche se c'è un passeggero che puzza come un negro

 

Io salii e, data la mia passione per il sole, una volta seduto

mi tolsi di nuovo la camicia. La pelle bruciava. Ormai il treno

viaggiava troppo forte per riuscire a prenderlo. Se Giramondo

era rimasto a terra, certamente gli sarebbe toccato fare tappa

a El Centro….

(Woody Guthrie, Questa terra è la mia terra)

 

 

 

anche se c'è un passeggero che puzza come un negro

   

FOLLE & FOLLIA (2)

 folle e follia 2

 

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folle e follia 2

 

 

 

 

In questo modo personalizzato, individuale, ognuno dei

fucilatori uccideva in genere dai 5 ai 10 ebrei, per lo più

vecchi, donne e bambini.

I circa 30 uomini del plotone del tenente Kurt Drucker, II

Compagnia, per esempio, nell’arco di tre-quattro ore am-

mazzarono dai 300 ai 400 ebrei. Fra una scarica e l’altra si

concedevano qualche pausa per riposare, riprendersi e

fumare una sigaretta.

Diversamente dalle procedure tipiche delle operazioni omi-

cide dei tedeschi, gli uomini del Battaglione 101 non costrin-

sero gli ebrei a spogliarsi, né raccolsero gli oggetti di valore:

quel giorno il loro pensiero fisso era su un’unica missione.

In tutto, tra il massacro incontrollato nel ghetto e le esecuzio-

ni metodiche nei boschi, i tedeschi uccisero qualcosa come

1200 ebrei, forse qualche centinaio in più.

Lasciarono i cadaveri dove stavano, per le strade di Jozefow

o nei boschi circostanti; ci pensasse il sindaco polacco, a orga-

nizzare la sepultura.

Quale effetto avevano gli eccidi sugli assassini?

Che vi si dedicassero con zelo è fuori di dubbio, considerando

l’efficacia dei risultati. Alcuni provavano raccapriccio, ma non

tutti. Uno di loro ricorda con particolare chiarezza un episodio

di quella giornata:

 

folle e follia 2

 

Per ordine del sergente Steinmetz, gli ebrei furono portati nei boschi.

Noi andammo con loro. Dopo circa 200 metri Steinmetz ordinò agli

ebrei di distendersi a terra, in fila. Vorrei dire a questo punto che era-

no solo donne e bambini; soprattutto donne, e bambini sui dodici an-

ni…

Io dovevo sparare a una vecchia, aveva più di 60 anni. Ricordo anco-

ra che la vecchia mi chiese se avrei fatto presto…

Accanto a me c’era Koch…Lui doveva sparare a un ragazzino, circa

dodici anni. Ci avevano detto chiaramente che si deveva tenere la can-

na del fucile ad almeno 15 centimetri dalla testa; ma evidentemente

Koch non lo fece, e mentre ce ne andavamo dal luogo dell’esecuzione,

i camerati mi presero in giro perché avevo la manica imbrattata di

materia cerebrale del ragazzino.

Io chiesi perché ridessero, e Koch, indicando la mia manica: ‘Quella

è del mio; ha già smesso di agitarsi’.

Lo disse con un evidente tono di vanteria….

(D. J. Goldhagen, I volonterosi carnefici di Hitler) 

 

 

 

folle e follia 2

   

FOLLE: MORALITA’ E RAGIONAMENTI

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folle: moralita' e ragionamenti

 

 

 

 

Se attribuiamo alla parola moralità il significato di rispetto costante

di certe convenzioni sociali e di repressione permanente degli impulsi

egoistici, è evidente che le folle sono troppo impulsive e troppo mute-

voli per essere sensibili ai problemi morali.

Ma se nel concetto di moralità intendiamo far rientrare anche il mani-

festarsi momentaneo di certe qualità, come l’abnegazione, la dedizio-

ne, il disinteresse, il sacrificio di sé, il bisogno di giustizia, possiamo

dire che le folle al contrario, sono a volte capaci di raggiungere una

moralità molto alta.

I rari psicologi che hanno studiato le folle, lo hanno fatto soltanto

dal punto di vista criminale, e, notando quanto i delitti collettivi

siano frequenti, hanno attribuito alle folle un livello morale molto

basso.

Senza dubbio.

Spesso è così.

Ma perché?

Semplicemente perché gli istinti di ferocia distruttiva sono residui

di età primitive assopiti nel fondo di ciascuno di noi. 

Per l’individuo isolato sarebbe pericoloso il soddisfarli; ma per l’in-

dividuo che si trova nel mezzo di una folla irresponsabile, dove l’im-

punità è assicurata, non ci sono ostacoli alla libertà di seguire quegli

istinti.

Dato che attualmente non possiamo dare sfogo agli istinti distruttivi

sui nostri simili, ci limitiamo a soddisfarli sugli animali.

La passione per la caccia e la ferocia delle folle derivano da una mede-

sima fonte.

La folla che fa lentamente a pezzi una vittima indifesa dà prova di una

crudeltà codarda; ma non tanto dissimile, per il filosofo, da quella dei

cacciatori che si radunano a dozzine per godere lo spettacolo di un po-

vero cervo dilaniato dai cani.

Se la folla è capace di uccidere, di INCENDIARE e di commettere ogni

sorta di crimini, è pure capace di atti di sacrificio e di disinteresse molto

più elevati di quelli che son di solito compiuti dall’individuo isolato.

E’ soprattutto sull’individuo immerso nella folla che si può agire invo-

cando sentimenti di gloria, di onore, di religione o di patria. 

Le folle che scioperano lo fanno molto più per obbedire a una parola

d’ordine che per un aumento di salario. L’interesse personale è di rado

un impulso potente presso le folle, mentre costituisce l’impulso quasi

esclusivo dell’individuo isolato.

Non fu certo tale impulso che guidò le folle in tante guerre, di cui il

più delle volte non intesero la ragione, e nelle quali si lasciarono tru-

cidare come allodole ipnotizzate dallo specchietto del cacciatore.

Talvolta perfino i più incalliti furfanti, per il solo fatto di essere riu-

niti in folla, fanno propri i principii della più rigorosa moralità.

La moralizzazione di un individuo per mezzo della folla non è

certo regola costante, ma la si può osservare di frequente e perfino

in circostanze molto meno gravi di quelle citate.

In teatro la folla esige dal protaganista virtù esaltanti e il pubblico,

anche se composto da individui inferiori, si mostra a volte molto

rigoroso in fatto morale. 

Il gaudente di professione, lo sfruttatore di donne, il teppista beffar-

do protestano spesso per una scena un po’ arrischiata o una battuta

frivola, davvero innocua in confronto al loro abituale linguaggio.

Le folle, dunque, che spesso si abbandonano a bassi istinti, danno

a volte esempio di moralità elevata.

Se il disinteresse, la rassegnazione, la dedizione assoluta a un ideale,

chimerico o reale, sono virtù morali, si può dire che le folle possie-

dono in certi casi queste virtù a un grado che i più saggi filosofi han-

no raramente raggiunto.

Esse senza dubbio le praticano incosciamente, ma che importa?

Se le folle avessero ragionato spesso, e consultato i loro interessi im-

mediati, forse nessuna civiltà si sarebbe sviluppata sulla superficie

di questo pianeta, e l’umanità non avrebbe storia.

Non si può escludere in modo assoluto che le folle siano influenza-

bili dai ragionamenti.

Ma gli argomenti che esse impiegano ed accolgono appaiono, dal

punto di vista logico d’un ordine morale inferiore che soltanto per

analogia possono essere definiti ragionamenti. 

I ragionamenti inferiori delle folle, come i ragionamenti elevati,

sono basati su associazioni: ma le idee che le folle associano, hanno

tra loro soltanto legami apparenti di somiglianza o di successione.

Si collegano tra loro come quelle di un eschimese, il quale, sapendo

per esperienza che il ghiaccio, corpo trasparente, si scioglie in bocca,

ne deduce che il vetro, corpo pure trasparente, deve ugualmente fon-

dersi in bocca; o come quelle del selvaggio che immagina di acquis-

tare il coraggio di un nemico valoroso se ne mangia il cuore; o ancora

come quelle dell’operaio il quale, sfruttato da un padrone, ne deduce

che tutti i padroni sono sfruttatori.

Associazioni di cose dissimili prive di rapporti apparenti e generaliz-

zazioni immediate di casi particolari, tali sono le caratteristiche della

logica collettiva. 

Gli oratori che sanno maneggiare le folle, ricorrono sempre ad associa-

zioni di questo tipo. Sono le sole che possono avere effetto. Una catena

di ragionamenti rigorosi sarebbe totalmente incomprensibile alle folle

e per questo è concesso dire che esse non ragionano o ragionano a vuoto,

e non sono influnzabili da un ragionamento. 

Talvolta, se ci limitiamo soltanto a leggerli, ci meravigliamo che certi

discorsi abbiano avuto enorme effetto sul pubblico; ma dimentichiamo

che quei discorsi furono concepiti per affascinare le collettività, e non

per essere letti da filosofi. 

L’oratore in rapporto intimo con la folla sa evocare le immagini che la

seducono. Se vi riesce, il suo scopo è stato raggiunto, e un volume di

arringhe non vale le poche frasi capaci di conquistare le menti che biso-

gnava convincere. 

Inutile aggiungere che l’impossibilità di ragionare nel modo giusto priva

le folle di ogni spirito critico, vale a dire della capacità di discernere la ve-

rità dall’errore e di formulare un giudizio preciso. 

I giudizi che esse accettano sono sempre giudizi imposti e mai giudizi

discussi.

Da questo punto di vista sono numerosi gli individui che non sanno

elevarsi sopra il livello delle folle. 

La facilità con cui certe opinioni si diffondono deve essere collegata

soprattutto all’impossibilità, per la maggior parte degli uomini, di

formarsi un’opinione personale, basata sui propri ragionamenti. 

(G. Le Bon, Psicologia delle folle) 

 

 

 

folle: moralita' e ragionamenti

                                                             

LA CHIAVE DEL CAOS

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Dedico questa mia lettera ai poveri disgraziati

uccisi dalla pazzia legalizzata della civiltà, oggi

come ieri (http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/13/ritratto-gianluca-casseri-killer-estrema-destra-pensione-fantasy/177280/

Non faccio dell’inutile retorica con il sangue di

innocenti. 

Dedico loro queste ed altre parole, queste ed

altre poesie, queste ed altre pagine di storia,

contro la follia insensata del razzismo in cerca

dei suoi agnelli sacrificali.

Oggi come ieri.

 

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lettera-ad-abdi.html

 

 

 

                                               

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