MA TE CHE MI VEDI SEI SICURO INTENDERMI? (23)

 

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Precedenti capitoli:

Nel mezzo del cammin di nostra vita…(22/1)

Prosegue in:

Partimmo per ricomporre il Tempo (24/5)

Foto del blog:

La conservai tutta entro una biblioteca…

Poi partimmo per correggere il Tempo e

Ammirammo sora Natura….

Da:

i miei libri

 

 

 

 

PROGETTI: Ma te che mi vedi sei sicuro intendermi…?

 

 

 

 

 

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DISCESA NEGLI INFERI (19)

 

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Precedenti capitoli:

L’Inferno della…. Compagnia…. (18/1)

Prosegue nell’:

….Antiferno… (20)

 

 

 

(Confessioni di una amica… ora ricoverata presso il reparto

neuro-psichiatrico dell’Università di Basilea…. assieme a Sonia

inseparabile sua amica….)

 

La loro casa! La loro casa!                                                                  

L’avevano persa!

Dolore, disperazione, rabbia lo travolsero…

Che cos’era, di fronte a questa spietata,

straziante realtà, qualunque timore nutrito in carcere?

Di fronte alla vista di gente sconosciuta che viveva nella sua casa,

che appendeva le proprie tendine alle sue finestre, che lo squadrava

con occhi ostili?

Era mostruoso, era incredibile…. Non potevano farlo….

Non poteva esser vero! Se pensava a quel che aveva passato per quella

casa…

le miserie che tutti avevano sofferto per quella casa….il prezzo che ave-

vano pagato pur di averla!…

 

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Gli tornò alla mente il ricordo di tutta la lunga agonia.

I sacrifici, quei trecento dollari che erano riusciti a mettere insieme, tutto quel

che avevano al mondo, tutto quello che li separava dalla morte per inedia!

E poi la fatica quotidiana, mese dopo mese , per racimolare i dodici dollari,

oltre gli interessi, e poi le tasse e le altre spese e le riparazioni e che altro!

CI AVEVANO MESSO L’ANIMA per pagarsi quella casa, l’avevano pagata

con il loro sudore, con le loro lacrime…. Di più, il loro sangue.

Dede Antanas era morto in quella lotta per metter da parte il denaro…

Sarebbe stato ancora vivo e arzillo, oggi se non fosse dovuto andare a lavo-

rare nei bui sotterranei della Durham, per guadagnare la sua parte.

 

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E Ona, anche lei aveva dato salute ed energie per pagare la casa…  

E ora, era a pezzi, distrutta; e lui pure, che non più di tre anni fa era un

giovane grande e grosso e ora se ne stava seduto lì, tremante, spezzato

nel morale, vinto, a piangere come un bimbo isterico.

Ah, avevano gettato tutti se stessi, nella lotta; e avevano perso, avevano

perso! 

Tutto quel che avevano sborsato, era andato in fumo, centesimo dopo

centesimo.

Anche la casa era andata in fumo: erano tornati al punto di partenza, di nuovo

per strada a morir di fame e di gelo!

Ora, Jurgis riusciva a vedere tutta la verità; poteva vedersi, attraverso quella

lunga sequenza d’avvenimenti, vittima d’avvoltoi famelici che s’erano gettati su

di  lui, strappandogli quanto aveva di vitale, divorandolo; di demoni che non

gli avevano dato tregua, che l’avevano torturato senza perder l’occasione di

deriderlo, di sghignazzarli in faccia.

 

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Ah, Dio, l’orrore di quella storia, la mostruosa, l’orrenda, la demoniaca

perversione di tutto quanto! Lui e la sua famiglia, donne e bambini indifesi,

che lottavano per sopravvivere, ignorati, abbandonati a sé, sperduti, e intorno,

quei nemici in agguato, pronti a balzar loro addosso, che li incalzavano da pres-

so assetati del loro sangue!

Quel primo maledetto volantino pieno di falsità!

Quel maledetto agente immobiliare, untuoso e mielato!

E poi la trappola delle spese extra, degli interessi,  di tutti quei contributi che non

avevano alcuna possibilità di versare, che nemmeno si sarebbero provati a pagare!

E gli imbrogli degli industriali conservatori, loro padroni e loro tiranni….

 

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Le serrate e la mancanza di lavoro, gli orari irregolari, gli spietati aumenti di

produttività, il taglio dei salari, il rialzo dei prezzi! E la crudeltà della natura

intorno, il caldo e il freddo, la pioggia e la neve; la spietatezza della città, del

paese in cui erano andati a vivere, delle sue leggi e delle sue convenzioni che

non riuscivano a comprendere!

Tutte queste cose avevano congiurato insieme contro di loro e a favore della

compagnia, che li aveva segnati come proprie prede e aspettava solo l’occa-

sione buona per colpirli.

E adesso, con quell’ultima ingiustizia, l’occasione era giunta – armi e bagaglio –

erano stati buttati fuori, la casa era stata loro tolta e rivenduta come nuova!

E non potevano farci nulla legati com’erano mani e piedi…

……E Sonia perdeva perfino la boutique…

(U. Sinclair, La giungla)

 

 

 

 

DISCESA NEGLI INFERI 2

                                  

    

L’INDUSTRIA ANARCHICA & GLI STAKANOVISTI DELLA BUSTARELLA (2)

 

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Una buona notizia…

E due buone intervista (non certo gradite per gli stakanovisti della 

mazzetta…):  intervista rilasciata a Luca Passarini

Precedenti capitoli:

la sorgente

Prosegue in:

L’industria anarchica (3)

Foto del blog:

L’industria anarchica…  &

L’Inferno della Compagnia…

Da:

i miei libri 

 

  

 

 

Da sempre la trasparenza della sorgente è stata simbolo

della purezza morale; nella poesia di tutti i popoli l’inno-

cenza è paragonata allo sguardo terso delle fonti, e il ri-

cordo di questa immagine, trasmesso da un secolo all’-

altro, è diventato per noi un’ulteriore attrattiva.

 

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Verosimilmente quell’acqua poi si sporcherà; passerà su

detriti di roccia e su vegetali in putrefazione; stempererà

terre fangose e si caricherà dei rifiuti impuri lasciati dagli

animali e dagli uomini; ma qui, nella sua conca di pietra

o nella sua culla di giunchi, è così pura, così luminosa, che

sembra aria condensata: solo i riflessi cangianti della su-

perficie, gli improvvisi gorgoglii, i cerchi concentrici del-

le increspature, i contorni indecisi e fluttuanti dei ciottoli

sommersi rivelano che questo fluido così limpido è acqua,

così come lo sono i grandi fiumi melmosi.

 

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Se ci chiniamo sulla fonte, scoprendo i nostri volti stanchi

e spesso incattiviti che si riflettono in quest’acqua così lim-

pida, non possiamo far a meno di ripetere istintivamente,

anche senza averlo mai imparato, il vecchio canto che i

parsi insegnavano ai loro figli:

 

Avvicinati al fiore, ma non spezzarlo!

Guarda e dì sommessamente: ‘Ah, se fossi così bello!’.

Nella sorgente cristallina non lanciare una pietra!

Guarda e pensa sommessamente:’Ah, se fossi così puro!’.

 

A migliaia e migliaia i ‘pastori dei popoli’, perfidi o pieni

di buone intenzioni che siano, si sono armati della frusta

e dello scettro o, più abili, hanno ripetuto per secoli e se-

coli formule di obbedienza per rendere docili le volontà

e stupide le menti; ma per fortuna tutti questi signori,

 

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che volevano asservire gli altri uomini con il terrore, l’-

ignoranza o lo spietato meccanismo dell’abitudine, non

sono riusciti a creare un mondo a loro immagine, non

sono stati capaci di trasformare la natura in un grande

giardino di mandarini cinesi, con alberi torturati a for-

ma di mostri e di nani, vasche geometriche e grotte ar-

tificiali all’ultima moda.

La terra, con la grandiosità dei suoi orizzonti, la fre-

schezza dei suoi boschi, la trasparenza delle sue sor-

genti, è rimasta la grande educatrice e ha continuato

a richiamare le nazioni all’armonia e alla ricerca della

libertà.

 

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Una montagna che mostra nevi e ghiacciai in pieno cielo

al di sopra delle nuvole, una grande foresta in cui rim-

bomba il vento, un ruscello che scorre fra i prati, spesso

hanno fatto più degli eserciti per la salvezza del popolo.

 

Ora spetta a tutti gli uomini che amano la poesia e la scienza,

a tutti coloro che vogliono lavorare per la felicità umana, to-

gliere il (cupo e triste) sortilegio lanciato contro le sorgenti

dai preti ignoranti del Medioevo….

(Elisée Reclus, Storia di un ruscello)

 

 

 

 

 

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LA SORGENTE

 

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Prosegue in:

L’industria anarchica (2)…..

 

 

 

 

La storia di un ruscello, anche di quello che nasce e si

perde fra il muschio, è la storia dell’infinito.

Quelle goccioline che scintillano hanno attraversato il

granito, il calcare e l’argilla; sono state neve sulla fred-

da montagna, molecola di vapore di una nuvola, bianca

schiuma sulla cresta delle onde; il sole, nel suo corso

giornaliero, le ha fatte risplendere dei più vividi riflessi;

la pallida luce della luna le ha cosparse di vaghe iride-

scenze; il fulmine le ha trasformate in idrogeno e ossigeno,

e poi con un nuovo impatto ha fatto scorrere come acqua

quegli elementi primordiali.

Tutti gli agenti dell’atmosfera e dello spazio, tutt le forze

cosmiche hanno lavorato insieme per modificare continua-

mente l’aspetto e la posizione dell’impercettibile  goccioli-

na.

Anch’essa è un mondo, come gli astri che ruotano nei cieli,

e la sua orbita si sviluppa di ciclo in ciclo in un movimento

senza sosta.

Ma il nostro sguardo non è abbastanza ampio da abbracciare

nel suo insieme il circuito della goccia e ci limitiamo a seguir-

la nei suoi giri e nei suoi salti, da quando appare nella sorgen-

te fino a quando si mescola con l’acqua del grande fiume o

dell’ oceano.

Deboli come siamo, cerchiamo di misurare la natura secondo

le nostre capacità; ogni suo fenomeno si riduce per noi alla

quantità ridotta di impressioni che abbiamo provato.

Che cos’è il ruscello, se non l’angolino grazioso in cui abbia-

mo visto l’acqua scorrere all’ombra degli alberi, in cui abbiamo

visto oscillare l’erba flessuosa e fremere giunchi degli isolotti?

La sponda fiorita su cui ci piaceva stenderci al sole sognando

la libertà il sentiero sinuoso che costeggia la corrente e che se-

guivamo a passi lenti osservando il filo dell’acqua, l’angolo di

roccia da cui la massa compatta si tuffa in una cascata e si in-

frange in schiuma, la sorgente gorgogliante: nel nostro ricordo,

più o meno, il ruscello è tutto qui.

Il resto si perde in una nebbia indistinta.

La sorgente soprattutto, il punto in cui il rivolo d’acqua, fin

allora nascosto, improvvisamente appare: ecco il luogo affa-

scinante verso il quale ci sentiamo irresistibilmente attratti.

Che la sorgente sembri dormire nel prato come una semplice

pozza fra i giunchi, che gorgogli nella sabbia giocando con le

pagliuzze di quarzo o di mica che salgono, scendono e rimbal-

zano in un vortice ininterrotto, che sgorghi modestamente fra

le due pietre, all’ombra discreta dei grandi alberi, oppure che

zampilli rumorosamente da una fessura della roccia: come non

sentirsi affascinati da questa acqua che, appena sfuggita all’o-

scurità, riflette così allegramente la luce?

Se anche noi godiamo del quadro incantevole della sorgente,

ci è facile capire perché gli arabi, gli spagnoli, i montanari dei

Pirenei e tanti altri di ogni razza e clima che abbiamo visto nel-

le sorgenti degli ‘occhi’ attraverso i quali esseri rinchiusi nel bu-

io delle rocce vengono per un attimo a contemplare il verde e

lo spazio.

(E. Reclus, Storia di un ruscello)

 

 

 

 

 

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