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Dialoghi con Pietro Autier 2 &
Quanta ipocrisia!
Dici di non essere padrone e non sopporti di farti chiama-
re così, ti sdegni a tal punto che hai già persuaso la mag-
gior parte di noi, da lungo tempo abituata a rimuovere
come odioso questo nome del comando; TUTTAVIA ci
costringi poi a essere SCHIAVI DEI MAGISTRATI e del-
le leggi.
Certo, quanto sarebbe meglio che ti chiamassimo padro-
ne, ma che di fatto ci lasciassi liberi, tu mitissimo nei no-
mi, durissimo invece nei fatti.
Tu ci tormenti, inoltre, imponendo che i ricchi non com-
mettano abusi nei tribunali, e impedisci ai poveri di ca-
lunniare.
Allontanando le compagnie teatrali, i mimi e i ballerini,
hai mandato in rovina la nostra città, così da te non ci
viene alcun bene se non la pesantezza; sopportandola
ormai da sette mesi, da un lato per liberarci completa-
mente di questo malanno abbiamo fatto ricorso alle
preghiere delle vecchiette che si aggirano tra le tom-
be, d’altro canto abbiamo ottenuto lo stesso con le no-
stre facezie, trafiggendoti con gli scherni come con
saette.
E tu, valoroso, come sopporterai i dardi dei Persiani,
tu che hai tremato di fronte ai nostri scherni?
Ecco, per l’appunto, voglio diffamarmi di nuovo, pren-
dendo altre mosse: Ci vai spesso nei templi, misantro-
po, screanzato, odioso in tutto.
Per te le moltitudini accorrono nei santuari, e anzi an-
che la maggior parte dei magistrati, e nei santuari ti
accolgono con acclamazioni e applausi, splenditamen-
te, come a teatro.
Perché, dunque, non li hai cari e non li elogi, ma in que-
ste cose pretendi di essere più saggio del dio pitico, e ar-
ringhi la folla, e rimproveri quelli che gridano….
(Giuliano Imperatore, Misopogon)