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Quasi tutti i leader della comunità economica e la maggior parte degli economisti
ortodossi continuano ad affermare che i drammatici cambiamenti tecnologici della
Terza rivoluzione industriale avranno un effetto a cascata, riducendo il costo dei
prodotti, stimolando una crescente domanda di consumo, creando nuovi mercati e
offrendo a un numero crescente di persone un posto di lavoro meglio retribuito nei
settori dell’alta tecnologia. Comunque, per un numero sempre più grande di disoccupati
o sottoccupati, il concetto di effetto a cascata è una magra consolazione.
Alla USX Corporation, i dipendenti hanno sperimentato in prima persona l’effetto a
cascata della tecnologia. Il 26 marzo 1991 la USX – uno dei maggiori produttori di
acciaio negli Stati Uniti ha annunciato il licenziamento dei 2000 dipendenti dello
stabilimento di Fairless sul fiume Delaware, in Pennysylvania.
Benché gli azionisti abbiano tratto profitto dalle nuove tecnologie e dai balzi in avanti
della produttività, i benefici non sono scesi ‘a cascata’ verso il lavoratore medio.
Durante gli anni 80, la retribuzione oraria media reale nel settore industriale è
diminuita da 7,78 a 7,69 dollari. Alla fine di quel decennio, circa il 10% dei lavoratori
americani era disoccupato, sottooccupato o occupato a tempo parziale in
mancanza di un impiego a tempo pieno, se non era così scoraggiato da non cercare
più un posto di lavoro.
Tra il 1989 e il 1993, nel settore manifatturiero più di 1,8 milioni di occupati sono stati
licenziati, nella maggior parte vittime dirette o indirette dell’automazione: dirette
nel caso in cui l’automazione dei processi abbia avuto luogo nelle imprese in cui erano
impiegati; indirette nel caso in cui le nuove tecnologie, applicate in imprese straniere
e concorrenti, abbiano costretto le aziende americane a ridimensionarsi e a licenziare.
Di tutti coloro che hanno visto sacrificare il proprio lavoro sull’altare dell’automazione,
solo un terzo ha potuto trovare una nuova riduzione media nella retribuzione del 20%.
I dati ufficiali sulla disoccupazione sono spesso fuorvianti e mascherano la reale
dimensione dell’attuale crisi accupazionale.
(J. Rifkin, La fine del lavoro)