Precedente capitolo:
storia universale dell’infamia (11)
Prosegue in:
storia universale dell’infamia (13)
Da:
Quel che è triste, è che questa specie di delirio sorto sul suo fondo
morboso, epilettoide, si sia alimentato e moltiplicato, come spesso
accade e come avviene dei microfiti che prolificano sui tronchi
malati degli alberi, secondo una nota legge psicologica, per il con-
senso e la simpatia di un popolo, in cui la permanenza di sentimen-
ti barbari e il peso dell’ingiustizia sociale educa criteri e sentimenti
quasi selvaggi.
Se Musolino avesse visto intorno a sé il silenzio, la ripugnanza e l’o-
stilità, avrebbe delinquito, ma non avrebbe mai osato elevare la sua
persona all’altezza dell’eroismo.
Ma si domanderà: perché e come nacquero queste vive simpatie?
A parte il fatto che dappertutto il popolino ha una venerazione per
questi, da lui creduti eroi, che sanno opporre una resistenza energica
all’autorità armata e prendono indirettamente sui ricchi le vendette
dei poveri, e non offendono questi, da cui nulla possono cavare, a
parte ciò, per cui ogni brigante ha sempre avuto nelle plebi un parti-
to favorevole, la ragione qui è che nei bassi strati popolari, specie nel-
le vallate più remote calabresi, la vendetta è considerata come un di-
ritto e anzi un dovere.
Le vendette di Musolino parevano a molti giustificabili, inquantoché
egli voleva vendicarsi di coloro che avevano contribuito a fargli avere
una pena creduta sproporzionata, vent’anni di galera per un tentato
omicidio.
Si aggiunga, a rinfocolare quella specie di compiacenza, direi quasi
patriottica o di classe, con cui i suoi convalligiani vedevano un uomo
resistere ad un’intera nazione, che egli non commetteva mai rapine,
né stupri, né furti, che sono ancora considerati delitti anche dai po-
poli poco civili; al contrario, anzi, pare che impedisse i piccoli reati
di campagna, incutendo un salutare terrore nei malfattori, che erano
diminuiti nel suo territorio del 50%; il che spiega come i grossi pro-
prietari, non solo lo mantenessero segretamente, ma avessero già e-
spresso il desiderio di fare una supplica al Parlamento in suo favo-
re, e che in suo favore si fosse mosso il sindaco del suo paese, men-
tre d’altra parte le associazioni criminose, pullulanti nei bassi fondi
di Palmi e Reggio, s’ispiravano a lui come un eroe e portavano il suo
nome e lo acclamavano presidente onorario (esempio lampante di
come la mafia si instaura, protetta, nelle istituzioni civili della na-
zione, con il consenso della politica).
Da ciò una specie di leggenda intorno a lui che faceva innondare
tutta l’Italia di romanzi, fiabe e canti in suo onore, e che eragli di
schermo e protezione contro l’intiera polizia italiana, più che non
avrebbe potuto una grande schiera d’armati.
E a questo ha contribuito non poco il Governo, esagerando negli
inutili, costosi, rumorosi conati prima di prenderlo, poi per assi-
curarne la custodia, adoperando freni speciali, doppi muri, ecc.,
invii speciali di direttori di carceri, procuratori, ecc., quasi si trat-
tasse di un formidabile avversario, di un De Wett, di un Garibaldi,
e non ricordando un detto di Napoleone, il quale, da quel grande
brigante che era, di briganti era pratico, cioè……
nulla favorirne più l’incremento quanto il rumore che il Governo
fa intorno a loro. E ciò tanto più che, per prendere un uomo solo, i
molti sono più d’impaccio che di vantaggio, allo stesso modo che una
mosca si colpisce più facilmente con un piccolo cencio che con una
cannonata.
Estinte o divenute borghesi le famiglie nobili, quelle che ne avevano
occupate le rocche feudali discesero da queste alle città, circondate da
un esercito di guardiani in pieno assetto di guerra; superbe della pro-
pria forza, sdegnarono confondersi con le classi borghesi, per indiriz-
zarle sulla via del progresso.
Quindi la ricchezza si ridusse nelle mani di pochi i quali, mentre iste-
rilirono la produzione, estendevano inutilmente i loro possessi usur-
pando alle popolazioni demaniali.
I proprietari, godendo enorme estensione di terre, sdegnavano col-
tivarle intensivamente. Di qui la povertà estrema degli agricoltori,
ridotti a meri strumenti di lavoro, mai elevati a mezzadri.
Nel solo tribunale di Catanzaro si ebbero 701 esecuzioni immobi-
liari per debiti, di cui 80 non superiori a lire 5.
Il grande proprietario o il suo agente, circondato dai suoi compari,
esercita in molte vallate remote una tirannia pari a quella dell’anti-
co barone. Circondato da un esercito di guardiani in pieno assetto di
guerra, sdegna discendere fra le classi povere, e così indirizzarle sul-
la via di progresso.
Gli agricoltori, ridotti a mero strumento di lavoro, sono di uno stra-
ordinario abbrutimento.
“Nella prepotenza dei ricchi sui poveri, inutilmente protetti dalle
leggi”, continua il procuratore del Re E. Ruiz, in un mirabile discor-
so inaugurale, che in altre sedi e tempi avrebbe procurato all’orato-
re qualche anno di carcere per eccitamento all’odio di classe, tanto
da noi si sa provvedere ai mali punendo chi li denuncia, “si intende
la forza e il perché il brigantaggio ammirato dal popolo, poiché le
sue violenze vendicavano altre violenze, altre ingiustizie, che l’au-
torità non sapeva reprimere”.
“A questo stato di cose, scriveva Oliva (Discorso inaugurale giuridi-
co dell’anno 1896), creato dalla violazione delle più comuni leggi
economiche, si aggiungono le prepotenze e violenze usate dai ricchi,
che tutto potevano, sui poveri impotenti a sostenere i loro diritti, pur
riconosciuti dalle leggi, e s’intenderà il perché del brigantaggio rima-
sto leggendario, per le sue gesta feroci e generose ad un tempo, che si
ricordano dal popolo con accento di paura e di ammirazione, ricono-
scendo che tante stragi e saccheggi rispondevano ad altre ingiustizie,
che l’autorità sociale non valeva a reprimere”.
(C. Lombroso, Delitto, genio, follia)