Precedente capitolo:
Prosegue in:
Non rompetegli le ‘Baal’ (le visioni dei folli e la follia del genere umano)
Foto del blog:
Da:
Nel mandare Giuliano a Makellon, l’imperatore aveva disposto che
lo si preparasse alla carriera ecclesiastica.
Con questo mezzo sperava di distoglierlo da qualsiasi aspirazione
al potere. Che gioia avrebbe provato se un giorno l’avesse sentito
dire con tutta sincerità: “Il mio regno non è di questo mondo!”
Sperando così di farne almeno un monaco, aveva incaricato Gior-
gio di Cappadocia, vescovo ariano di Cesarea, di perfozionare l’-
istruzione religiosa.
Questo vescovo che doveva supplire alla funzione di precettore
e fratello, di Giuliano, era settario, litigioso, poco degno di stima
sotto ogni riguardo.
Ma per Giuliano c’era un vantaggio imprevisto.
Giorgio possedeva una biblioteca molto fornita, dove il giovane
poteva servirsi a suo piacimento. E non si può negare, dal momen-
to che Costanzo voleva fare di lui un uomo di chiesa, che questa
fosse una grave imprudenza.
Questo suo fratello, oltre alla Bibbia, nella sua biblioteca, dispone-
va di numerose opere di autori cristiani, particolarmente di Origi-
ne d’Antiochia e Dione Crisostomo; ma vi scoprì ancora, senza che
il vescovo se n’accorgesse, molte opere di filosofi pagani (si narra
a tal proposito, che disponesse di tali opere, per perseguire i loro
seguaci negli antichi precetti …filosofici): Pitagora, Platone, Aristo-
tele, Eraclito, e anche Plotino, Porfirio e Giamblico.
Giuliano se ne appropriò per leggerle a suo agio con avida curio-
sità.
Se l’Iliade, raccomandatagli da Mardonio in Astakos, gli aveva
procurato ore di estasi, i trattati di filosofia di Porfirio e Giambli-
co lo folgorarono letterarlmente.
Il De Mysteriis, le Lettere a Macedonio e gli Oracoli caldaici s’-
impressero nel suo spirito a caratteri di fuoco.
Più filosofo che poeta, cioè più sensibile alle idee che alle imma-
gini, Giuliano trovò in quegli scritti la conferma di tutti i suoi
presentimenti.
Vi scoprì, soprattutto, una teologia solare che lo colpì nel più
profondo dello spirito, perché recava nuovi e decisivi argomen-
ti a sostegno di quel culto del Sole che avevano praticato i suoi
avi.
Lesse e rilesse, fino ad assimilarla nello spirito, la professione di
fede che il Saggio di Calcide collocò, come un arco di trionfo, al
principio della sua opera imcomparabile: “La luce è una, univer-
sale, eterna. Essa è indivisibilmente presente nel profondo di tut-
te le creature. Essa riempe tutto l’universo con la sua potenza in-
finita.
E a sua imitazione che il cielo e la terra compiono il loro moto di
rivoluzione. Essa fa sì che il principio e la fine di tutte le cose
sempre si ricongiungano. Essa realizzerà la continuità e l’armo-
nia dell’universo”.
Giuliano, sconvolto da quella prosa solenne, che risonava nel suo
spirito con la cadenza d’un inno di vittoria, chiuse gli occhi e so-
spese la lettura.
Pervaso da una gioia intima, ineffabile, vide dissiparsi la caligi-
ne che fino allora gli aveva impedito di scorgere il cammino del-
la salvezza.
Ebbe la netta impressione che nel suo spirito stesse sorgendo u-
na nuova aurora. Trascinato dall’entusiasmo, si sentì portato a
esclamare:
“Tutto s’illumina!”.
Ma che cos’è l’entusiasmo, se non la presenza di un dio in noi?”
Ormai Giuliano portava un Dio nel cuore, e certamente non po-
teva essere lo stesso Dio del fratello acquisito, viscido vescovo,
presunto fratello, e odiato precettore….