Precedenti capitoli:
l’eresia del lettore (ed i limiti-della cultura) (13)
l’eresia del lettore (ed i limiti della cultura) (14)
Prosegue in:
Per essere buoni giudici della storia, è importante, anche
e soprattutto, evidenziarne i giusti meriti, che a mio avvi-
so, non debbono essere sottovalutati, di chi spesso nomi-
nato nel difficile giudizio e rapporto che incorre fra l’orto-
dossia con l’eterodossia.
Per non incorrere, e troppo spesso inciampare, nel facile
ed ugual errore di quegli stessi inquisitori così spesso no-
minati. L’importante è cogliere l’inquadramento storico
così come questo può apparire nelle tinte, non sempre fo-
sche, di un felice quadro, in cui i francescani ed i minoriti
e tutti quegli ordini direttamente o indirettamente da
‘Francesco’ derivati (i quali rappresentano un paesaggio
il cui studio appare interessante ed altresì attuale) hanno
dato e continuano a dare il ‘giusto’ (quando non sono inqui-
sitori) contributo nella difesa di tutti quei valori cui l’uomo,
riflesso nel sistema sociale ‘cui è costretto partecipare’, spes-
so suo malgrado, ne diviene vittima, consapevole e non….
Uno di questi motivi, di quella come l’attuale società, è il
difficile tema dell’usura, colpa spesso attribuita in maniera
affrettata, nei vari giudizi storici, da cui sovente gli eretici
(e non solo) si sono dovuti difendere da un non approfon-
dito esame socio-economico della loro condizione.
Non mi dilungo in un inutile sermone, che richiederebbe
una analisi cui gli eretici (nei vari secoli cui sono protago-
nisti, sin dagli albori dei Vangeli di Cristo) furono costret-
ti, ed a cui, nell’impossibilità di amministrare i propri beni,
si dovettero indirizzare. Nei diversi contesti sociali in cui
il loro ruolo non fu mai riconosciuto né tantomeno ‘ufficia-
lizzato’ così’ da dover vivere ‘anche negli agi’ nel costante
timore che la legge (ecclesiastica e non) poteva interveni-
re per quegli ‘errori’… in cui la storia giammai deve rica-
dere.
E di cui, l’ortodossia cattolica, di contro, ha combattuto la
giusta ‘guerra’ con i suoi rappresentanti…, nella differenza
sostanziale (riportata nella breve citazione di Le Goff ‘Sosta
ad Avignone) che un papa era in grado di ri-organizzare le
proprie finanze in modo più che legittimo, mentre non mol-
to lontano da lì, secolari protagonisti di tristi vicende ere-
tiche furono costretti (come in altri luoghi), causa l’inaspri-
mento inquisitoriale, a veder distrutti sottratti e confiscati
tutti i propri averi.
Quindi di fondo, ci sono delle precise motivazioni socio-
storico-economiche diluite nella clessidra del Tempo, nel-
le quali, se pur contraddicendo i loro stessi principi, alcu-
ne di queste sette ereticali, si videro costrette a delle prati-
che condannate (giustamente) da un preciso pensiero reli-
gioso (e non solo), che non doveva essere macchiato da
quella stessa ‘materialità’ cui ambedue (ortodossia e etero-
dossia) combattevano.
Nella differenza, che l’ortodossia con i suoi scismi ordini
e poteri ben estesi e riconosciuti ovunque, poteva conta-
re su una solida e redditizia base economica, principio di
ricchezza e potenza; l’eterodossia, invece, navigando in
un contesto sociale non sempre consolidato (eccetto che
in precisi ruoli e caste) nell’inquadramento della città-
stato, o castello-stato, doveva far forza su quegli stessi
principi che spesso combatteva.
La corretta analisi storica impone quella imparzialità cui
spesso i nostri assistiti ne furono privati, per essere al di
sopra dei ruoli che la società ed i suoi costumi troppo
spesso vogliono attribuire senza la giusta e dovuta……
conoscenza.
Quindi, la correttezza storica impone questo compito se
si vuol essere, non dico giudici, ma per lo meno ‘giusti
testimoni’, di quello stesso quadro cui sovente ci affac-
ciamo per ammirare oltre che la bellezza dei suoi conte-
nuti, anche le giuste proporzioni, la giusta prospettiva,
la maestria e l’ingegno, che spesso sappiamo costretti a
temi ricorrenti per le volontà dei suoi acquirenti nel va-
sto panorama italiano (e non solo) dell’arte e della cultu-
ra, e che ci debbono far riflettere, anche, e non per ultimo,
sui reali e veri contenuti che vanno al di là delle pure for-
me ricorrenti rappresentate.
In ragione di questi motivi riporto questo prezioso ed il-
luminante se pur breve documento storico per il tema fin
qui trattato.
(Giuliano Lazzari, curatore del blog….)
Il 5 novembre 1387 il domenicano Antonio di Settimio,
inquisitore nella Lombardia superiore e marca genovese,
si trova nella cappella dei Battuti di Pinerolo, uno dei luo-
ghi che aveva scelto per svolgere la sua attività antieretica-
le nel Piemonte occidentale.
Davanti a lui Antonio Galosna, originario di S. Raffaele –
una località posta sulle colline, oltre il Po, di fronte Chivas-
so -, che il registro inquisitoriale qualifica come ‘frater de
Tertio Ordine Beati Francisci’.
Non casualmente la prima domanda che l’inquisitore rivol-
ge al Galosna si riferisce a ‘quis dediti sibi habitum quem
portat fraticellorum Tertie Regule Beati Francisci’.
Il domenicano Antonio di Settimio vuole dunque sapere se
il Galosna appartenga a pieno diritto al Terz’Ordine oppu-
re se sia uno dei tanti predicatori itineranti che si attribui-
vano o ai quali popolarmente veniva attribuito il titolo di
‘frater’ in riferimento alla loro attività religiosa e al loro sti-
le di vita ispirati genericamente a modelli evangelico-pau-
peristici o, più in particolare, all’esperienza francescana,
anche se non riconosciuti canonicamente.
Il Galosna risponde di aver ricevuto l’abito del Terz’Ordi-
ne da Tommaso Ferreri e dei Ferraris di Chieri, provenien-
te dall’Ordine dei Minori nel 1377.
Il Galosna in seguito era rimasto legato a questo vescovo:
ne era stato ‘socius’ e lo aveva accompagnato nel 1381 nel-
le valli di Lanzo, quando il vescovo si era là recato a con-
sacrare le chiese di Viù e di Pessinetto.
Proprio a Viù – località montana, principale centro dell’-
omonima valle – casualmente il Terziario aveva fatto in
quell’occasione la sua prima conoscenza degli eterodossi.
(Prosegue…)