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Alle quattro e mezzo tornò ad accendere la candela e in quel momento
scorse il monaco nero che stava seduto nella poltrona accanto al letto.
– Buon giorno, disse il monaco e, dopo un po’ di silenzio, domandò:
– a che cosa stai pensando?
– Alla gloria, rispose Kovrin.
– Nel romanzo francese che leggevo dianzi è raffigurato un giovane
scienziato che fa sciocchezze e deperisce per bramosia di gloria.
– Per me questa bramosia è incomprensibile.
– Perché sei intelligente.
– Tu consideri la gloria con indifferenza, come un balocco che non ti
diverte.
– Sì, è vero…..
Tanja frattanto si era svegliata e con stupore e sgomento guardava il marito.
Egli parlava rivolgendosi alla poltrona, gestiva e rideva, i suoi occhi brillavano
e nel suo riso c’era un che di strano.
– Andrjusa, con chi parli?
domandò, afferandogli la mano, che egli aveva teso verso il monaco.
– Andrjusa! Con chi?
– Eh? Con chi? si turbò Kovrin.
– Con lui, ecco….
– Eccolo lì seduto, disse indicando il monaco nero.
– Qui non c’è nessuno….nessuno!
– Andrjusa, tu sei matto!
Tanja abbracciò il marito e si strinse a lui, come per difenderlo dalle visioni,
e gli coprì gli occhi con la mano.
– Sei malato! si mise a singhiozzare, tremando in tutto il corpo.
– Perdonami, caro, diletto, ma già da lungo tempo ho osservato che l’anima
tua è sconvolta da non so che cosa…..
– Sei malato nella psiche, Andrjusa…
Il tremito di lei si cominicò anche a lui. Egli gettò ancora uno sguardo alla
poltrona, che ormai era vuota, sentì a un tratto una debolezza nelle mani
e nelle gambe, si spaventò e prese a vestirsi.
– Non è nulla, Tanja, non è nulla…., mormorava, tremando.
– Infatti sono un pochino indisposto…è tempo ormai di riconoscerlo.
– Io me n’ero accorta già da un pezzo…anche il babbo se n’è accorto, diceva,
sforzandosi di trattenere i singhiozzi.
– Parli con te stesso, sorridi in un certo modo strano….non dormi.
– Oh, Dio mio, Dio mio, salvaci! proferì sgomenta.
– Ma tu non temere, Andrjusa, non temere, per l’amor di Dio non temere….
Anch’ella cominciò a vestirsi. Solo adesso guardandola, Kovrin comprese tutto
il pericolo del proprio stato, capì che cosa significasse il monaco nero e i
colloqui con lui.
Adesso gli riusciva chiaro ch’egli era pazzo.
(Anton Cechov, Il monaco nero)