L’INFERNO DEI CAVALIERI

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L’Inferno

dei cavalieri

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Frammenti in rima

 

 

 

l'inferno dei cavalieri

 

 

 

 

 

 

 

 

Su questo teatro del mondo che qui funge da orizzonte, gli elementi

della Natura e gli istinti malvagi dell’uomo si affrontano.

La smisuratezza dell’inventiva, della volontà di potenza e dell’egoi-

smo umano non soltanto fanno violenza alla Creazione, ma distrug-

gono anche ogni possibilità di vita comune tra gli uomini.

Dalla situazione iniziale d’un mondo stravolto da cima a fondo a

causa della Caduta, Bosch passa al presente e mostra come l’ordine

sociale del suo tempo sia minato dalla stessa corruzione, dallo stes-

so male.

Per stigmatizzare potere temporale e potere spirituale, egli si limita

qui, prudentemente, A RITRARRE I MONACI E I CAVALIERI, ber-

sagli tradizionali della satira popolare.

Ma, ponendo alla gogna questi due ordini – gli uni messi in caricatu-

ra come cavalieri erranti e sanguinari, gli altri come missionari fana-

tici ed ipocriti – egli manifesta una tale aggressività che i suoi attacchi,

andando oltre i personaggi in questione, raggiungono quelli che, invi-

sibili, stanno alle loro spalle. 

E’ il concetto stesso di autorità che Bosch qui abbatte.

In queste immagini militanti, denunzie feroci contro monaci e cava-

lieri, il Libero Spirito rivoluzionario insorge e lancia il suo grido di

odio IN TYRANNOS.

Principio adamita e principio aristocratico sono inconciliabili: l’uno,

in effetti, ha come postulato sociale l’uguaglianza totale di tutti i figli

di Adamo; l’altro poggia sulle prerogative di una nascita ‘superiore’. 

Un proverbio famoso pone questa domanda egualitaria: “Quando

Adamo zappava ed Eva filava dov’era il nobile?”. 

In questo quadro Bosch denuncia con forza i privilegi della nobiltà e

la stigmatizza come umanità interamente votata alla violenza e all’as-

sassinio.

Per quanto eccessivo sia il fanatismo della caricatura, siamo senza dub-

bio in presenza del primo esempio di un’opera, impegnata dal punto di

vista storico e sociale, che inciti all”eliminazione dei tiranni’.

La scena a destra del mostro rappresenta un cavaliere steso sulla sua

bandiera, nel mezzo di un piatto posto sul ‘filo del rasoio’. Il cavaliere

tiene nella mano sinistra una pisside, da cui l’ostia è caduta a terra.

Egli ha manifestamente volto le sue armi contro il Santissimo, ha com-

messo un attentato sacrilego al ‘corpo del Signore’.

Ma il suo peccato non è la spoliazione di una chiesa: è di tutt’altra na-

tura. Bosch ha qui interpretato l’ostia come ‘immagine di Dio’, come

simbolo di Dio: è questo che gli permette di denunciare implicitamen-

te il mestiere cavalleresco DELLE ARMI come un peccato mortale per-

petuato sul corpo dell’altra ‘immagine di Dio’, l’uomo.

Un passaggio molto ‘adamitico’ della Scrittura suona infatti: ” Chiun-

que versi sangue umano, sarà versato il suo sangue, perché l’uomo è

stato fatto ad immagine di Dio”.

Sei basilischi assalgono da ogni parte il cavaliere che, in cerca di pro-

tezione, tende la mano destra verso la sua bandiera, come se questa

insegna di casta gli potesse essere di aiuto anche tra i tormenti dell’-

Inferno.

Ma è precisamente questa bandiera, emblema dell’orgoglioso privi-

legio, dell’arrogante differenziazione del resto della comunità uma-

na, che lo precipita definitivamente nell’Inferno.

Il gagliardetto infatti porta il simbolo assoluto del male, il rospo.

Nella tradizione biblica e popolare quest’animale è considerato il

rampollo dell’Inferno, e nei numerosi verbali di processi di caccia

alle streghe si legge che il diavolo era solito apparire sotto la for-

ma laida del rospo.

Il Libero Spirito, il cui ideale comunitario era l’amore, ideale creato-

re, considerava la cavalleria, basata sul principio della guerra, come

il principio distruttore e antagonista.

Così Bosch ha rappresentato l’albero genealogico della cavalleria

completamente defoliato, sterile, ostile alla vita. 

La balestra è l’unico frutto appeso ai suoi rami, ed è un’arma di mor-

te. L’albero della Vita si è trasformato nel palo di tortura per i suoi

rampolli. 

Con l’elmo profondamente calato sulla testa, ma nudo come ogni al-

tro figlio di Adamo, un giovane nobile senza difesa è legato all’albe-

ro.

Un cavaliere dell’Inferno, ricoperto da un’armatura fantastica, gli af-

fonda una spada enorme nel ventre. Notiamo che la spada trapassa

il vetre esattamente attraverso l’ombelico. 

La nemesi s’impadronisce del suo corpo, passando per quello che è

il sigillo stesso della sua pretesa ‘nascita superiore’. 

Il castigo mortale è commisurato alla norma che ha governato la sua

esistenza. Essendosi imposta con la spada, la nobiltà è distrutta dal-

la spada. Ma questo castigo non soddisfa completamente Bosch. 

Dopo aver negato per principio tutte le prerogative della nobiltà, que-

sta morte per spada gli sembra ancora ‘troppo cavalleresca’. Per squa-

lificare sino in fondo il cavaliere-signore, gli ha riservato un’altra mor-

te, ancora più infame: un boia sta salendo una scala appoggiata contro

l’albero con la palese intenzione di impiccare senza misericordia il

cavaliere, come un volgare assassino o ladro. 

Questa scena dimostra un’analogia tra il Libero Spirito e il movimen-

to Hussita. Citiamo ,ora, un documento di poco posteriore al nostro

dipinto, concepito secondo lo stesso spirito. 

Vi troviamo lo stesso odio nei riguardi della nobiltà, e la tensione de-

mocratica finisce anch’essa per assumere dimensioni cosmiche per l’-

impegno dell’autore a individuarne la traccia in tutti i livelli della

natura.

Questa testimonianza di propaganda contro la tirannia è tratta dal

capitolo LXXX, intitolato ‘De Nobilitate’ di Cornelio Agrippa:

 

SAREBBE TROPPO LUNGO DESCRIVERE L’ORIGINE DI TUTTI

GLI IMPERI E ANALIZZARE L’INTERO CORSO DELLA STORIA.

HO TRATTATO QUESTO ARGOMENTO A FONDO IN UN LIBRO

PARTICOLARE….DOVE HO PROVATO CHE MAI VI FU IMPERO –

E LO STESSO VALE PER LA NOSTRA EPOCA – IL CUI SVILUPPO

NON FOSSE BASATO SULL’ASSASSINIO, SUL TRADIMENTO,

SULLA SLEALTA’, SU OGNI SORTA DI CRUDELTA’, DI MASSA-

CRI, DI OMICIDI E DI VIZI ORRENDI: VOGLIO PARLARE DI

QUESTE ARTI PRATICATE DALLA NOBILTA’. QUANDO AVRE-

MO APPRESO A CONOSCERE LA MOLTEPLICI TESTE DI QUE-

STA BESTIA, POTREMO INTUIRE FACILMENTE LA NATURA

DELLE ALTRE SUE MEMBRA, VALE A DIRE LA VIOLENZA, IL 

SACCHEGGIO, L’OMICIDIO, LA CACCIA E GLI ALTRI ESERCI-

ZI CONSACRATI AL PIACERE E ALLA CORRUZIONE. NON AB-

BIAMO PIU’ DUBBI: LA NOBILTA’ E’ MARCIA NON SOLAMEN-

TE PER ABITUDINE E PRATICA, MA PER SUA STESSA ESSENZA.

(W. Fraenger, il regno millenario di Hieronymus Bosch;

Hieronymus Bosch, Il Giardino delle delizie, Inferno)

 

 

 

 

 

 

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