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Negli stessi anni: sistemi di allarme (80)
Altri eretici a piedi o in bicicletta (in):
Penniwit l’artista e Bloyd l’eretico (82)
Prosegue in:
Billy the Kid (il ragazzo nato nella metropoli) (83)
Billy the Kid (il ragazzo nato nella metropoli) (84)
Da:
Signor Direttore,
l’anno scorso, come oggi, ero a Praga nel mezzo della Boemia,
di ritorno da Berlino; quest’anno sono a Pittsburg, nel cuore
della Pensilvania, reduce da Chicago. Vorrei dirvi dove sarà
press’a poco il terzo punto che l’anno venturo come oggi de-
terminerà il grande triangolo del globo; ma per ora mi limito
al racconto del passato.
Passando davanti all’Esposizione, entrai a dare un’ultima
occhiata al grandioso spettacolo di quelle gallerie. Parecchi
amici e colleghi avrebbero voluto accompagnarmi per un
tratto di strada fuori di Chicago; ma siccome io non potevo
fissare un’ora precisa per la partenza, ed essi d’altra parte
avevano le loro occupazioni, li pregai a desistere dalla gen-
tile idea.
Così alle 3 pom. del 27 settembre, fra gli augurii della buo-
na famiglia Stabilini e d’altri, montai tranquillamente in
sella del mio Rambler, con la lieta prospettiva di 8500 Km.,
e la speranza che il tempo voglia lasciarmeli compire senza
grandi noie.
Vo…pedalando e ammirando questo passato…
Pittsburg (Pensilvania), 6 ottobre 1895
La ferrovia del Pacifico.
Giunto fuori di Chicago, mi fermai a passar la notte ad
un albergo a Whiting e la mattina, al levar del sole, ri-
presi la via, parte a piedi, parte in bicicletto, fra i doppi
binari della ferrovia per evitare circa trenta
miglia di sabbia nella traversata dell’Indiana (là per il vero,
signor Direttore, incontrai un valido uomo, non so se predi-
catore, o cosa, mi parve umano e comprensivo e tollerante
verso tutti…).
Fra questi binari si potrebbe fare un’abbondante raccolta di
carbone, anelli, chiodi, viti, perduti dai treni.
Là si incontrano pure uccelli morti, tartarughe vive e mor-
te venute su dagli stagni laterali; vetri e bottiglie buttate giù
dai treni…, tantoché per il timore di ferire il mio bicicletto,
non potevo godere tranquillamente la superba veduta del
lago Michigan, che si ha alla sinistra per 20 miglia circa.
E’ quella la grande linea ferrata che va dritta a San Franci-
sco (otto giorni e otto notti di direttissimo da New York)
ed offre uno spettacolo che non lo può immaginare chi non
lo vede. I treni lampo passan lievi come ombre. Bisogna però
essere molto cauti quando passa un treno merci per non esser
sorpresi alle spalle e investiti da un diretto, come dal fulmine;
giacché il rumore dell’uno impedisce di udire quello dell’altro.
Io mi son trovato frammezzo a due treni con un solo palmo di
spazio per parte, e vi assicuro che provai una sensazione affat-
to nuova…
Stavo lì ritto e sottile appoggiato al mio Rambler, trattenendo
perfino il respiro. Un treno diretto era uscito dalla vicina fore-
sta senza che me ne fossi accorto…ed io frenai miracolosamen-
te in tempo il mio bicicletto a un palmo di distanza, mentre il
bello e orribile mostro passava via fischiando, levandomi dal
capo il berretto col vento…. ‘All right!‘ dissi fra me, rimontan-
do in sella, anche questa è passata.
Bisogna però notare, per bene intendere il caso, che gli Ameri-
cani usano le sbarre soltanto nelle traversate delle città.
Per le campagne e per i villaggi si limitano a porre una tavola
in cima a un palo con la scritta in lettere cubitali: ‘Railroad-
crossing, lock out for the cars’.
E così avviene che le catastrofi capitano spesso.
Ma che importa!
In America basta far presto.
(L.Rossi, L’anarchico delle due ruote)