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In un giorno opaco, caldo e nebbioso, verso la fine di novembre
durante lo strano interregno delle stagioni che in America viene
denominato estate indiana, il signor Bedloe partì come di consu-
eto per le colline. Passò tutto il giorno ed egli non era ancora tor-
nato. Erano quasi le otto di sera e, seriamente preoccupati per la
sua prolungata assenza, ci accingevamo a metterci alla sua ricer-
ca quando improvvisamente riapparve tra noi in condizioni di salu-
te non peggiori del solito, ma molto più animato del consueto.
Il resoconto che fece della sua escursione e degli eventi che gli a-
vevano fatto ritardare il ritorno, fu veramente singolare. ‘Ricorderà’,
disse, ‘che erano all’incirca le nove del mattino quando ho lasciato
Charlottesville.
Indirizzai subito i miei passi verso le montagne e alle dieci circa en-
travo in una gola che era assolutamente nuova per me. Seguivo con
grande interesse i tornanti del passo. Lo scenario che presentava da
ogni lato, sebbene non potesse definirsi esattamente grandioso ave-
va un’aria indescrivibile e un aspetto per me delizioso di tetra desola-
zione. Il luogo solitario sembrava assolutamente vergine….’.
‘Mi alzai’, continuò Bedloe, guardando il dottore con una espressione
di profondo stupore, ‘mi alzai come lei ha detto, e discesi in città. Sulla
mia strada incontrai una gran quantità di gente che affollava ogni stra-
da, tutti nella stessa direzione, mostrando la massima eccitazione in
ogni atto.
Tutto ad un tratto, per un inspiegabile impulso, mi trovai personalmen-
te impegnato in quanto stava accadendo.
Mi sembrava di dover giocare un ruolo primario senza capire esatta-
mente di che cosa si trattava. Sentii, tuttavia, di provare un sentimento
di profonda animosità contro tutta la folla che mi circondava. Sgusciai
via dalla loro stretta e rapidamente, seguendo un percorso periferico,
raggiunsi la città e vi entrai.
Qui regnavano la più grande agitazione e la più animata disputa…..
Una freccia o una lancia mi colpì sopra la tempia destra, vacillai e cad-
di.
Un terribile male si impadronì di me in un istante. Lottai… annaspai…
morii….
‘Non potrà ora testardamente insistere a dire’, dissi sorridendo, ‘che
tutta la sua avventura non era un sogno.
Non vorrà sostenere di essere morto?’.
Dicendo queste parole, mi aspettavo in realtà una qualche vivace re-
azione da parte di Bedoloe, ma con mia sorpresa, egli esitò, diventò pau-
rosamente pallido e rimase silenzioso.
Gurdai verso Templeton.
Sedeva eretto e rigido sulla sedia… i suoi denti battevano e gli occhi
sembravano volergli uscire dalle orbite.
‘Continui’, intimò con voce roca a Bedloe….
‘Per molti minuti’, continuò quest’ultimo, ‘il mio unico sentimento – l’unica
sensazione – fu di buio, di nullità con la consapevolezza della morte. Suc-
cessivamente sembrò che la mia anima fosse scossa da una violenta, im-
provvisa scarica, come una scarica elettrica. Quest’ultima la sentii – non
la vidi.
Poco dopo mi sembrò di alzarmi da terra, ma non avevo una presenza cor-
porea, visibile, udibile o palpabile.
La folla era sparita, il tumulto era cessato, la città era in relativa quiete.
Al mio fianco giaceva il mio cadavere, con la freccia nella tempia, e tutta la
testa molto gonfia e sfigurata. Tutte queste cose io le sentivo, non le vede-
vo.
Non mi interessava niente, perfino il cadavere era un oggetto che non mi in-
teressava. Non avevo alcuna volontà, mi sembrava fossi costretto a muo-
vermi e volteggiando nell’aria veleggiai fuori della città, ripercorrendo il sen-
tiero periferico attraverso il quale ero entrato in essa.
Quando raggiunsi quel punto della gola in mezzo alle montagne, nel quale
avevo incontrato la iena, sentii nuovamente una scossa elettrica; ritornaro-
no le sensazioni del peso, della volontà, dell’esistere. Tornai ad essere me
stesso quale ero in origine e rivolsi i miei passi per tornare rapidamente a
casa…
Ma il passato non aveva affatto perduto la vividezza della realtà….
E nemmeno ora posso costringermi neanche per un istante a considerar-
lo un sogno…’…….
… A cosa serve la Storia se non imparare dagli… orrori e ceneri del nostro
passato! Chi sordo e cieco verso di essa non potrà mai sperare in un giu-
sto progresso umano e civile. La civiltà si fonda non tanto sul progresso ma
sul grado di percezione del nostro passato, sul grado di consapevolezza dei
nostri errori…. Costruire il nostro domani sulla stratificazione di ciò che è
stato e mai sarà più, questa è la migliore geologia che il Nostro Dio….
Primo o Secondo di questa nostra umile Storia… comanda e spera….
… Sono i Grigioni discendenti da quei Reti che, devoti a libera morte, difese-
ro l’indipendenza loro contro le armi di Roma, stando a scirocco della Sviz-
zera, nelle valli che sorgono il Reno e l’Inn, e dove molti Romani rifuggirono
al cader dell’antichità, siccome l’attesta la lingua che ancor vi si parla, detta
ladina e romancia.
Fra le turbinose vicende che mutarono faccia all’Europa, subirono anch’es-
si le leggi della prepotente feudalità e il dominio dei vescovi di Coira e d’una
folla di signorotti che, possedendo appena poche pertiche di paese, si arro-
gavano però la sovranità indipendente, guerreggiavano coi vicini, opprime-
vano i sudditi, svaligiavano i viandanti.
Ai costoro opposero i popoli la concordia dei voleri. Insorti, furono però mo-
derati dall’essersi posti alla loro testa il vescovo di Coira, gli abati di San
Gallo e di Dissentis, sotto cui la direzione si formò la ‘lega Caddea’. Gli al-
tri preti ne presero coraggio a domandare ai loro signori giustizia e sicurez-
za. I quali signori, accoltisi intorno ad un acero che si venera presso Truns,
fra Hanz e l’abadia di Dissentis, e sospesi i loro grigi gabbani al ferrato ba-
stone infisso nelle rupi, giurarono d’essere buoni e leali federati, e così for-
mossi la ‘lega grigia’ che diede agli altri il nome di Grigioni.
Ciascuna lega restava divisa in comuni, ognuno dei quali regolava i propri
affari interni e mandava deputati alla dieta, talché il governo fu quivi più de-
mocratico che in qualsiasi luogo e possedeva quel voto universale, che og-
gi vuol considerarsi come la miglior espressione della libertà. Ogni valle, in-
fatti, ogni terra, ogni parrocchia, si conservò stato indipendente, con gover-
no proprio, diritti, privilegi.
… Giovanni Comander, arciprete della cattedrale in Coira, Enrico Spreiter,
Giovanni Blasius, Andrea Fabritz e Filippo Salutz avevano propagato fra i
Grigioni le dottrine di Zuinglio e di Calvino, e ben presto la Riforma si stabi-
lì in codesti luoghi. Invano gli Svizzeri fedeli tentarono rimettervi il cattolici-
smo; invano della Riforma disgustarono gli Anabattisti ed altri trascenden-
ti, dai quali Lutero e Zuinglio erano esecrati non meno che il papa: nella
dieta d’Hanz fu stabilito che a tutti fosse libero professare la religione cat-
tolica o l’evangelica; e questo restò fino ad oggi lo statuto dei Grigioni.
Ogni parrocchia ebbe il diritto di scegliersi i pastori; sciolti gli obblighi ere-
ditati di far celebrare messe e anniversari; non si ricevessero più frati nei
monasteri, non si mandasse denaro a Roma per annate o dispense o
che altro motivo.